Il 19 aprile 1993 è quello che gli esperti di anti-terrorismo definiscono un “evento scatenante”: è la data in cui le forze dell’ordine americane lanciarono un assalto mortale contro il ranch in cui si era asserragliata una setta a Waco, Texas. Nei 51 giorni di assedio che precedettero l’attacco, diverse persone si avvicinarono il più possibile al luogo per capire cosa stesse accadendo. Uno di loro era un uomo che anni dopo avrebbe messo una gigantesca bomba davanti a un edificio che ospitava uffici dell’Fbi a Oklahoma city: morirono 168 persone, fra cui molti bambini. Quel giorno, il 19 aprile del 1995, è segnato nei libri di storia americani come quello del più sanguinoso attacco terroristico negli Usa prima dell’11 settembre 2001.

Oklahoma City, Waco, e prima ancora Ruby Ridge, in Idaho -  quando l’assedio alla famiglia Weaver, rinchiusa nella sua fattoria, si conclude con la morte della mamma -  sono diventati dei simboli per gli estremisti anti-governativi americani, pezzi importanti di una narrazione che punta ad attirare sempre più persone alla loro causa e che è diventata negli anni motivo di preoccupazione per l’Fbi. Gli ultimi 20 anni hanno visto quest’estremismo crescere quasi indisturbato negli Stati Uniti: gli attacchi dell’11 settembre 2001 hanno spostato per anni il focus sui fondamentalisti islamici e su Al Qaeda e hanno dato alla minaccia interna il tempo di crescere senza troppo controllo.

Ed eccoci al 2021, con il nostro modo iperconnesso grazie ai social media oggi spaccato su basi ideologiche e intimorito da nuove paure. Fbi, il dipartimento della Homeland Security e il Centro nazionale ormai lo dicono senza mezzi termini: guardando agli Stati Uniti, il terrorismo interno è una preoccupazione crescente.

Un recente rapporto riservato di intelligence, pubblicato dal New York Times, avvisava che l’assalto al Congresso del 6 gennaio può trasformarsi in “una spinta significativa per le milizie armate e i fanatici razzisti che hanno preso di mira l’inaugurazione presidenziale”. In altre parole, può diventare un evento che scatenerà altra violenza.

Gli autori del report mettevano in guardia da “distruzione di edifici e da episodi di violenza che possono prendere di mira rappresentanti dello Stato a ogni livello, poliziotti, giornalisti e infrastrutture”: e in seconda battuta, da un possibile aumento delle proteste come risposta alle limitazioni tese a controllare il Covid che la nuova amministrazione ha già annunciato che metterà in atto.

La minaccia non è più limitata a determinati luoghi o gruppi, ma viene da network che possono comunicare fra loro via social o attraverso i canali del deep web; persone che possono comunicare su canali crittografati come Telegram o Signal, hanno armi acquistate legalmente e rivendicano diritti che sono riconosciuti dalla Costituzione.

Nel report si legge che “i gruppi anti-governativi, le milizie violente e quelle motivate da cause razziali o etniche sono probabilmente la minaccia maggiore che ci troveremo ad affrontare nel 2021”. Il timore è che eventi come quello del sei gennaio possano galvanizzare gli estremisti e spingerli a una maggiore collaborazione fra loro: il risultato è che seguaci di QAnon (che pensano che il loro leader Trump stia combattendo contro una rete mondiale di pedofili fedeli a Satana) potrebbero stringere alleanza con i Boogaloo Boys (che puntano a una Guerra su basi razziali) e ai Proud Boys (che mettono in guardia da un golpe di stampo socialista in America).

Da presidente, Biden prenderà queste minacce più seriamente del suo predecessore, che ha invece incoraggiato i gruppi che le hanno promosse. Ma il suo governo dovrà faticare non poco per rimettere il genio nella bottiglia e seppellirla in fondo all’Oceano.