Un balzo indietro di dieci anni. Il Covid divorerà il nove per cento del Pil latinoamericano, riportando il reddito medio per abitante ai livelli del 2009. È uno scenario drammatico quello dipinto dal nuovo studio dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), le Nazioni Unite, la banca per lo sviluppo regionale Caf e l'Unione Europea. 

L'immenso territorio compreso tra il Rio Bravo e la Terra del Fuoco non è solo l'epicentro dell'emergenza sanitaria. Si profila anche come il punto di massimo impatto del terremoto economico provocato dalla pandemia. Il Continente è stato colpito dalla frustata tellurica in pieno trend negativo per il crollo del prezzo internazionale delle materie prime, dalla cui esportazione dipende ancora il suo modello economico. Un sistema che affonda le radici nel passato coloniale e che nemmeno i protagonisti politici del boom d'inizio millennio sono stati in grado di modificare. Per tale ragione, «le conseguenze socioeconomiche della pandemia in America Latina non hanno precedenti», sottolineano gli esperti internazionali.

A farne le spese sono già – e ancor più saranno nel prossimo futuro – soprattutto i gruppi sociali più vulnerabili. A partire dal 40% dei lavoratori privi di qualunque forma di tutela, senza 'paracadute' per arginare il colpo: sono parte del grande bacino degli esclusi dal circuito formale, costretti a inventarsi modi - dal lustrascarpe all'ambulante - per sopravvivere alla giornata. Un universo in cui fluttuano già ora sei latinoamericani su dieci.

E il loro numero rischia di aumentare ancora nei prossimi mesi in seguito alla probabile chiusura per lo choc-Covid di 2,7 milioni di imprese – in genere piccole e con minor accesso al sistema finanziario – e la perdita di 8,5 milioni di posti di lavoro.

In questo contesto non sorprende, dunque, il probabile incremento della povertà. Sotto la cui soglia precipiteranno entro il 2021 oltre 45 milioni di donne e uomini, per un totale di quasi 231 milioni, il 37 per cento della popolazione. Il virus, inoltre, rischia di azzerare i recenti progressi compiuti nel contrasto alla diseguaglianza che, pur restando a livelli inaccettabili – è il Continente più diseguale del mondo – dal 2004 si è ridotta di quasi il 14 per cento. Adesso la marcia - lenta ma comunque positiva - sembra invertirsi.

Eppure l'America Latina non è necessariamente condannata a 'cent'anni di solitudine'. La trasformazione digitale può diventare in strumento per 'ricostruire meglio' l'apparato produttivo regionale, sostiene il rapporto. A patto che le politiche pubbliche si attivino subito per colmare il divario esistente.

Oggi solo il 68% della popolazione latinoamericana ha accesso a Internet. Il gap tra quanti di questi appartengono ai settori più ricchi e quelli più poveri è di 40 punti, quasi il doppio rispetto alla media Ocse. Meno della metà degli alunni ha accesso a scuole con programmi di informatica. Questo contribuisce a tenere bassa la produttività. «La crisi del coronavirus – conclude il rapporto – ha reso la trasformazione digitale una priorità quantomai urgente. Le società che aspirano a crescere in uguaglianza devono procedere su questa strada».