di James Hansen

 

Con tutte le approssimazioni del caso, l’autorevole IIF-Institute of International Finance calcola che l’indebitamento totale del mondo abbia raggiunto il valore assolutamente spettacolare di 355% del “Prodotto Interno Lordo” annuo dell’intero globo. 

Altri lo stimano più alto ancora, 365%. In altre parole, è come se la Terra tutta stesse vivendo di una sua carta di credito e “saldasse” ogni rendiconto mensile mettendoci ancora un’altra firma...

C’è però un’ovvia differenza. Non sono soldi che dobbiamo a degli esterni; non è che ci siano marziani o abitanti di un’altra galassia a detenere i nostri “pagherò”. In questo caso si tratta dei debiti che la Terra ha con se stessa, un concetto così contorto che sfida l’umana comprensione.
La fortissima impennata dell’indebitamento globale nell’ultimo anno, di circa ventiquattro “trilioni” di 
dollari, è perlopiù un fenomeno governativo, scatenato dall’arrivo del Covid e dovuto a una combinazione tra il crollo generalizzato degli introiti statali e gli sforzi economici per combattere la pandemia e i suoi effetti. L’indebitamento privato—cioè, quello delle famiglie e delle società “non finanziarie”—è comunque cresciuto in maniera sostenuta anch’esso.

Questi sono—grossolanamente—i fatti; importanti, forse interessanti, ma sterili. Sono più intriganti le domande che ne sorgono. Per esempio, potranno mai essere saldati debiti così stellari rispetto ai mezzi disponibili per pagarli? La risposta parrebbe essere: forse...
In parte, la situazione non è del tutto senza precedenti. La Gran Bretagna alla fine della Seconda Guerra mondiale aveva accumulato un debito nazionale di circa il 250% del PIL, in larga parte finanziato dagli americani. Il risanamento dell’economia britannica richiese 14 anni di razionamento duro di praticamente tutti i generi di prima necessità, proseguito anche ben oltre la fine della guerra. Il razionamento del pane, per dire, fu imposto dopo la conclusione dei combattimenti e finalmente sospeso solo nel 1954. E i britannici erano, com’è noto, tra i vincitori...

Il Regno Unito ha rimborsato l’ultima rata dei finanziamenti concessi dagli Usa per condurre la guerra solo nel 2006—e qualche “debitino” risalente addirittura alla Prima Guerra mondiale dovrebbe esserci ancora tra le pieghe della contabilità nazionale.
Un’altra buona domanda, forse la più importante, è: da dove sono venuti tutti quei soldi da prestare? Anzitutto, è bene ricordare che l’esistenza contabile di un debito implica la creazione di un credito (che presumibilmente abbia un valore) da un’altra parte—se non necessariamente la certezza che verrà coperto... Al di là di ciò, è anche vero che i soldi non sono più “quelli di una volta”. Da tempo non vengono più nemmeno stampati sulla carta—se non in maniera marginale—e tanto meno “coniati” in metalli preziosi. Si creano spostando bits and bytes nella memoria di un computer.

Sono questi soldi “virtuali”—perché quelli delle banche centrali non è che siano più “reali” delle misteriose criptovalute, come BitCoin—a tenere in vita le nostre economie. Finché la giostra gira stiamo in piedi. Se si ferma: tutti giù per terra!