Il Parlamento è inutile: "Le organizzazioni politiche e sociali attuali saranno destrutturate, alcune scompariranno. La democrazia rappresentativa, per delega, perderà significato, la rete è il futuro". Parola di Gianroberto e Davide Casaleggio. "La democrazia è un modello superato e i parlamentari vanno nominati con sorteggio", parola di Beppe Grillo.

"Noi crediamo nella democrazia diretta!", dal programma elettorale del Movimento 5 Stelle. Ebbene, senza inutili giri di parole, questa è la radice pseudo culturale del recente taglio del numero dei parlamentari, sul quale, taglio, saremo chiamati ad esprimerci col referendum confermativo il prossimo 20 settembre. È un brodo ideologico gelatinoso, opaco, questo della riforma. Ed è anche il brodo nel quale sono affogati – sperabilmente per perseguire finalità diverse – i partiti che in Parlamento si sono accodati alla parata populista.

L’errore di questi ultimi, tuttavia, è ancora più grave, se possibile, di quello del Movimento e la loro responsabilità rimarrà scritta nelle pagine della storia: illudendosi di poter beneficiare anch’essi degli applausi del pubblico festante al passaggio delle majorette, non hanno saputo vedere oltre la parata, dando così la stura a un filone ulteriore di propaganda capace di far tremare vene e polsi per povertà culturale. E poi, accovacciandosi nel politicamente corretto, hanno tradito le loro origini che nella rappresentatività diffusa - si pensi alla doppia storia ereditata dal Partito Democratico – o nel liberalismo – si pensi ai partiti moderati di centrodestra – trovavano il terreno più fertile. Si dirà: la riforma non chiude le Camere, si limita a ridurne i componenti. È vero, la legge riduce, non elimina. Ma se non intendiamo prenderci in giro, è lampante che la riduzione ha l’obiettivo finale di comprimere forzatamente la democrazia rappresentativa: la riduzione del numero dei seggi è solo l’avvio di un processo articolato nel medio periodo.

Il brodo ideologico del populismo vuole arrivare lì. Le culture populiste hanno tutte il medesimo obiettivo: porre fuori gioco, in un modo o in un altro, prima o poi, il Parlamento, ridurlo "a un bivacco di manipoli". Non hanno urgenza di chiuderlo: "Potevo sprangare il Parlamento. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto" (Benito Mussolini, discorso alla Camera dei deputati del 16 novembre 1922). Da lì a poco, come si ricorderà, arrivarono le leggi c.d. "fascistissime" e poi, alla fine, il Parlamento fu davvero chiuso, anche formalmente! Ripeto: tutti i populismi, di destra e di sinistra, rivoluzionari o pseudo democratici, nati ad est o ad ovest, sono arrivati a sterilizzare, di riffa o di raffa, la rappresentanza parlamentare e le funzioni del Parlamento. V

i è un famoso discorso che testimonia, proprio, come anche in Italia importanti pezzi del populismo rosso fossero ideologicamente strutturati in questo modo. È quello che pronunciò Amadeo Bordiga, cofondatore del Partito Comunista d’Italia, al II Congresso dell’Internazionale Comunista il 2 agosto 1920. Disse: "Il primo meccanismo borghese che deve essere distrutto è il Parlamento […] che deve essere sostituito dagli istituti dei Consigli operai perché in questo modo contiamo d’infrangere l’apparato democratico e di sostituirlo con la dittatura del proletariato". Ora, se nella storia è già accaduto, può accadere di nuovo, ripeterebbe profeticamente Primo Levi. Certo, in forme e modi diversi, anche profondamente diversi, specie nelle modalità, ma potrebbe senz’altro accadere di nuovo. Qui sta il nocciolo referendario, è sulle ideologie amputatrici dei nuovi illusionisti che dovremo esprimere un "sì" o un "no". Il resto è fumo negli occhi. Io voterò convintamente "no".

ALESSANDRO GIOVANNINI