di Enrico Pirondini

Diego Maradona, stargli dietro non era facile. Improvvisava secondo gli umori. Una​ anguilla. Come in campo così​ fuori. L’ho seguito fin dove era possibile: anche in Vaticano, nella clinica di Merano, addirittura nel “fossato” del San Paolo. E nei ritiri. Mi favorivano due ex allenatori del Mantova: Rino Marchesi e Ottavio Bianchi. Un milanese ed un bresciano. Rino al Napoli per due stagioni (1980–82). Ottavio per cinque in due riprese con 149 panchine tra l’85 e il ‘94.

 

E mi favoriva lo stesso Maradona, sempre rispettoso del lavoro altrui.

 

Nel bailamme dei ricordi ci sono tre episodi chiave.Eccoli.

 

DIEGO NELL’ATOLLO DEL SELVAGGIO -​ Maradona aveva un sogno: incontrare Marlon Brando, icona del cinema, l’attore che gli somigliava in tanti aspetti. Successo planetario, figli ovunque, impegno sociale. E nell’estate del 1988 i due mattatori si incontrano nell’atollo dell’attore americano. L’isola di Tetiaroa, paradiso della Polinesia Francese, 60 km da Papeete ( Tahiti ).

Isola di proprietà di Brando che se la godeva con la moglie polinesiana – la terza – conosciuta sul set degli “Ammutinati del Bounty”. Film del 1962, girato proprio in quel paradiso terrestre, incontaminato, acque cristalline, silenzi d’oro, armonia. Lei era Tarita Teriipaia, figlia di un pescatore di Bora Bora. Aveva 17 anni meno di Marlon Brando. Di fatto starà accanto a lui per 43 anni. Era una perfetta padrona di casa.

 

LE FOTO DI GIULIANI CHE ACCOMPAGNÓ DIEGO DA MARLON -​ Giuliano Giuliani, il portiere del primo scudetto napoletano (e poi della Coppa Uefa), aveva accompagnato Maradona. Era in luna di miele, aveva sposato la modella e presentatrice televisiva, Raffaella Dal Rosario. E scattò le foto dell’incontro di Maradona con Marlon Brando. Al ritorno dal viaggio me le consegnò per la pubblicazione. Dietro c’era l’ok di Maradona, suo grande amico.

Ovvio. Mai Giuliani avrebbe fatto una cosa alle spalle di Diego.Perché Giuliani era una persona corretta, perbene. Ci eravamo conosciuti nel Verona di Osvaldo Bagnoli. Era passato al Napoli su richiesta di Ottavio Bianchi che lo aveva allenato nel Como e lo stimava.

 

Le foto polinesiane le ho consegnate a Novella 2000 che le pubblicò in esclusiva. Un colpaccio. Giuliani se n’è andato a soli 38 anni nel 1996. Aveva smesso di giocare da soli quattro anni.

 

IL DIALOGO FRA GIGANTI DIEGO E MARLON BRANDO -​ Maradona e Marlon Brando se la sono raccontata in lungo e in largo. Curiosi entrambi di conoscere i “mondi” dell’altro. Dall’infanzia alla gloria. Maradona era soprattutto interessato all’impegno sociale e civile di Brando. Voleva sapere tutto sul suo appoggio a Mandela e gli aiuti concreti ai bimbi malati del Mississippi.

E restò affascinato dal racconto della “Marcia su Washington “ (1963) in difesa del lavoro e degli afroamericani a cui Brando aveva dato il suo visibile sostegno. Nell’anno magico e tragico del presidente J.F.Kennedy.

 

E Maradona si commosse quando sentì parlare di Martin Luther King, ”reverendo della chiesa Battista, apostolo della resistenza non violenta, eroe e paladino dei reietti e degli emarginati, redentore dalla faccia nera”. Si fece raccontare il celebre discorso che il pastore protestante pronunciò il 28 agosto 1963 al termine della manifestazione davanti al Lincoln Memorial e noto come “I have a dream” (io ho un sogno). Una storia finita a Memphis il 4 aprile 1968 con un colpo di fucile alla testa.

 

IN VATICANO DIEGO MARADONA PER WOJTYLA -​ Un altro sogno di Maradona era quello di incontrare il Papa Giovanni Paolo II, il grande ispiratore di Solidarnosc, il sindacato libero nella Polonia comunista. Fondato nel settembre del 1980 in seguito agli scioperi nei cantieri di Danzica. Ne era il leader un operaio elettricista: Lech Walesa. Maradona, con la moglie Claudia, fu ricevuto con grande affetto dal Pontefice che gli ricordò di amare lo sport, sci e nuoto soprattutto. Ma anche il canottaggio e “naturalmente il calcio”.

Maradona era catturato dalla storia del Papa, il primo non italiano dopo 455 anni. Straniero come lui. L’incontro fu più formale di quello che sarebbe stato l’incontro con Bergoglio, peraltro incontrato in più di una occasione. Particolarmente cordiale fu l’incontro in Vaticano del 1 settembre 2014 in occasione della Partita della Pace.

 

AMAVA I LEADER DEL SUDAMERICA -​ Da Castro a Chavez. Li amava e non lo nascondeva. Ha scritto Walter Veltroni: ”Maradona era generoso e coraggioso. Prendeva posizione per stare dalla parte dei deboli. E i potenti lo trattavano alla pari. È stato il simbolo del riscatto dell’Argentina”. E poi: ”Non era nato nella bambagia, aveva macinato chilometri di sofferenza e talento nei campi polverosi del suo Paese. Per questo la gente vedeva in lui un eroe popolare”.

Infine: ”Era divorato da una sofferenza del vivere che lo ha portato sempre a farsi del male perché aveva la sensazione che la gente lo amasse più per il suo talento che per il suo animo”.

 

L’URLO NEL FOSSATO -​ Ha fatto il giro dei Tg Mediaset l’intervista che mi rilasciò, nel fossato del San Paolo, prima della storica partita con il Milan di​ Arrigo Sacchi. Immagini rilanciate anche in questa occasione. La partita suonava come uno spareggio per lo scudetto. Diego mi vede con le telecamere già accese – tre giorni prima del match – ed ha un guizzo dei suoi.

Si toglie la giacca della tuta, la fa roteare sopra la testa e mi urla nel microfono: ”Voglio lo stadio pieno e non voglio vedere una sola bandiera rossonera. Questo è il cimitero del Milan”.

 

La partita va in scena il primo maggio 1988. Arbitra Lo Bello. Ci sono 82.844 spettatori paganti. Un bolgia. Una Bombonera. Un Maracanà. Vince il Milan 3-2 (doppietta di Virdis e zampata di Van Basten). Per il Napoli segnano Maradona (punizione nel sette) e, in chiusura, Careca. Il Milan vincerà lo scudetto, il primo dell’era Berlusconi. Negli spogliatoi Diego conforta Bagni e Bruscolotti in pianto. “Sai che ti dico? che il prossimo scudetto lo vinciamo ancora noi”. Ha mantenuto la promessa.