Coronavirus, Italia, Europa, le grandi sfide che la pandemia ci ha costretti a fronteggiare, le abbiamo raccolte e vinte. Almeno finora. L’Italia di più, per l’Europa dobbiamo ancora vedere la fine. L’Italia ha reagito molto bene. Nei mesi terribili che abbiamo alle spalle mi sono sentito orgoglioso di essere italiano. Abbiamo avuto il difficile compito di fare da apripista.

Abbiamo adottato misure la cui ragionevolezza è confermata dal fatto che sono state adottate da quasi tutti gli altri Paesi. L’Unione Europea si trova a un crocevia della sua storia. Il coronavirus cambierà la faccia del mondo. La sfida è se sarà all’altezza o se farà da spettatrice in un pianeta in cui due grandi potenze si confronteranno. Questi due mesi e mezzo però hanno messo in luce la straordinaria qualità del modello europeo. Ci sono paesi in cui non puoi fidarti dei numeri dell’epidemia, in cui non hai un sistema sanitario pubblico o che in poche settimane hanno visto crescere di 35 milioni il numero dei disoccupati. E poi c’è l’Unione europea con una sanità universale e dove si cerca di preservare la democrazia.

La qualità del modello europeo, in quanto opposto a quello russo o cinese, è emersa, in questa crisi causata dal coronavirus, con la tenuta del sistema economico e sociale, dell’informazione e delle garanzie per le persone. L’Europa esce più forte dalla crisi del coronavirus perché ha messo a nudo le velleità dei nazionalismi, del mito dell’uomo forte che se ne frega della pandemia e della narrativa del Paese che fa da solo. Abbiamo dimostrato che servono scienza, cooperazione tra nazioni e capacità di gestire situazioni complesse. Nulla di peggio per il nazionalismo populista.

Ora ci aspettano gli sviluppi della peggior recessione dal 1945 ad oggi. Ci siamo in pieno, ma potrà solo peggiorare. Uno degli strumenti che l’Unione ha approntato è l’uso del Meccanismo europeo di stabilità finalizzato alla lotta al coronavirus. Si tratta di linee di credito che sono a disposizione di tutti i Governi della zona euro. Per l’Italia si tratta di 36-37 miliardi a un tasso prossimo allo zero. Lo strumento è molto vantaggioso per i 6-7 paesi che hanno un tasso di interesse elevato, tra cui l’Italia.

Il prestito avrà una maturità di 10 anni, il che produce un risparmio per le casse dello Stato di alcuni miliardi. Dopodiché spetta a ciascun Governo, in base al costo di finanziamento del proprio debito e alle scelte del Parlamento, decidere se accedervi. Non è vero però quello che sostengono Salvini, Meloni e alcuni 5Stelle, che il Mes porterà la Troika. Non ci saranno condizionalità al di fuori del vincolo a spendere i soldi per coprire i costi sanitari diretti e indiretti della pandemia. Fino al 2% del pil. Queste linee di credito sono il simbolo del modo diverso in cui affrontiamo la crisi: dieci anni fa un Paese nei guai chiedeva aiuto in cambio di condizioni draconiane mentre oggi, con l’Europa alle prese con una crisi comune, abbiamo uno strumento accessibile a tutti e senza condizioni.

Nel frattempo, il Governo italiano ha reagito con prontezza e mi auguro che anche le prossime misure verranno prese rapidamente e soprattutto che si acceleri la loro attuazione. Il tipo di risposta dei diversi paesi europei è abbastanza simile, purtroppo non è comparabile il volume di fuoco dei diversi interventi. La mia principale preoccupazione è che una crisi comune possa produrre conseguenze asimmetriche. Purtroppo la pandemia aumenta le disparità tra partner europei. Abbiamo sospeso il Patto di stabilità e le norme sugli aiuti di Stato per favorire enormi politiche espansive che supereranno il 25% del Pil europeo.

Tuttavia i paesi hanno disponibilità diverse e a fine 2021 le differenze non si saranno ridotte, ma accentuate. Si tratta, ovviamente, di un fatto preoccupante. Mercato unico e zona euro con troppi squilibri e differenze tra partner sono seriamente a rischio. Finora abbiamo messo in campo tre strumenti "Cassa Integrazione Ue" di Sure, Mes per la sanità e Bei per le imprese – il cui ammontare può arrivare a 540 miliardi. Per la prima volta le istituzioni Ue non si limitano alla politica monetaria della Bce e alla sorveglianza della Commissione, ma lanciano risorse finanziarie comuni.

Poi ci sarà il Recovery Fund. Lo presenteremo entro due settimane e il suo obiettivo sarà di attenuare i rischi di divergenze eccessive all’interno del mercato unico. Dovremo sostenere i settori industriali e le aree geografiche più colpite, affrontare l’emergenza sociale e sanitaria e sostenere le priorità individuate prima della pandemia, in particolare il Green deal. Per il 2020 prevediamo un crollo degli investimenti privati di 800 miliardi, il che significa che, se non vogliamo rinunciare a un modello sostenibile di sviluppo, nei prossimi due anni avremo bisogno di maggiore capacita di intervento pubblico. Ecco perché è necessario che il piano diventi operativo il più presto possibile, senza aspettare il 2021, abbia un finanziamento molto rilevante e agisca con un mix di sussidi e prestiti a lunga scadenza.

PAOLO GENTILONI