di John Fiegener

Il 5 gennaio la Georgia deciderà gli equilibri della politica americana per i prossimi due anni: nello Stato del Sud infatti si voterà per assegnare due seggi vacanti al Senato, seggi che faranno andare la bilancia del potere – ora pari – da una parte o dall’altra.

A novembre la Georgia ha fatto registrare un forte aumento di elettori alle urne, che hanno consegnato uno Stato tradizionalmente repubblicano al democratico Joe Biden: la differenza fra Biden e Trump è stata solamente di 12 mila voti. Ora entrambi i partiti si stanno impegnando per vincere non solo uno ma entrambi i seggi in palio: aggiudicarsene uno non sarebbe sufficiente ai democratici per strappare il controllo del Senato a Mitch McConnell, capogruppo dei repubblicani e senza dubbio il più importante esponente del suo partito oggi. Controllare il Senato sarà vitale per i democratici: senza di esso, difficilmente le politiche che Biden punta a mettere in atto riusciranno a passare il vaglio del Congresso.

La posta in ballo è alta: non stupisce dunque che gli strateghi repubblicani fossero molto nervosi di fronte all’ipotesi che un rancoroso e confuso presidente Trump si presentasse in Georgia per sostenere i candidati locali. E avevano ragione. Trump ha usato il discorso di sabato come ha fatto in tutte le sue uscite post-elettorali – per lo più su Tiwtter - per presentare un lungo elenco di accuse senza nessuna base legale, sposare teorie del complotto e puntare il dito contro “i poteri forti” che a suo dire stanno facendo di tutto per cacciarlo dalla Casa Bianca.

Il presidente ha anche attaccato i leader repubblicani dello Stato, compreso il governatore, che a suo dire non hanno messo in discussione la vittoria di Biden. Gli strateghi repubblicani temono che questo atteggiamento possa, alla lunga, alienare molti elettori che, alle prese con la pandemia e tutte le questioni che ha aperto, non hanno necessariamente voglia di alzarsi dal divano per tornare alle urne a due mesi l’ultima volta.

Ad ascoltarlo nel piccolo aeroporto della città di Valdosta, vicino al confine con la Florida c’erano diverse migliaia di persone, molte arrivate dallo Stato vicino, tante senza maschere. Tutte pronte ad applaudire il loro eroe al suo primo comizio dopo il 3 novembre.

La risposta su quale atteggiamento Trump avrebbe tenuto è arrivata subito: “Sapete bene che abbiamo vinto qui in Georgia. Non abbiamo perso”, ha detto il presidente. E da lì in avanti sono stati 100 minuti di sfida aperta alla realtà dei fatti, con poche menzioni per i due candidati che a gennaio si presenteranno al giudizio degli elettori. La folla ha risposto urlando cori come
“Stop the steal” e “Fight for Trump” e l’intera serata è passata così.

E così è passata anche la possibilità per Trump di contribuire a fermare la terza sconfitta consecutiva del suo partito, che ha già perso la Casa Bianca e la Camera dei Rappresentanti. Trump, ancora una volta, ha dimostrato quello che pensa: the USA c’est moi!