Negli ultimi anni, è cresciuto il dibattito internazionale sulle diete sostenibili e assistiamo sempre più spesso a una sorta di lotta ideologica contro la carne. Sembra che si sia creata una frattura tra chi difende la tradizione e chi invece spinge per l'innovazione.

Ma siamo sicuri che armare questa lotta sia la soluzione giusta? Siamo sicuri che l'innovazione debba essere vista come una minaccia alla tradizione? O forse l'innovazione rappresenta lo strumento per far sì che la tradizione sopravviva, rinnovata? E, nel caso della carne, quali sono le innovazioni e perché è importante conoscerle e guardarle in prospettiva come alternative e non necessariamente come minaccia ai pilastri della nostra tradizione?

Partiamo dai dati e dallo scenario con il quale ci confrontiamo: siamo oltre 7 miliardi di abitanti su questo pianeta. 2 miliardi di persone soffrono la fame e la mancanza di micronutrienti come il ferro, lo zinco, la vitamina A e lo iodio. Al contempo l'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change delle nazioni Unite, nominato premio Nobel per la pace nel 2007) ha certificato che dal settore zootecnico dipendono il 14.5% delle emissioni di gas serra, l'impiego di un terzo delle terre coltivate ed il consumo del 23% di acqua dolce disponibile sulla Terra, determinando un'impronta idrica media per caloria per la carne bovina di venti volte superiore a quella dei cereali e delle radici amidacee.

Nell'analizzare il consumo di carne possiamo attingere da altri tre riferimenti: in primo luogo la Piramide alimentare della Dieta Mediterranea, riconosciuta a livello globale come uno degli stili di vita più equilibrati, in armonia con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, per la salute dell'uomo e del Pianeta. La carne è presente al vertice di questa piramide, come alimento per il quale è consigliato un consumo di meno di 2 porzioni a settimana. La carne non è quindi bandita, ma correttamente inserita tra quegli alimenti che è preferibile non consumare quotidianamente.

In secondo luogo possiamo far riferimento a Lancet, l'autorevole rivista medica che suggerisce di ridurre il consumo della carne rossa di oltre il 50%, senza chiederne l'eliminazione dalle proprie diete e sottolineando che un'assunzione giornaliera di carne rossa aumenta di tre volte la possibilità di sviluppare malattie cardiache.

In terzo luogo l'AIRC, che stima un consumo sano in 500 grammi a settimana e in Italia è calcolato che se ne consumi invece il triplo, lasciando anche spazio a importazioni da paesi che non rispettano necessariamente gli standard qualitativi e ambientali.

Cosa ci aspetta allora nel futuro, se continuiamo a perpetrare lo scenario attuale?

Nel 2050 la popolazione mondiale raggiungerà probabilmente quasi 10 miliardi di persone, il che significa che - se si continuerà il consumo attuale di carne - si arriverà al 76% in più di consumi con impatti ambientali preoccupanti.

Esistono delle alternative? Certo.

L'innovazione sta facendo proliferare da un lato soluzioni tecnologiche capaci di rendere l'agricoltura più sostenibile e gli allevamenti più efficienti anche sul versante della cura e del benessere animale, dall'altro il mercato delle proteine alternative che alla luce delle proiezioni dei dati e degli impatti che abbiamo esaminato, possono rappresentare un'opzione da affiancare al consumo più responsabile della carne.

Garantire il fabbisogno proteico alla popolazione mondiale, in continua crescita, anche in zone sfavorevoli all'agricoltura e all'allevamento è sicuramente una grande sfida. I nuovi alimenti possono infatti includere alternative proteiche come soluzioni a base di piante, proteine microbiche, ingredienti dimenticati, insetti e persino proteine derivanti dall'agricoltura di cantina o dalle nanotecnologie.

Esistono già sul mercato prodotti alternativi alla carne ricavati da proteine vegetali come piselli e soia o da molecole di muscolo animale coltivate in laboratorio. Una viene dall'orto, quindi, e l'altra dalle provette. La carne in laboratorio contiene omega 3 e 6 tale da abbassare il colesterolo e promuovere un maggior benessere cardiovascolare. Secondo il suo inventore, Mark Post, una tonnellata di carne coltivata richiede circa 376 volte meno ettari di terra di quanti ce ne vogliono per il pascolo degli animali, e il 10% dell'acqua usata per il loro consumo. Esiste poi una terza alternativa: Air Protein ha infatti annunciato di essere riuscita a sviluppare una nuova tecnologia che permette di produrre carne proprio dall'aria, o meglio dall'anidride carbonica in essa contenuta.

Questo però non significa dover totalmente abolire il consumo di carne. Come dobbiamo porci allora di fronte a queste innovazioni?

Eliminare del tutto gli allevamenti comporterebbe dei rischi per la biodiversità che non possiamo permetterci: sparirebbero infatti in breve tempo le razze domestiche destinate all'allevamento che, senza la cura dell'uomo, non potrebbero vivere "in natura". Si perderebbero tradizioni e saperi legati all'allevamento e alle produzioni animali. Tramonterebbe una cultura ultrasecolare e un patrimonio gastronomico di trasformati e ricette tramandate da generazioni, già oggi piuttosto a rischio a causa dell'omologazione del gusto e della standardizzazione delle abitudini alimentari in tutto il mondo.

Possiamo quindi concludere che diminuire il consumo di carne magari a favore di alternative, non significa doverlo eliminare del tutto. È indispensabile scegliere carni di migliore qualità, provenienti da allevamenti sostenibili in cui gli animali costituiscono una risorsa per l'ambiente e non un'esternalità negativa, come invece avviene nei sistemi intensivi; è indispensabile ricercare allevamenti al pascolo, con numeri di capi contenuti, appartenenti a razze locali, ben adattate ai territori; consumare una maggiore varietà di specie, cucinando e consumando tutti i tagli degli animali.

La conclusione più significativa resta quella legata alle lotte ideologiche a cui ho fatto riferimento all'inizio. Non è necessario essere "pro" o "contro" la carne. Il cibo è vita, nutrimento, è veicolo di valori, cultura, simboli ed identità, il cibo è socialità. Mangiare è un atto essenziale per la vita dell'uomo, ma richiede coscienza e consapevolezza per essere in armonia con il pianeta.

È fondamentale mettere i valori al centro, rispettare identità e biodiversità, analizzare i dati e ascoltare la scienza per capire quali sono le sfide future legate alla nutrizione sostenibile di una popolazione mondiale crescente e compiere scelte di consumo responsabili e consapevoli, certi che l'innovazione rappresenti la strada più importante per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e garantire anche lunga vita alle tradizioni.

di Sara Roversi