Entro la fine del 2021 l’Italia dovrà approvare la riforma della giustizia, la riforma degli appalti pubblici, l’estensione del superbonus, spending review e altre iniziative sul turismo. In sostanza, 20 riforme e 30 piani di investimento, calcola la Commissione Europea, ma non la riforma fiscale sulla quale “a Roma c’è ancora discussione”.

È con questa prima griglia di compiti da fare che oggi il piano italiano di ripresa e resilienza ottiene l’ok di Bruxelles. Solo la riforma fiscale non ha scadenze, perchè “il progetto è ancora in discussione”, dicono gli addetti ai lavori in Commissione. Il resto però è un susseguirsi di date e rate, le prime da rispettare per ottenere gli esborsi del Next Generation Eu, che per l’Italia ammontano a  191,5 miliardi del piano italiano, di cui 68,9 miliardi in sussidi e 122,6 miliardi in prestiti.

Entro giugno del 2022 l’Italia dovrà rispettare altri 60 target, per metà investimenti e per metà riforme, tra cui l’accelerazione delle procedure di efficienza energetica, la riforma della professione dell’insegnamento, la digitalizzazione del sistema scolastico, riforme per le start up, misure contro l’evasione fiscale. In totale, da qui al 2026, gli obiettivi da rispettare sono 525.

È questo il quadro dei compiti da fare che accompagna l’approvazione del Pnrr italiano. Lo chiariscono  da Palazzo Berlaymont, mentre la presidente Ursula von der Leyen è in visita dal premier Mario Draghi a Roma per portargli la pagella della promozione, con tanto di cerimonia a Cinecittà, in sottofondo le sinfonie di Ennio Morricone. Soldi che devono essere “spesi tutti e spesi bene in maniera efficiente, efficace e soprattutto con onestà”, dice il premier. “Questo è un momento speciale per l’Italia e per l’Ue - dice von der Leyen - la campagna vaccinale sta andando bene come anche la squadra azzurra” agli Europei e “tutta l’economia sta riaprendo. Il Next Generation Eu è il pacchetto di investimenti più consistente d’Europa, più del piano Marshall. Avete l’appoggio totale della Commissione Europea”, ma “questa non è la fine del nostro percorso semmai è l’inizio: sarà dura ma saremo con voi passo passo”.

“L’idea è di procedere alla massima velocità”, dice Draghi, scadendo così la programmazione dei primi provvedimenti: “Entro giugno presenteremo un disegno di legge delega per la riforma degli appalti e delle concessioni. A luglio la legge sulla concorrenza. La riforma della giustizia dovrebbe arrivare a giorni in consiglio dei ministri”.

Ok della Commissione al piano italiano, dunque, che insieme ad altri 11 piani nazionali tra cui la Germania (oggi), la Francia (domani), la Spagna (la settimana scorsa) ha ora il cartellino verde di Bruxelles e tra quattro settimane dovrebbe ricevere l’ok del Consiglio Europeo. La prima tranche di soldi, l’anticipo di 24,9 miliardi, dovrebbe arrivare già in estate ma una parte potrebbe slittare, dipende da quanto la Commissione riuscirà a raccogliere sul mercato per mettere insieme i 750mld di tutto il pacchetto di investimenti, debito comune europeo seppure ‘una tantum’ almeno per ora. Finora la prima emissione di bond ha raccolto 20 miliardi di euro. Il totale del pre-finanziamento per tutti e 12 i paesi che stanno ottenendo l’ok sui piani nazionali ammonta a 51 miliardi.

La riforma della giustizia è contenuta nelle raccomandazioni di Bruxelles per l’Italia del 2019, nonché in quelle precedenti. È una vecchia richiesta della Commissione, finora mai rispettata. Si tratta di velocizzare i tempi di esame delle cause, roba per cui verranno “assunte 25mila persone nei tribunali”, specificano da Bruxelles. Ma “si tratta anche di una riforma olistica”, nel senso che “non si risolverà adottando solo una legge”, specificano le fonti europee, bensì “continuando a fare investimenti su tecnologia e formazione da qui al 2026”, il termine entro cui gli Stati membri dovranno mettere a frutto le risorse del recovery fund.

