DI LORENZO SANTUCCI

È “dall’inizio della pandemia che dico: mi dispiace per le morti, ma dobbiamo vivere”. Il mantra di Jair Bolsonaro rimane lo stesso e viene ribadito per l’ennesima volta nel suo discorso alla nazione rilanciato da radio e tv. “Il nostro governo considera non negoziabili il diritto a spostarsi, quello al lavoro e il libero esercizio dei culti religiosi”, ha affermato il presidente brasiliano citando i diritti costituzionali, a cui aggiunge, non senza polemiche, anche quello sportivo. Il Brasile ospiterà infatti la Copa America 2021, dopo che le prescelte Colombia e Argentina hanno preferito tirarsene fuori – la prima per l’instabilità politica che vive da settimane, la seconda per una preoccupante nuova ondata del virus. Non Bolsonaro che, a un anno dalle prossime elezioni, ha colto al volo questa opportunità.

Una decisione presa con l’intento di regalare alla popolazione una parvenza di normalità, ma che non guarda in faccia a un’emergenza sanitaria che parla di una media nei contagi pari a 60mila al giorno (95.601 solo oggi, nuovo record da marzo), 207mila vittime registrate negli ultimi tre mesi e un conto totale, purtroppo non definitivo, arrivato oltre 460mila. Numeri che fanno del Brasile il secondo Paese più colpito dalla pandemia dopo gli Stati Uniti. Ma Bolsonaro festeggia. L’accordo raggiunto tra AstraZeneca e FioCruz, uno dei centri di ricerca più importanti sul panorama internazionale, permetterà al Brasile di produrre vaccini, facendolo entrare “nell’élite di soli cinque paesi che producono vaccini contro il Covid nel mondo”. Un vanto che, però, non spegne le polemiche sulla gestione pandemica e la notizia della Copa America non può che infuocare un ambiente già caldo. Nelle ore successive all’annuncio, sono iniziati a circolare dei meme di una bara che calcia un pallone seguiti dall’hashtag #CovaAmerica, giocando sulla parola portoghese che tradotto significa tomba. “È un gol contro la vita”, ha parafrasato polemicamente l’ex ministro della Salute Luiz Henrique Mandetta, uno dei tanti silurati da Bolsonaro da quando è iniziata la crisi sanitaria. “La tomba delle Americhe sta arrivando molto più rapidamente dei vaccini o del buon senso”, ha proseguito amaro l’ex ministro, “solo il virus sta festeggiando”.

Dallo staff presidenziale fanno sapere che non ci sarà alcun rischio, in quanto la procedura sarà identica a quella della Copa Libertadores che già si sta giocando: le dieci squadre che prenderanno parte alla competizione potranno avere massimo 65 persone, tutte obbligatoriamente vaccinate, e nessun tifoso potrà entrare negli stadi di Brasilia, Mato Grosso, Goiás e Rio de Janeiro, dove è prevista la finale del 10 luglio. Il governo, quindi, non vede problematiche e considera ingiustificate le lamentele di chi chiede maggior prudenza. D’altronde, sottolinea il membro del gabinetto Luiz Eduardo Ramos, molto vicino a Bolsonaro, “si stanno giocando partite in tutto il Brasile”.

Finora, le felicitazioni per l’annuncio sono arrivate solamente dalla diretta interessata Confederazione di calcio sudamericana, la Conmebol, che sui social ha tenuto a ringraziare il presidente e i suoi ministri. Non dai governatori, alcuni dei quali hanno già annunciato il veto a disputare le gare sul proprio territorio, e non dalla comunità scientifica, apertamente contraria a una manifestazione che per essere realizzata metterebbe a rischio contagio un numero troppo elevato di persone. “È irresponsabile”, ha tuonato la direttrice dell’Instituto Questao de Ciencia, Natalia Pasternak. “Invia un messaggio che la pandemia è sotto controllo, che tutto va bene, che la vita è tornata alla normalità così possiamo andare a guardare il calcio. Non è questo il messaggio che vogliamo trasmettere”, ha continuato la microbiologa di San Paolo. Per descrivere l’impatto che potrebbe avere l’evento sportivo in un Brasile al collasso sanitario, viene in aiuto la battuta – poco ironica - utilizzata da Miguel Nicolelis, neuroscienziato della Duke University che ha seguito con attenzione l’evoluzione del virus nel Paese di cui è originario. “È come se Roma stesse bruciando e Nerone volesse una partita di calcio al Colosseo per festeggiare, una follia completa”, ha sentenziato. L’incredulità e lo scetticismo hanno coinvolto anche le opposizioni, con i senatori del gruppo di inchiesta, chiamato a dare risposte sull’operato del governo in merito alla pandemia, che hanno definito “illogico organizzare un evento internazionale” in una situazione di simile. “Sarà il torneo della morte”, ha detto l’ex presidente del Senato Calheiros che si è rivolto a Neymar, giocatore simbolo della nazionale verdeoro, affinché prenda una posizione netta, contraria a quella del governo, così come hanno già fatto in precedenza alcuni giocatori uruguayani nel loro Paese.

