Scrivo nei minuti della prime proiezioni, e per quanto i numeri possano cambiare, non cambierà il succo: ha vinto il Sì. Più o meno due terzi degli elettori hanno scelto il taglio dei parlamentari e un terzo si è opposto. Quel terzo è un popolo non rappresentato: all’ultimo passaggio alla Camera, il 97 per cento dei deputati ha votato per la propria riduzione, interpretando male, molto male, una rumorosa e maggioritaria, ma per nulla unanime, furia popolare. Nelle ultime settimane i sostenitori del Sì, i più preparati, i più seri, hanno illustrato le loro ragioni con argomenti qua e là convincenti, raramente speciosi, sui quali si può volentieri discutere, ma solo nelle ultime settimane.

Al tempo di quel 97 per cento, l’iconografia della riforma erano le poltrone da tagliare con le forbici, e le basi ideologiche, diciamo così, risiedevano nella convinzione che il luogo della democrazia e della rappresentanza si fosse ridotto a un covo di parassiti, nullafacenti, voltagabbana, corrotti e mafiosi. Su una talmente alta riflessione, ridiciamo così, si sono accodati tutti. Non c’è stato un gruppo parlamentare con due dita di fegato che dicesse no, noi non ci stiamo, il Parlamento è una istituzione democratica, non è una gang di taglieggiatori e se lo si deve riformare, lo si riforma con la testa e non con la bile. Nessuno. Tutti terrorizzati di non sapersi sintonizzare con lo spirito del linciaggio che anima questi tempi, rinfocolati anzitutto dai 5 stelle, e poi dai loro volenterosi emuli.

Che spettacolo: le vittime travestite da carnefici per essere alla moda. Il risultato è che gli italiani sono meno antiparlamentaristi dei parlamentari, che sono meno anticasta della casta, che ci sono milioni di elettori che non hanno seguito le indicazioni dei loro leader, che agli schiamazzi del populismo non credono e non cedono, e vogliono una politica che offra idee e non le subisca, che studi soluzioni e non le copi dai trend di Facebook. Oggi quel popolo non è adeguatamente rappresentato. Il bipolarismo ormai non è più fra destra e sinistra – ce lo ha dimostrato la disinvoltura dei grillini nel passare dalla Lega al Pd – ma fra chi non si fida più delle regole della democrazia liberale occidentale e chi se ne fida ancora, cocciutamente, fino all’ultimo. Da qui bisogna ripartire.

Mattia Feltri