In attesa di conoscere il loro futuro, in Uruguay le sale da festa si interrogano sulla loro situazione e vivono con estrema incertezza questo periodo di emergenza sanitaria. Pochi giorni fa i rappresentanti della Asociación de Salones de Fiesta de Uruguay (Asfu) si sono riuniti con le autorità governative con la richiesta di rendere più flessibili le misure dei protocolli sanitari per un settore che sta attraversando dal mese di marzo una crisi molto grave. Seppur non ancora ufficiali, le prime indiscrezioni apparse sulla stampa parlano di diversi aspetti che verranno stabiliti dai nuovi regolamenti più flessibili, tra cui: l’orario degli eventi aumenterà da due ore e mezza a quattro, la capacità massima dovrà essere di 80 persone nei luoghi chiusi e 150 all’aperto. Uno degli aspetti più controversi è l’abilitazione per le piste da ballo che dovrebbero essere consentite nel nuovo protocollo nonostante siano previste delle limitazioni. Secondo queste anticipazioni si dovrebbe mantenere una distanza di sette metri quadrati in modo da poter evitare l’uso della mascherina; è stato chiesto inoltre la separazione del pubblico in base alle fasce di età e la raccomandazione per chi ha più di 65 anni di non ballare. Le misure dovrebbero iniziare a entrare in vigore per i primi giorni di novembre ma ci sono ancora diversi punti di scontro nelle trattative tra i rappresentanti del settore e il Governo. L’esito di questo lungo negoziato avrà conseguenze anche per la comunità italiana e le sedi di diverse associazioni la cui ripartenza però appare ancora abbastanza incerta. Tanto a Montevideo come nell’interno continua ad essere tutto bloccato salvo pochissime eccezioni e ciò potrebbe avere pesanti effetti per il mantenimento di queste sedi. L’unico gruppo attivo già da diversi mesi è l’Associazione Calabrese di Montevideo che, attraverso le parole di Nicolas Nocito specifica: "Dopo aver ricevuto l’abilitazione, ieri abbiamo avuto l’ispezione del Ministero della Salute. Possiamo organizzare pranzi o cene solo ai tavoli seduti e con distanziamento per un massimo di 100 persone oppure spettacoli con un massimo di 70 persone ma in entrambi i casi senza la possibilità di ballare. In ogni caso pensiamo di poter organizzare la tradizionale cena di fine anno". Una timida riapertura è invece quella che sta avendo il Circolo Trentino di Montevideo come racconta la presidente Silvia Norbis: "Lo scorso sabato abbiamo iniziato le prove del nostro coro seguendo il protocollo e abbiamo già ricevuto l’abilitazione. Nei prossimi giorni faremo un’attività presenziale in videoconferenza con i circoli di tutto il mondo e poi prossimamente verranno fatte altre iniziative. In questi mesi abbiamo organizzato le nostre attività tramite Zoom e adesso lentamente ci stiamo preparando per tornare". Più cauta è la situazione di Casa d’Italia: "Per il momento non abbiamo previsto alcuna attività ma non escludiamo niente" afferma Francisco Barone. "Seguiamo l’evolversi della situazione e restiamo in attesa continuando ad aprire la sede una o due volte a settimana. Abbiamo il vantaggio di avere una sala abbastanza grande, quindi la limitazione della capienza non ci preoccupa. In ogni caso, prima di programmare le attività dobbiamo valutare bene". Tanti altri gruppi della collettività, invece, escludono ancora una possibile riapertura. È il caso di Aercu (Associazione Emigrati Regione Campania in Uruguay) e della Collettività Satrianese San Rocco. "Per adesso preferiamo rimanere chiusi dato che la quantità di casi è notevolmente cresciuta negli ultimi giorni. Bisogna stare attenti" dice Ana Santucci di Aercu. Parole molto simili a quelle di Palma Laguardia della Collettività Satrianese San Rocco: "Crediamo che adesso sia ancora troppo presto per pensare di organizzare una riunione. Vedremo più avanti".

MATTEO FORCINITI