di Franco Esposito

 

La grande beffa. E il grande spreco. Quello dei trasporti in Italia. Dovevano essere potenziati e in realtà qualche beneficio lo hanno ricevuto. Però minimo, addirittura risibile in rapporto a quelle che sono le necessità e alle attese che sembravano annunciare pioggia di soldi. Che ovviamente non c’è stata. Spesi 149 milioni per potenziare i trasporti. Solo una piccola parte dei due miliardi impiegati negli stanziamenti statali finiti ai ristori. Una bella fregatura.

Si torna a parlare di trasporti nel momento in cui gli studenti tornano a scuola e riaprono le attività. Un grosso problema, diventato gigantesco addirittura dopo più di un anno di covid. Cosa è stato fatto? Poco, quasi niente. I governi Conte e Draghi hanno stanziato per il trasporto pubblico un miliardo e 800 milioni, Soldi dirottati, in gran parte, verso il pagamento dei ristori legati all’emergenza delle aziende del Tpl. Le Regioni, come detto, hanno potuto utilizzare solo 149 milioni per il potenziamento delle linee e assicurare un maggior numero di mezzi nelle ore di punta.

Un dossier riferisce della distribuzione, da parte del governo Conte, di 300 milioni da spendere per servizi aggiuntivi. Ma solo 64 milioni destinati all’incremento di bus, metro, treni. Quest’anno sono già stati erogati e ripartiti 195 milioni indirizzati al rafforzamento del sistema e alla tutela dei passeggeri lavoratori senza che essi abbiano a rischiare assembramenti e ritardi. Le Regioni hanno completato in 85 milioni il costo della programmazione del servizio per i mesi da gennaio a giugno.

La Cgil chiede vaccini per il personale e rigidi controlli a bordo e alle fermate. “Senza sanzioni, non c’è norma che tenga, nessuno vigila che la capienza sia effettivamente al cinquanta per cento”. L’organizzazione sindacale spinge inoltre nella direzione del rinnovo contrattuale degli autoferrotranvieri. Il contratto è scaduto da più di tre anni. Uno sciopero è stato indetto dalla Cgil per il prossimo 1° giugno. La richiesta presentata è di un aumento dell’indicizzazione del salario al costo della vita.

Che cosa dice il dossier? Autobus e treni della metropolitana viaggiano a una capienza massima del cinquanta per cento. I passeggeri sono obbligati a indossare una mascherina chirurgica o di un livello superiore di protezione e a rispettare il distanziamento di un metro. Ma nessuno controlla. Più facile notare che le disposizioni vengono disattese nelle corsie più affollate. Il compito della vigilanza non tocca ai controllori, né tanto meno degli autisti.

Qualche azienda utilizza personale sulla banchina della fermata. Ma si tratta di casi rari. Sulle linee più frequentate nelle grandi città vengono utilizzati bus turistici. Lo scopo è assicurare lo svolgimento delle corse sostitutive di collegamenti a forte richiesta. Il decreto Sostegni del 22 marzo ha confermato lo sconto del cinquanta per cento sulla tariffa dei taxi a favore delle fasce con modalità ridotta o economicamente deboli.

Sui treni Intercity è possibile accomodarsi esclusivamente nella poltrona assegnata indicata sul biglietto. Il riempimento del vagone al cinquanta per cento della capacità viene fatto rispettare dal capotreno, ma spesso è affidato alla responsabilità del personale.

I collegamenti ferroviari, già prima della pandemia, non godevano di buona salute. I numeri dicevano questo: in nove anni l’offerta Intercity sì è abbassata del diciassette per cento; è peggiorata col covid, e nel corso del primo lockdown, tra marzo e aprile dell’anno scorso, si è verificato il taglio del trenta per cento dei treni in circolazione.

Si è bene attrezzata l’alta velocità. Filtri dell’aria, posti alternati e tamponi: le Frecce Rosse vanno. E vanno anche i treni di Italo. Obbligatori in entrami i casi l’autocertificazione a bordo a motivare gli spostamenti tra comuni in zona arancione e rossa. Trenitalia e Italo Ntv non possono vendere più del cinquanta per cento dei posti disponibili. Dal 16 aprile è iniziata la sperimentazione dei nuovi Freccia Rossa “Covid Free” tra Roma Termini e Milano Centrale. Può salire solo chi è in possesso di un tampone negativo eseguito 48 ore prima. Il test è possibile anche in stazione, presso il gazebo della Croce Rossa. Bisogna però arrivare sul poso almeno dieci minuti prima della partenza.

Trenitalia ha garantito 4.600 treni regionali. Alcune linee sono poi però tornate a essere frequentate da chi è impegnato in attività economiche, ospedali e servizi che non possono passare allo smart working. I disagi risultano quindi conseguenti nelle ore di punta. Corse soppresse, ritardi, folla.

Sugli aerei tutti i posti sono occupati grazie al Covid tested all’imbarco. Voli riservati solo a persone in possesso di un tampone negativo, molecolare o antigenico, effettuato 48 ore prima della partenza o direttamente in aeroporto. Al costo di venti euro. La compagnia di bandiera Alitalia ne aveva iniziato la sperimentazione tra novembre e dicembre per i voli Roma Fiumicino-Milano Linate. L’iniziativa è stata poi estesa, da inizio d’anno, verso Monaco di Baviera. Francoforte, New York, Atlanta. I passeggeri provenienti da queste città possono evitare la quarantena di quattordici giorni prevista dalla normativa italiana.

Da giugno scorso gli aerei sono tornati a imbarcare il cento per cento dei viaggiatori. È consentita l’occupazione di tutti i sedili grazie ai filtri Hepa, che assicurano una elevata purificazione dell’aria. Obbligatoria la mascherina chirurgica in cabina. L’obbligo vale anche per i voli “Covid Tested”. Come pure l’autocertificazione che attesta di non aver avuto contatti stretti con persone affette da virus. Il minimo nel tentativo di raggiungere il massimo della sicurezza.