Draghi sui ministri del suo governo ha un'idea chiara. Draghi presidente incaricato le delegazioni dei partiti le ha incontrate più volte. E sempre, a quanto raccontano appunto i partiti, è stato disponibile ad ascoltare. Ed ha anche già dato ai partiti qualche soddisfazione. A Salvini la garanzia del nessuna patrimoniale e nessuna nuova tassa.

A Grillo lo zucchero del nascituro Ministero della Transizione Ecologica in modo da addolcire per M5S la medicina del governo che Alessandro di Battista considera una sorta di emanazione diabolica. Su un solo argomento Draghi presidente incaricato non ha accettato per così dire domande e suggerimenti: su chi saranno i ministri del suo governo.

Si dice sarà un governo "tecnico-politico" (M5S ha messo la definizione nel quesito che si sta votando sulla mitica piattaforma Rousseau). Tecnico-politico, cioè? Cioè i partiti non lo sanno come sarà composto il governo e provano a mettere le mani avanti. Certo, ci saranno tecnici, se per tecnici si intende competenti nella materia e settore assegnato.

Politico? Ogni governo è politico, nel senso pieno e duplice che si assegna un compito politico ed esiste se ha in Paramento una maggioranza che lo vota. Quindi nella composizione del suo governo Draghi cercherà di riflettere e valorizzare il fatto che la sua maggioranza, quelli che gli hanno detto sì, comprendono la Lega, M5S, il Pd, Italia viva, Forza Italia, centristi vari, Calenda, Bonino, Toti (Leu non si sa, è intenta nel morettiano dilemma: mi si nota di più se ci vado o se non ci vado?).

Riflettere: non nel senso di spartire, un po' di ministri e sottosegretari a ciascuno a seconda del peso parlamentare. Draghi sa, come tutti, che su questa strada si perderebbe. Come tutti lo sa, la differenza è che lui non è obbligato a perdersi come è accaduto a molti presidenti del Consiglio di governi di coalizione. Quindi Draghi non deve spartire tra i partiti i posti di governo, deve coinvolgere, responsabilizzare i partiti con nomine di governo che riflettano la partecipazione dei partiti e dunque li impegnino.

Conosce i suoi polli Draghi presidente incaricato, come ogni italiano che abbia osservato la politica negli ultimi decenni. Se lasci i partiti a comporre un governo di coalizione lo faranno spesso se non sempre in maniera che tutti siano rappresentati e tutti in grado di paralizzare l'altro e quindi il governo stesso. Se invece non spartisci i posti di governo tra i partiti alla prima difficoltà con la pubblica opinione lasci i partiti liberi e tentati di giocare all'appoggio esterno e comunque all'io non c'entro, è stato lui!

Quindi dei ministri Draghi con i partiti non discute, non chiede loro indicazioni, reciproche compatibilità, tollerabili equilibri. Il messaggio di Draghi ai partiti sui ministri è stato serenamente chiaro, silenziosamente significativo: i ministri li scelgo io, ne discuto solo con Mattarella capo dello Stato. A prenderla bene sono stati in due, anzi tre: Salvini e Renzi più Berlusconi. Pd e M5S questa dei ministri dove i partiti non toccano palla l'hanno presa abbastanza d'acido.

Già, quale l'umore reale e profondo dei partiti rispetto al governo che nasce?

Pd spaventato. Zingaretti terrorizzato addirittura governo Draghi e totale rimescolamento del quadro politico gli incrini o addirittura gli ostacoli il sogno politico suo: il centro-sinistra-sinistra di governo. Dove il centro in realtà non c'è, la sinistra sarebbe il Pd e l'altra sinistra M5S. Terrorizzato che Salvini possa mostrarsi utile in un governo del fare non solo propaganda. Spaventato il Pd dal dover veder scossi i fondamentali del populismo di sinistra e cioè sussidi, ristori, cassa integrazione e pre pensionamenti e nazionalizzazioni di fatto.

M5S forzato, condotto a forza, magari dalla forza delle cose, ma pur sempre a forza. Così se la vive M5S. Che continua ad aver bisogno del giocattolo consolatorio della piattaforma Rousseau per continuare a narrarsi di essere l'unico e solo popolo buono e puro. Che inventa se stesso super green per darsi una missione dopo aver misurato non tanto l'impraticabilità quanto la miserevole dimensione rispetto ai problemi reali del paese della missione di andar cantando onestà sotto le finestre della Repubblica. M5S che va nel governo Draghi come cane tutt'altro che bastonato ma temendo di esserlo.

Salvini invece lanciato, lanciato dove forse non pensava di potersi lanciare. Lanciato come per ora accenno e abbozzo di destra italiana che se vince le elezioni non sfascia le casse e la credibilità del paese. Lanciato nel ruolo di chi non chiede posti e pone veti a Draghi. Lanciato nel ruolo inedito di responsabile davvero (non quelli di cartone evocati a sostener Conte). Lanciato Salvini dal sollievo di essersi disfatto di un governo inadeguato (inadeguato proprio come governo e non come maggioranza). Forse troppo lanciato Salvini, le sue "ali" da politico hanno la portanza per un simile decollo? Si vedrà.

Berlusconi radioso. Sì, radioso nel ruolo di chi era minoranza nel centro destra ma aveva ragione. Radioso nel poter raccontare, con qualche credibilità, che stavolta lavora per l'interesse comune e non quello aziendale. Non l'ha quasi mai fatto ma ci tiene a che di lui si possa dire una cosa del genere.

E infine la Meloni furente. Furente non perché sola a dire No a Draghi (e di fatto alla Ue e al Recovery, la cosa non ha conseguenze perché appunto FdI è il solo partito a farlo, fosse stata una maggioranza in Parlamento a farlo, allora Italexit). Furiosa perché se Salvini riesce ad andare dove si è lanciato a Fratelli d'Italia resta il ruolo che fu del MSI. Furiosa soprattutto perché l'equazione chi resta all'opposizione guadagna voti per ora almeno non scatta: il Salvini responsabile piace alla sua gente, soprattutto del Nord. 

Renzi? Renzi, una Pasqua. Raccontano si rilegga ogni sera la storia degli Orazi e Curiazi e dica ogni sera: sono io, sono io, ero da solo e li ho sconfitti tutti!

Lucio Fero