Covid, paese, opinione pubblica, pubblico umore e politica si sono messi in marcia verso le riaperture di quanto finora è stato chiuso o semi chiuso. La pressione in tal senso è forte, la voglia monta, il calendario climatico promette aiuto: fine aprile, massimo maggio, c’è chi ipotizza e vagheggia il 2 di giugno festa della Repubblica tutta riaperta. E in effetti il contagio rallenta la sua velocità, l’indice Rt è sotto il fatidico uno. Ma… Rt è quanto un infetto contagia.

Se pari a 1 allora l’infetto contagia 1 e la pandemia sta bene in salute, avanza di buon passo. Se Rt sopra 1 allora la pandemia corre, incrementa velocità. Se Rt pari a 2 siamo all’aumento esponenziale e quindi alla pandemia incontenibile e alluvionale. Se, come adesso, Rt sotto 1 vuol dire pandemia rallenta. Rallenta, non ferma. Da noi le riaperture e le chiusure sono state e sono fortemente ancorate all’andamento del R con T, cioè al moltiplicatore della pandemia. Alto moltiplicatore, si chiude. Basso moltiplicatore, si apre. Altri paesi che oggi stanno riaprendo (Gran Bretagna) o che sono oggi più chiusi di noi (Francia e Germania) hanno tenuto e tengono conto di altro parametro: in gergo la prevalenza.

Prevalenza, cioè il moltiplicato. Cioè il numero reale di infetti cui si applica lo R con T, la capacità di infettare. Se Rt 1 e prevalenza mille uguale mille la relativa moltiplicazione. Se Rt sempre 1 ma prevalenza diecimila la moltiplicazione dà come risultato diecimila, e così via. Oggi in Italia circa seicentomila attualmente infetti diagnosticati, il che lascia obbligati a supporre almeno un altro milione di infetti non diagnosticati. Un milione e mezzo di prevalenza con Rt 1 oggi è almeno un milione e mezzo di nuovi contagiati tra due settimane.

Ma l’Italia, a differenza di altri paesi, questo tipo di conto non lo fa, misura solo lo R con T e quindi rischia di sbagliarli i conti complessivi. C’è chi sostiene questo calcolo mancato sia all’origine del ritardo temporale nei provvedimenti di chiusura e quindi della maggior mortalità da Covid da noi rispetto ad altri paesi. Di certo Francia, Germania e Gran Bretagna hanno fatto molto più lockdown di noi e hanno messo più di noi nel conto la prevalenza. Vincenzo De Luca, sempre più convinto di amministrare un regno a parte, ha annunciato che lui i vaccini “suoi”, dopo averli dati ai vecchi vecchi, non li darà agli anziani come da ordine del governo italiano ma li darà ai “suoi” cittadini in ordine di attività economiche da vaccinare.

Quindi negozi ed isole da vaccinare con i loro abitanti dentro perché negozi e isole fanno e portano soldi. Sulle isole da vaccinare prima degli anziani tutti tentati i Presidenti di Regione con isole, tutti contrari i presidenti di Regione senza isole a partire da Bonaccini e Zaia. E all’ordine del governo di vaccinare in rigoroso ed esclusivo ordine di età ogni Regione risponde come può e sa: nel Lazio si prenotano i sessantenni, in Lombardia sono dieci anni dietro, alla prenotazione dei settantenni, in Liguria si prenotano i cinquantenni. Gli ottantenni? Aspettano ancora molti di loro, un po’ dovunque. Ma non fa bello ricordarlo e quando non si può fare a meno di notarlo allora la colpa è dei vaccini che non ci sono. Non ci sono per vaccinare 15 milioni di persone tra oggi e metà maggio, ma per finire di vaccinare gli ottantenni i vaccini ci sono eccome. A saperli somministrare.

LUCIO FERO