L’ultima volontà di Bolsonaro fa da eco a settimane di tensione, dopo che diverse testimonianze di alcuni ex esponenti del governo hanno confermato l’approccio negazionista e irresponsabile del presidente, convinto ad esempio che un farmaco antimalarico potesse essere una soluzione all’emergenza Covid. A inizio settembre scorso, ha raccontato il dirigente della Pfizer Carlos Murillo, l’amministratore delegato dell’azienda farmaceutica ha inviato una lettera a Bolsonaro e ad altri membri del suo gabinetto, tra cui l’allora ministro della salute Eduardo Pazuello, offrendo aiuto nella fornitura dei vaccini. Nessuna risposta è mai arrivata sul tavolo del colosso farmaceutico e, solo adesso, di fronte a un ritardo drammatico nella somministrazione delle dosi – appena il 10,55% della popolazione ha finito il ciclo – il governo ha firmato un accordo da 100 milioni di dosi, rivendicato come una vittoria da Bolsonaro nel suo discorso. “Quest’anno tutti i brasiliani, che lo desiderano, saranno vaccinati. Questi vaccini sono stati approvati dall’Anvisa”, (l’Agenzia Nazionale di Sorveglianza Sanitaria), ha garantito il presidente mentre elencava le varie misure da lui prese per fronteggiare la crisi economica. Stimoli all’economia sono arrivati dalla legge sul Gas, dal Quadro Legale per l’Igiene, dalla Misura Provvisoria per la Libertà Economica e dalle aste per autostrade, porti e aeroporti. “Ieri la Borsa ha battuto un record storico, la valuta brasiliana si sta rafforzando e stiamo avanzando nel difficile processo di privatizzazione”, ha tenuto a ricordare. “Le aziende statali, in passato, hanno perso decine di miliardi di reais a causa della corruzione sistemica e diffusa. Oggi sono redditizi”.

Insomma, ad ascoltare le parole di Bolsonaro il Brasile sembrerebbe essere in piena fase di ripresa, ma le scene che vanno in onda da giorni dalle città parlano di un’altra realtà parallela. Mentre, tempo addietro, al rumore delle motociclette fatte sgasare nei raduni dei sostenitori del presidente gli oppositori rispondevano con quello di padelle e pentole sbattute dalle finestre anche per evitare assembramenti, adesso l’insofferenza è arrivata al culmine e la strada è diventata il luogo di protesta. Un malessere diffusosi non solo per il modo in cui è stata affrontato il coronavirus, ma anche per i vari scandali che hanno coinvolto più o meno direttamente l’esecutivo. Soldi mal gestiti - come quelli per i trattori acquistati a prezzi esorbitanti, superiori del 259% rispetto al valore reale secondo il quotidiano Estadão – e indagini per approfondire le torbide autorizzazioni a esportare legname dall’Amazzonia sono solamente gli ultimi due. Che, comunque, hanno avuto il loro peso nel giudizio dell’opinione pubblica nei confronti del loro presidente, sceso dal 30% dei consensi di marzo all’attuale 24%. E se i numeri dei sondaggi possono lasciare il beneficio del dubbio sul reale sentimento degli elettori, quelli sulla crescita della povertà sono oggettivi e preoccupanti. Da uno studio condotto da alcuni ricercatori brasiliani sugli effetti della pandemia, emerge come nel 2020 il 55% della popolazione, circa 117 milioni di persone, ha subito una qualche condizione di insicurezza alimentare. Un aumento di oltre 30 milioni rispetto a quelle del 2018, anno in cui Jair Bolsonaro è stato eletto e quando a soffrire la fame erano 9 milioni di abitanti, contro i 19 attuali. Nel trimestre tra dicembre e febbraio la disoccupazione, di cui Bolsonaro non si sente responsabile ricordando anzi come “il nostro governo non ha obbligato nessuno a restare a casa, non ha chiuso attività commerciali, non ha chiuso chiese o scuole e non ha tolto il sostentamento a milioni di lavoratori informali”, è arrivata al 14,4%, in aumento del 2,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente – quando il Covid sembrava essere una questione legata esclusivamente all’Oriente. La scusante del Covid utilizzata da Bolsonaro, che sicuramente ha pesato su una società fortemente diseguale, è stata smitizzata dagli economisti che, in una letteraindirizzata al presidente, avevano messo nero su bianco come l’attività economica non può riprendersi in una emergenza incontrollata. Altri studi hanno dimostrato come chiudere prima avrebbe significato anche rialzarsi in minor tempo. La scelta del governo è stata, invece, l’opposto.

A un anno dalle elezioni, Bolsonaro si ritrova a dover far fronte a un consenso sceso ai minimi e a continue proteste da parte della popolazione, falcidiata da una crisi sociale, economica e sanitaria senza fine. Ma alle sue richieste di una vita migliore, il presidente ribadisce imperterrito il suo mantra del dover tornare a vivere, anche se questo sta comportando tutt’altro.