Svista o errore, il colpevole stavolta è Giuseppe Conte. Il premier e i suoi collaboratori che hanno messo mano all’ultimo decreto. Marchiano il lapsus, una cosa che non dovrebbe mai accadere. Invece è successo: in materia di cassa integrazione guadagni non è stata prevista la procedura veloce. Disastroso l’effetto, l’Istituto Nazionale di Previdenza, l’Inps, ha smesso di anticipare il quaranta per cento della Cig. In Italia l’assegno lo attendono 642mila persone.

Una tantum, non finisce sotto accusa il discusso Pasquale Tridico presidente Inps voluto a quel posto dal Movimento Cinque Stelle. Il numero uno dell’istituto non è che abbia dato prova di straordinaria efficienza, in questi tempi di corona- virus. Tiene tuttora banco, ricorderete, lo scandalo di politici – assessori regionali, sindaci, eccetera – che hanno indebitamente incassato i proventi del bonus Covid-19. Innanzitutto appartenenti alla Lega, e i cui nomi finora Tridico ha ritenuto di non svelare. Allo stato attuale, oltre centomila lavoratori aspettano l’assegno di maggio; più di mezzo milione quello di giugno e luglio. E negli uffici Inps giacciono ancora 151mila domande da vagliare, per complessivi due milioni di richiedenti. Il decreto di agosto pare non confermi l’iter sprint delle pratiche.

L’attivazione della procedura veloce non è praticabile per le nuove diciotto settimane di cassa integrazione. Introdotta col decreto Rilancio di maggio, il quaranta per cento di cig anticipata subito non è richiamata in termini espliciti dal nuovo decreto. I soldi della cassa continuano poi ad arrivare ai lavoratori con ritardo. Anche grave in alcuni casi. Il problema è grosso.

La conferma del disagio è rappresentata nella relazione tecnica all’ultimo decreto 104 in vigore dal 15 agosto. Interessa i beneficiari le cui aziende hanno inviato all’Inps il famoso SR41. Il documento con l’Iban dei lavoratori, che consente agli stessi di passare all’incasso presso gli istituti bancari. Il calcolo è presto fatto: esaurite le pendenze di marzo e aprile, 102 mila dipendenti aspettano ancora la Cig di maggio. In aggiunta, oltre mezzo milione di lavoratori aspettano giugno e luglio. In totale i pagamenti in sospeso sono 642mila.

Il magazzino Inps è pieno di domande non accettate, non respinte, tantomeno annullate. Semplicemente di domande in attesa di essere esaminate. Se l’Inps non autorizza o boccia la domanda, l’impresa resta nel limbo. Non può invia- re quel documento con gli Iban, tantomeno può ripresentare l’istanza. Le domande in giacenza sono 151mila. In base a calcoli dalla Inps ogni domanda riguarda più di un singolo lavoratore. In molti casi a uno stesso lavoratore spetta più di una mensilità di cassa.

Un numeroso considerevole che ripropone in maniera chiara e pesante l’annoso tema della riforma della cassa integrazione. Una inderogabile necessità. Vi lavorano cinque professori nominati l’8 luglio dal ministro del Lavoro e del- le Politiche sociali Nunzia Catalfo. Ogni discorso è sospeso, se ne riparlerà il 7 settembre, in occasione dell’incontro tra Confindustria e sindacati.

L’Inps, come detto, deve staccare ancora 2,6 milioni di assegni. Il premier Conte prometteva "la Cassa Integrazione arriverà entro un mese". Pasquale Tridico gli fa ora da controcanto. "Abbiamo pagato in quarantacinque-sessanta giorni; in epoca pre-Covid ci sono voluti mesi, la coda era indispensabile, una necessità fisiologica". Si è difeso così il presidente dell’Inps, in video-audizione con la Camera dei deputati alla vigilia di Ferragosto, chiamato a rispondere sui personaggi della politica che hanno preso il bonus da seicento euro, tra marzo e aprile.

La massa imponente delle giacenze lascia capire che molti lavoratori sono andati ben oltre i sessanta giorni. Il decreto Agosto non riconferma l’iter veloce. Molti lavoratori sono andati ben oltre nell’attesa.

Il quadro si è complicato quando è arrivato l’SR41. Il Parlamento potrà intervenire, sotto forma di correzione o completamento del- la norma, quando riaprirà il 24 agosto. E prossima è l’uscita di un documento. Ovvero la richiesta al Parlamento e all’Inps di semplificare l’iter della Cig-Covid. Snellire e cambiare. Così com’è stato recentemente concepito, l’ultimo decreto non riuscirà mai a cambiare una virgola dell’attuale assetto foriero, come appare ormai chiaro, di brutte sorprese per i lavoratori.

Le imprese, intanto, sono tenute a fare i conti con le nuove regole, mai abbastanza maledette. Chi già ha usato le prime settimane autorizzate dai decreti Cura Italia e Rilancio, ora può attaccarne altre diciotto. E nel frattempo – dal 13 luglio al 31 dicembre – nessuno può licenziare. Le prime nove settimane di questo pacchetto riguardano tutti, a prescindere dall’entità del fatturato. Le restanti nove impongono invece in due casi il pagamento del ticket: nessun calo del fatturato sul 2019 o calo inferiore al venti per cento. Il diciotto per cento del ticket. All’inseguimento di un’utopia, il Governo conta di in- cassare da questo contributo 223 milioni quest’anno e settantaquattro il prossimo. Pura illusione o che cosa? La risposta è racchiusa, impacchettata, involucrata in un dato. Questo: solo il trentasei per cento delle imprese è andato oltre tra le prime nove settimane di aprile. Il Governo rischia di essere rimandato in matematica finanziaria.

Franco Esposito