Non ho mai conosciuto nei miei lunghi anni di vita una situazione come quella che proietta sulla nostra societá la piaga del coronavirus. Insieme alla preoccupante informazione su malati e morti, arriva per whatsapp un bombardamento di barzellette, filmini tristi o gioiosi, prese in giro di ogni genere. In epoche di degradazione del costume, le notizie serie si mischiano con quelle di bassa comicitá e con le fake news, come in quel bel tango di Discepolo - Cambalache - in cui il nostro Primo Carnera condivideva con Napoleone e l’eroe argentino San Martín, la vetrina dei robivecchi.

Tutti sono attenti ai contagi del virus; io, per deformazione, guardo il mondo del lavoro, che mi interessa piú di quello della salute. In meno di una settimana - in Uruguay - gli shopping chiudono. i negozi aperti si alternano con quelli con la serranda scesa; i ristoranti sono vuoti, mentre le persone cha lavorano nel settore del turismo (migliaia e migliaia) sono costrette a rimanere a casa. I piú fortunati possono ricevere un sussidio di disoccupazione; gli altri restano a casa senza percepire né stipendio, né sussidio. Si parla della pandemia del virus. E che ne é della pandemia del lavoro? Quanto tempo può resistere una societá capitalista senza lavoro o con lavoro ridotto como in questi giorni? E se il virus continuasse a perseguirci durante i prossimi sei mesi (proprio i peggiori: autunno e inverno), che ne sará delle piccole aziende di servizi e gli esercenti di tanti attivitá commerciali? Per molti cittadini il contagio della disoccupazione puó essere piú preoccupante di quello del COVID 19 e nessuno ci spiega bene como uscirne fuori. Vi é anche un settore della popolazione che stoltamente pensa che sono al di fuori dei rischi della manzanza di lavoro.

Sono i funzionari pubblici e i pensionati che continuano a credere che hanno il lavoro o la pensione assicurati. A loro dico: ma voi sapete come lo Stato paga gli stipendi del settore pubblico e le pensioni? Sapere che nell’ultima settimana di ogni mese, centinaia di migliaia di contribuenti (in particolare, aziende e lavoratori) pagano i loro contributi e le loro imposte, per poter cosí far fronte nella prima settimana del mese seguente al pagamento di stipendi e pensioni? Se le azienda vanno in fallimento e i lavoratori perdono il lavoro (e quindi non possono pagare i contributi), si interrompe la cosiddetta catena di pagamenti e addio agli stipendi pubblici e le pensioni.

Il paradosso é che le misure intraprese permetteranno migliorare le difese di fronte al virus, ma potrebbero finire per distruggere le economie delle diverse nazioni. La costruzione della nostra civiltá si é basata sul lavoro degli abitanti del pianeta. E’ il lavoro, e solo il lavoro (di operai, tecnici, commercianti, professionisti, etc.), a creare la ricchezza del mondo. Come ha ammonito ieri la Ministra di Economía dell’Uruguay, "i motori dell’economía non si possono spegnere", perché sappiamo che un aereo con i motori spenti, inevitabilmente cade. Solo una settimana fa stavo preparando una mia lezione sul futuro del lavoro.

Oggi mi chiedo se il lavoro avrá ancora un suo futuro o se non vi sará piú futuro per il lavoro. Eravamo giunti solo pochi mesi fa alla cima della nostra civiltá, dove ricchezza e intelligenza artificiale ci promettevano protezione a lungo termine. Oggi un virus - che ha attaccato il nostro corpo e la nostra paranoia - ci restituisce ad un’oscura zona di incertezze, da cui nessuno può assicurare che se ne potrá uscire.

JUAN RASO