Di FRANCO ESPOSITO

Arretra la spesa degli italiani. Gelano i consumi. Il deficit riporta il Paese indietro di venti anni. L’arretramento pare abbia un unico colpevole chiaramente individuato: il Covid. La denuncia è dell’Istat. In materia di consumi si torna al livello di acquisti del 2000. Quando, sugli scaffali di supermercati e negozi c’erano in bella mostra i registratori e si pagava in lire. Crollano le spese per i settori che hanno conosciuto le maggiori restrizioni durante la pandemia, tra lockdown e zone rosse. La sensazione trova ampia conferma nel report annuale dell’Istat sui consumi. Niente ristoranti, pochissimi spettacoli, cinema e teatri, meno treni e aerei. Grande attenzione a non spendere per camicie, scarpe, pantaloni. La spesa media delle famiglie nel 2020 è crollata del nove per cento rispetto al 2019. Un arretramento clamoroso, mai di queste proporzioni da quando l’Istat realizza le sue storiche indagini. La prima nel 1997. Oggi la metà delle famiglie italiane non arriva a spendere duemila euro al mese. In picchiata rovinosa – meno 26,4% - gli spettacoli e la cultura. Male anche il trasporto, -24,6% e il settore dell’abbigliamento e calzature con perdite dell’ordine del 21,3%. Ma c’è anche qualche settore in crescita. I prodotti alimentari (+20%) e le bevande. I dati si riferiscono al consumo totale mensile. Ma la cosa che in definitiva impressiona di più è che siamo tornati indietro di venti anni. I consumi familiari del 2020 sono infatti gli stessi del 2000. Un balzo all’indietro di venti anni in un anno. Nei periodi di crisi più acute si erano avute al massimo contrazioni del sei per cento. Il tempo del “restate a casa” ha incrementato la spesa per alimentari ed abitazioni. Per alimentari e bevande si sono spesi nel 2020, mediamente, 468 euro al mese; per la casa circa 900, tutto incluso. Ma il portafoglio diventa soggetto di clamorosi mutamenti fuori della casa, a causa della cancellazione di viaggi e del tempo libero. Si è stabilita una sorta di livellamento dei divari territoriali e delle differenze tra ricchi e poveri. Al Nord con il -10,2%; il Nord Est è al -9,5; il Sud con il suo -8,2%; le isole accusano un meno 5. Conclusione: dove si spendeva di più si è tirata la cinghia. Nel Sud-Est si spendono mediamente 2.525 euro al mese. Al Sud il massimo calcolato è di 1.898. Addirittura 1.700 euro in Puglia e Basilicata. Istat sottolinea un dato che accumuna il mare e la montagna, al Settentrione come al Sud. Un autentico salto nel passato. Come se l’Italia si fosse paralizzata, congelando le abitudini. Diventa così palese la rinuncia al cambiamento e ad un qualsiasi sguardo sul futuro. L’Italia sembra essersi ripiegata su se stessa. Il quel 31 dicembre 1999 cominciava un anno, un secolo, un millennio. Chi c’era ha provato la sensazione dell’avvento di un evento epocale. C’era ancora la lira, l’euro esisteva solo sulla carta. Per scattare una foto ci voleva il rullino e la stampa e per poterla vedere era necessario aspettare giorni, settimane. I social non esistevano. Collegarsi a Internet, lentissimo, costava un occhio di bolletta. I cellulari erano scatolette metalliche. Il Nokia 3210 si aggiornava ogni anno; faceva a gara con Il Motorola Startac con gli sportellini. Per gli sms si aspettavano le feste natalizie. Nel paniere Istat c’era il walkman, c’erano i cd e i floppy disc. Il noleggio dei film in videocassetta. Niente smartphone e niente tablet. Questo era il Duemila, tutto molto era più lento. Ma quelli nati in quei tempi, oggi adulti, sanno niente di Fiorello che canta al karaoke. Ma spendevano e spandevano. Adesso è cambiato tutto. Ma è come se non fosse cambiato nulla. Ma una parvenza di ripresa c’è, esiste, ci sarà? “è arrivata, ma adesso il pericolo è l’impennata dei prezzi”, avverte Patrizio Podini, leader nei discount, usciti molto bene dalla pandemia. Sono cambiati i consumi. Si vendono più vini, più liquori, più surgelati. Si sono incrementate le vendite per preparare dolci e pizze in casa. Le famiglie non potevano andare al ristorante. Ma ora che le cose sono cambiate la situazione sta prendendo un’altra piega. Ristoranti, bar e stabilimenti balneari presi d’assalto nel momento in cui le restrizioni sono state abolite. Ma la luce vera – prevedono gli esperti – la vedremo solo alla metà del 2022. “Ma tutti devono capire – sostiene il leader di discount – che non si può rifiutare il lavoro perché si ritiene più conveniente percepire un reddito assistenziale di qualche tipo”. Meditiamo tutti, gente, meditiamo.