Abbiamo assistito al gaudio della maggioranza per avere scampato il voto sullo scostamento di bilancio al Senato grazie anche al soccorso "istituzionale" di alcuni colleghi, che hanno rimediato alle assenze per quarantena nella compagine di governo, dopo un profluvio di appelli accorati al senso di responsabilità, al bene comune e al futuro del Paese, in un dibattito a tratti kafkiano. Mentre li ascoltavo, mi chiedevo se questi appelli fossero rivolti anche ai colleghi 5 stelle e al loro tetragono rifiuto di accedere al credito del Mes o se dal comune senso di responsabilità, così vibratamente evocato, essi fossero esentati, per motivi neanche troppo misteriosi. Parrebbe di sì, ne sono proprio esentati, visto che l’esecutivo si è fatto autorizzare un ulteriore indebitamento da 24 miliardi di euro continuando ufficialmente a rifiutare – per bocca proprio del ministro D’Incà – il credito più economico e favorevole, quello della linea speciale del Mes, che da mesi potrebbe finanziare tutte le spese dirette e indirette legate al contrasto e contenimento della pandemia. Come è noto il veto del M5S, che il ministro Gualtieri ha incorporato come vincolo non negoziabile della politica di bilancio, costerà per il prossimo decennio circa 500 milioni di euro all’anno di maggiori interessi, che l’andamento favorevole delle emissioni potrebbe leggermente ridimensionare, ma che rappresenta comunque una cifra di assoluta rilevanza. Per dare un ordine di grandezza e di paragone, 500 milioni di euro annui sarebbero più che sufficienti per finanziare quelle oltre 10.000 borse per i medici specializzandi, che mancano tuttora all’appello e che sono necessarie a impedire che nei prossimi anni l’Italia perda, per pensionamenti, un numero analogo di specialisti, senza sapere come rimpiazzarli. Un problema sempre più evidente e ancora irrisolto. Dunque, la leggerezza con cui la maggioranza continua a obbedire al veto irragionevole del M5S e a compiacere il suo riflesso identitario, fa parte dell’attenzione al bene comune, della serietà e della responsabilità che l’esecutivo e lo stesso ministro D’Incà sollecitavano nei parlamentari di opposizione? Buttare mezzo miliardo all’anno di soldi dei contribuenti, per non irritare Di Battista, non dare sponde a Salvini o non darla vinta a chi da sempre rifiuta la criminalizzazione del MES, è forse una prova commendevole di spirito patriottico? Il MES è un feticcio polemico della retorica sovranista, ma è anche la prova più eloquente di come il focolaio populista non si sia estinto con il passaggio dalla maggioranza giallo-verde a quella giallo-rossa. Il continuo rimando del momento del "redde rationem" in cui il Parlamento, secondo gli auspici del Pd, avrebbe dovuto decidere finalmente sull’accesso a questo strumento – doveva essere a luglio, poi a ottobre, ora se ho capito bene se ne parla per il 2021 – appartiene anch’esso al repertorio della politique politicienne e non della responsabilità nazionale. Io credo che, malgrado l’impegno indefesso di alcuni, del Mes non ci si potrà liberare. Ma intanto ne stiamo colpevolmente e irresponsabilmente sprecando le risorse più preziose, nel pieno della seconda ondata della pandemia.

EMMA BONINO