Il tempo che ci divide dalla fine del mandato presidenziale di Donald Trump è ormai pochissimo: eppure - e sembra strano dirlo dopo quattro anni di governo instabile e imprevedibile - sono proprio i giorni che abbiamo davanti a noi quelli più pericolosi. In una fase in cui i suoi predecessori erano impegnati a organizzare cene di addio e nella progettazione delle loro biblioteche presidenziali, Trump e i suoi sembrano concentrati a girare una scena di “Die Hard III”: e a trascinarci dentro un’intera Nazione, che osserva il tutto con ansia e trepidazione.

Trump resta asserragliato nella Casa Bianca: la sua rabbia e il suo senso di isolamento, a leggere i resoconti della stampa, crescono giorno dopo giorno, alimentati dal numero crescente di ministri, sottosegretari e alti funzionari che danno le dimissioni, lasciandolo da solo a gestire il caos che ha creato.

E non basta: forse per la prima volta da quando è entrato nella vita pubblica, Trump non ha più un mezzo a disposizione per comunicare le sue recriminazioni e la sua visione delle cose a milioni di americani: Twitter lo ha espulso per sempre, facendo seguito a una mossa simile di Facebook, che ha bloccato il suo account almeno fino alla fine del mandato. Nell’immediato, la scelta di Twitter significa che il presidente avrà meno possibilità di influenzare nei prossimi giorni il discorso pubblico, che sarà tutto incentrato su un potenziale impeachment e sulle altre possibili strade per rimuoverlo dal suo incarico (in particolare l’articolo 25 della Costituzione).

A nove giorni e qualche ora dalla fine del mandato, i democratici guidati dalla capogruppo alla Camera Nancy Pelosi – che Trump da più di un anno rifiuta di incontrare – chiedono che il presidente sia rimosso immediatamente. Per ottenere il loro scopo sono pronti a far partire un procedimento accelerato di impeachment che potrebbe concludersi alla Camera già entro la settimana, facendo così scattare l’obbligo di dibattito al Senato: cosa che, dati i tempi strettissimi – il giuramento di Biden è il 20 gennaio – non potrà che avvenire una volta che il mandato di Trump sarà scaduto.

Fedele al suo stile, Trump per il momento rifiuta di cedere: e il suo vice, Mike Pence, l’uomo finito sotto attacco la scorsa settimana per non aver dato l’ordine – illegale – di rovesciare il risultato delle elezioni, non sembra intenzionato a invocare il 25simo emendamento per rimuoverlo.

Ma lo scenario potrebbe cambiare: sotto pressione, Trump potrebbe scegliere di dimettersi, invece che affrontare l’impeachment. Se infatti la messa in stato d’accusa passasse, il presidente perderebbe automaticamente i benefit e le garanzie post-mandato: la protezione dei Servizi segreti, ma anche la possibilità di candidarsi di nuovo in futuro.

Cosa che creerebbe un danno irreparabile al piano che secondo molti Trump aveva in mente: quello di rimanere alla guida del partito repubblicano per i prossimi quattro anni, continuando a contestare il risultato elettorale, per poi ricandidarsi nel 2024. Un piano che dopo l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio sembra destinato a fallire, vista la presa di distanza di molti repubblicani da Trump, ma che in caso di impeachment sarebbe “condannato a morte” senza possibilità di appello.

Questa situazione lascia l’America con un uomo furioso e isolato alla testa: un uomo che tuttavia mantiene tutti le prerogative del leader più potente del mondo, e dunque potenzialmente rappresenta un grosso pericolo.

Un uomo che non ha accettato la sconfitta, non ha chiesto ai suoi sostenitori di accettare il risultato delle urne, né tantomeno ha ammesso che le sue rivendicazioni sul voto rubato e sulle truffe di cui sarebbe stato vittima erano solo le proteste di uno che ha perso. Il pericolo è che i suoi sostenitori gli credano e nelle prossime settimane e nei prossimi mesi continuino a combattere contro un governo che, ai loro occhi, non è legittimo.

Nel comunicato in cui ha annunciato la decisione di sospendere a tempo indeterminato l’account di Trump, Twitter spiega di averlo fatto anche perché ha trovato prove del fatto che gruppi di estremisti stavano usando il Social media per accordarsi su azioni violente da mettere in campo nel prossimo week end, l’ultimo in cui Trump sarà in carica: conversazioni intercettate prima del 6 gennaio che ora, alla luce degli eventi di quel giorno, non possono che creare ulteriore preoccupazione.

Preoccupazione. È proprio questo il concetto migliore per raccontare come gli americani guardino alla settimana che si apre oggi, che potrebbe essere una delle più difficili della storia recente del Paese.