DI MARCO FERRARI

Il Leone d'Oro speciale alla memoria della diciassettesima Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia andrà a Lina Bo Bardi, architetta, designer, scenografa, artista e critica italiana che trovò in Brasile, dove si trasferì definitivamente nel 1947 insieme al marito, l'ambiente adatto ad accogliere le sue architetture e la sua poetica progettuale in forte anticipo sui tempi. Così come  Buenos Aires, Montevideo e Caracas, anche San Paolo del Brasile è stata una delle città latino-americane dove l’architettura italiana si è espressa al meglio. A proporre il riconoscimento è stato il curatore Hashim Sarkis, a cui è seguita l'approvazione da parte di tutto il Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia. «Se esiste un architetto che meglio di ogni altro rappresenta il tema della Biennale Architettura 2021, questa è Lina Bo Bardi. - ha affermato Sarkis. - La sua carriera di progettista, editor, curatrice e attivista ci ricorda il ruolo dell'architetto come coordinatore (convener) nonché, aspetto importante, come creatore di visioni collettive. Lina Bo Bardi incarna inoltre la tenacia dell'architetto in tempi difficili, siano essi caratterizzati da guerre, conflitti politici o immigrazione, e la sua capacità di conservare creatività, generosità e ottimismo in ogni circostanza». Il riconoscimento a Lina Bo Bardi sarà celebrato sabato 22 maggio 2021 nel corso della cerimonia di inaugurazione della Biennale Architettura. Lina Bo Bardi, nata Achillina Bo (Roma, 5 dicembre 1914 – San Paolo, 20 marzo 1992), naturalizzata brasiliana, è una delle figure più note nel panorama modernista latino-americano. Dopo la laurea in Architettura conseguita a Roma, iniziò la sua carriera nello studio di Gio Ponti a Milano. Aprì poi il suo studio, che non ricevette molte commissioni, distrutto durante un bombardamento nel 1943. Dopo quell'evento, Lina Bo divenne un'attivista del Partito Comunista Italiano. Negli anni seguenti documentò la distruzione che aveva colpito l'Italia in guerra, partecipando anche al Congresso Nazionale per la Ricostruzione. Con Bruno Zevi fondò il settimanale “La Cultura della Vita”. Dopo il conflitto, sposò Pietro Maria Bardi con il quale, nel 1946, si trasferì in Brasile. Il marito, spezzino di nascita, già negli anni Trenta frequentava il Sud America. In particolare, nel 1933 organizzò l'esposizione “l'Architettura Italiana d'oggi” a Buenos Aires, presentando un approccio alternativo a quei movimenti concorrenti, offrendo un bilanciamento tra modernità e nazionalismo. Così, finita la guerra, decise di emigrare in Brasile assieme alla consorte. Lina Bo Bardi nel 1951 completò il suo primo edificio come architetta, la "Casa di Vetro", nel nuovo quartiere di Morumbi, a San Paolo del Brasile, oggi sede dell’Istituto Bardi. Tra i suoi progetti più significativi, il Museo di Arte Moderna di San Paolo, di cui il marito Pietro Maria fu il curatore per ben 45 anni. Bardi e la moglie adattarono gli spazi con interni flessibili e adatti ad ospitare esposizioni sperimentali e inclusive. Un riconoscimento postumo che suona quasi come un risarcimento a una donna d’avanguardia del Novecento, alla quale sono state dedicate importanti mostre, a Cà Pesaro nel 2004, al Padiglione Centrale ai Giardini durante la Biennale Architettura del 2010, al Maxxi di Roma nel 2014 e infine quella sul mobilio da lei progettato, insieme a Giancarlo Palanti, alla galleria Nilufar Depot di Milano, nel 2018. Un omaggio di Isaac Julien è di nuovo in corso al Maxxi di Roma, in questa stagione di pandemia, con “Lina Bo Bardi. A Marvellous Entanglement”, una video installazione multipla dell’artista inglese che ricostruisce le tappe della sua carriera attraverso l’interpretazione di due attrici, Fernanda Montenegro e Fernanda Torres che interpretano, nella giovinezza e nella maturità, i suoi pensieri sull'architettura nei luoghi più significativi della sua produzione brasiliana che inizia quando il marito viene chiamato dal giornalista e politico Assis Chateaubriand a fondare e dirigere il MASP (Museu de arte de São Paulo). Sarà Lina a ideare questo edificio, tra il 1957 e il 1969, come un ponte sospeso, retto da piloni di cemento colorato, con l'esterno trasformato in una piazza pubblica e l'interno open space senza pareti con le opere incastonate in una cornice in vetro, con una base in cemento. Altri significativi esempi della sua architettura sono la Fábrica da Pompéia, ex industria riconvertita in centro polivalente, dove la ventilazione naturale attraversa le stanze entrando da finestre asimmetriche; il MAM (Museu de Arte Moderna al Solar de Unhão), la Casa do Benin e il teatro Gregorio de Mattos a Salvador de Bahia. In un'intervista a Domus del 2019, Zeuler Rocha Lima, che ha curato presso la Fundació Joan Miró di Barcellona una mostra dei suoi disegni, sottolinea che “i suoi principi stavano nel dare valore ad una continuità, uno scambio, tra spazio intimo e spazio pubblico; un principio che aveva portato dall'Italia, di politico nel senso di polis”.