Qualche giornale va oltre. Salvini sapeva tutto, per filo e per segno. Informato da talpe sue presenti all’interno del Governo o nell’ambito dell’organizzazione sanitaria ai massimi livelli, avrebbe acquisito l’intera conoscenza del documento "che nessuno ora vuole mostrare". Il documento dell’ennesima ombra, a voler essere buoni, presente nella complessa vicenda sulla diffusione del coronavirus in Italia. La ricerca del piano perduto continua, indipendentemente dal fatto che il numero uno della Lega sapesse o meno. Misure errate o dati fuorvianti, è di questo che si parlerebbe nel documento dei dubbi. Attendibile ricostruzione cronistica racconta questo, partendo dal 27 aprile. Il giorno in cui il Comitato tecnico scientifico si occupa del documento per l’ultima volta. Sembra chiaro il compimento di una manovra apparentemente incomprensibile. Il Cts derubrica infatti il documento, malgrado lo abbia chiamato, fin dall’inizio, "Piano nazionale sanitario in risposta a una eventuale emergenza pandemica da Covid 19". Un nome pomposo, a ben vedere, una cosa solenne. Il Cts scrive il 27 aprile che si tratta "solo di uno studio".

Ma improvvisamente il documento, per il quale è stata più volte indicata dal Cts la riservatezza, se non addirittura il "segreto di Stato", diventa la rappresentazione di una "serie di possibili scenari"; non più lo strumento "per garantire un’adeguata gestione dell’infezione in ambito territoriale e ospedaliero senza compromettere la curiosità assistenziale". Quindi, niente accesso razionale alle cure, "per garantire l’uso ottimale delle risorse". Come si evince da corretta lettura di una delle versioni, non ancora pubbliche, del documento. Facili e inevitabili le domande: perché? E perché proprio quel giorno? La risposta ora c’è, ma solo per la seconda domanda. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, aveva scritto al Cts una istanza in vista dell’audizione del giorno dopo al Copasir, dove avrebbe dovuto fornire chiarimenti proprio sul "piano segreto". La prima versione del piano, datata 20 febbraio, era stata rivelata ancora in bozza dal quotidiano la Repubblica. Apriti cielo, grandi polemiche e caos non calmo al ministero della Salute.

In un’intervista il direttore della programmazione sanitaria, Andrea Urbani, uomo forte del Cts e vicinissimo al ministro Speranza, spiega: "Sì, certo, c’è un piano da gennaio, fatto da Salute, Istituto Superiore di Sanità e Ospedale Spallanzani. Urbani aggiunge che il piano rappresentava scenari allarmanti, noi ci siamo spaventati e lo abbiamo messo nel cassetto. Capito, gente? E il piano, se c’era, perché secretarlo? Il ministro omette di chiedere lumi a Urbani, suo stretto collaboratore, il 27 aprile invece domanda spiegazioni al Cts: i verbali sono segreti? E che mi dite del Piano pandemico? Come se il ministro della Salute potesse non sapere. Monta un’insidiosa polemica, che va spenta, costi quel che costi. Speranza riesce nell’impresa parlandone con i membri del Comitato parlamentare per la sicurezza. Il ministro racconta che quello di cui si parla è soltanto un documento utilizzato, non dal ministero, ma dal Cts. Un contributo di studi insieme a diverse fonti scientifiche. Il Cts ha chiesto quella riservatezza che proprio non c’è.

Come si regola il ministro Speranza? Al Copasir riferisce che non esiste alcun segreto "su questo studio". E ne deposita due versioni. La seconda, quella del 4 marzo, approvata, viene portato dal capo del Cts Agostino Miozzo al capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli. Lo step necessario per poi presentare il tutto al ministro Speranza. Ma è la storia delle due versioni che non torna ancora, malgrado il ministro abbia continuato a sbandierare trasparenza. Decisamente intrigante la seconda ipotesi? Di quale documento si sta parlando? "Non abbiamo secretato nulla", ha dichiarato Agostino Miozzo a La Repubblica. "Abbiamo chiesto riservatezza quando sono arrivati i numeri della Fondazione Kessler…". Ovvero il documento ottenuto dopo cento giorni attraverso la FOIA, firmato dall’epidemiologo Stefano Merler, veicolato al Cts il 20 febbraio. La previsione è di due milioni di casi e 70mila, quando il Covid 19 sembra ancora una minaccia lontana e gestibile.

"Quel lavoro – dice ora il capo del Cts, Paolo Minozzo – avrebbe gettato nel panico il Paese. E con saggezza rivendico che il Comitato ha fatto il possibile per non farlo arrivare alla stampa". Visto a che punto siamo e quale profondo baratro abbiamo attraversato col rischio di sprofondarvi definitivamente? E non si comprende il motivo della scelta del ministro Speranza: a la Repubblica, su richiesta, ha fornito alla fine lo studio di Merler. Che rappresenta soltanto scenari; tutt’altra storia il contenuto del piano, un documento molto più complesso con i dati su posti letto, terapia intensiva, rianimazioni, azioni da compiere in caso di primo contagio. Si parla anche di protezioni sanitarie per medici e infermieri. Mai acquistate, a quanto pare. Appare evidente, a questo punto della fiera, che la versione vera del piano, l’ultima, in realtà da segreta sia stata occultata. Un bel pasticcio di un’Italia pasticciata in questi tempi di coronavirus. Un tantino alla deriva, col contributo di ministri, scienziati e tecnici. Dio ci salvi.

Franco Esposito