La riduzione dei parlamentari da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato è solo l’espressione dell’antiparlamentarismo dei Cinque Stelle che hanno fatto della demagogia la loro identità proiettata a distruggere la democrazia rappresentativa, pilastro liberale dell’Italia repubblicana. Il taglio dei parlamentari con qualsiasi legge elettorale è una misura fasulla e un autentico aborto istituzionale. Basta confrontare la proposta con le misure delle grandi nazioni d’Europa: 709 sono i membri del Bundestag tedesco, 577 dell’Assemblea nazionale francese, e 650 del parlamento britannico.

Da parte mia vorrei chiarire la reale ispirazione del taglio dei parlamentari giustificato con un ridicolo risparmio economico. Si è trattato della spinta antiparlamentare che, in mancanza di altri progetti, ha ispirato i Cinque Stelle che ne hanno fatto un altro avamposto della loro marcia volta a squalificare quel tanto che rimane dei caratteri democratici e liberali delle istituzioni italiane. Gli atti antiparlamentaristici del M5S si sono inanellati l’uno con l’altro. Dapprima è stato proposto di abolire il parlamento da sostituire con l’informatica che avrebbe permesso a tutti i cittadini di votare ogni provvedimento senza inutili perdite di tempo.

Poi si è preteso che ogni deputato e senatore pagasse a una entità estranea al parlamento (Casaleggio) con la firma di una obbligazione che avrebbe dovuto costringere i disobbedienti a dimettersi contro il dettato costituzionale (art. 67: "Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita il mandato senza vincolo di mandato"). Quindi si è armato una canizza contro i "vitalizi" dei parlamentari che non esistevano più, apostrofando la residua schiera dei rappresentanti del popolo del passato come farabutti. Quando poi gli organi costituzionali hanno decretato l’incostituzionalità della proposta dei 5S, questi hanno pretestuosamente ostacolato il corso della giustizia previsto dagli organi costituzionali di garanzia.

A tutto ciò va aggiunto il disprezzo dei 5S verso la democrazia parlamentare e costituzionale insito nel modo in cui sono state affrontate le responsabilità di governo. Con la proclamazione che tutti sono ugualmente qualificati a ricoprire ruoli di alta responsabilità, gli elettori hanno dovuto digerire che a capo dei principali ministeri fossero designati incompetenti senza esperienza se non quella dell’arroganza del potere, e che alla testa dei grandi gruppi economici controllati dallo Stato fossero inseriti compagni di scuola, amici, compagni e simili. Questo intervento potrebbe apparire una lamentela di un superstite del passato ma forse non lo è.

Conosco bene le regole della maggioranza nella democrazia che ho praticato con responsabilità di fronte ai cittadini che mi hanno eletto alla Camera e al Senato nelle liste del Partito radicale che di tutto poteva essere accusato fuorché di essere espressione della casta. Ma l’accettazione delle regole della maggioranza non implica che si deve stare zitti di fronte agli abusi del potere che fanno leva sulla credulità alimentata artificiosamente.

Il mio "grido di dolore" vuole essere un richiamo su due questioni che segnano la decadenza dell’Italia. Il primo riguarda il fatto che i Cinque Stelle con le loro fanfaluche riescono a convincere i cittadini che le loro fake news sul taglio dei parlamentari sono una vittoria della democrazia contro la casta. Il secondo è un appello affinché le forze politiche - a sinistra, destra e centro - abbandonino la loro passiva rassegnazione di fronte ai diktat di Di Maio senza avere il coraggio di aprire un dibattito pubblico. Nel referendum del 20 settembre gli italiani subiranno ancora gli inganni dei seguaci di Grillo, e i partiti resteranno ancora nel colpevole silenzio per paura dell’impopolarità?

di MASSIMO TEODORI