“Se riscontriamo deviazioni dalle scadenze del piano, se vediamo che dei target non sono rispettati - specificano da Bruxelles - allora sarà necessario discuterne per quanto riguarda gli esborsi futuri, ma si spera di non arrivarci mai”. Anche perché questo segnerebbe il fallimento per il Next Generation Eu, il pacchetto di aiuti europei messo in campo l’anno scorso in seguito alla crisi pandemica ma volto a trasformare le economie di tutti gli Stati europei in senso ‘Green’ e digitale.

Per ora, la fiducia nella riuscita del piano italiano è ampia. “Lo abbiamo approvato in meno di due mesi rispetto alla data di presentazione” a fine aprile, dicono fonti della Commissione, “perché c’è stata una buona collaborazione con le autorità italiane e perché questo è un buon Pnrr”. Se il piano approvato sarà messo in pratica secondo le scadenze previste, potrà produrre 240mila posti di lavoro entro il 2026, secondo le stime della Commissione. E potrebbe essere la molla per far aumentare il pil italiano di 17 punti percentuali tra 20 anni.

Ma il piano promosso, specificano le stesse fonti europee, non è molto diverso da quello presentato a gennaio dal governo Conte. “Non c’è stato alcun cambiamento sostanziale, la versione discussa con Conte si ritrova anche nella versione del nuovo governo”, ad eccezione della “attuazione del piano”, e cioè “la semplificazione delle procedure degli appalti pubblici, per togliere le strozzature e migliorare l’assorbimento dei fondi”, e della “governance, a livello politico e operativo per la gestione del piano”, ora affidata alla regìa di Palazzo Chigi e del Mef.

Il Pnrr italiano riserva il 37 per cento degli investimenti alla transizione verde, esattamente quanto previsto dalle regole del Next Generation Eu. E garantisce il 25 per cento delle risorse al digitale, superando la soglia minima prevista del 20 per cento. In entrambi i settori, pilastri fondamentali del Next Generation Eu, ci sono state delle modifiche nel corso delle interlocuzioni tra Roma e Bruxelles.

Per esempio, la Commissione ha chiesto di inserire un capitolo sulle biodiversità, che non era presente nella versione iniziale del piano. Adesso invece, alla difesa delle risorse marine, alla forestazione e anche il ripristino di alcune zone del Po, è dedicato un investimento di 1 miliardo e 200 milioni di euro.

Al contrario, la Commissione Ue ha cassato dalla versione originale del Pnrr una serie di misure che “non consideravamo veramente digitali e investimenti sui quali non abbiamo ottenuto le rassicurazioni necessarie che non avrebbero rispettato il principio del ‘do no harm’ all’ambiente”, in quanto ogni azione del Next Generation Eu non deve nuocere alla sostenibilità ambientale. Per esempio, “il rinnovamento del materiale rotabile dei treni, non era sempre chiaro che si parlasse di veicoli a bassa emissione di co2”.

L’Italia ha però ottenuto uno ‘sconto’ in termini di scadenze sulla riforma fiscale. “Ridurre l’onere fiscale è obiettivo compreso nel piano - precisano dalla Commissione - il governo ha indicato l’intenzione di varare una riforma della tassa sul reddito individuale nel 2021 ma sono in corso discussioni in Parlamento. E visto che la riforma è in corso di progettazione, non ci sono né target, né scadenze ma un riferimento generale”.

Green e digitale: i progetti

Nello specifico, il capitolo ‘mobilità sostenibile’ prevede 32,1 miliardi di euro di spesa, per: “integrare più regioni nella rete ferroviaria ad alta velocità e completare i corridoi ferroviari merci; promuovere il trasporto locale sostenibile attraverso l’estensione di piste ciclabili, metropolitane, tram e autobus a emissioni zero, compresa la costruzione di stazioni di ricarica elettrica in tutto il paese e punti di rifornimento di idrogeno per il trasporto stradale e ferroviario”.

Alcuni esempi pratici: il Pnrr italiano prevede la realizzazione di 540 km di rete ferroviaria ad alta velocità, la modernizzazione di 2000 km di altre reti ferroviarie in particolare al sud, l’ammodernamento di 38 stazioni. Nel piano c’è anche la realizzazione di 13mila stazioni di ricarica per le auto elettriche e 365 km di piste ciclabili.

Sono 12,1 i miliardi di spesa prevista per il capitolo “Efficienza energetica negli edifici residenziali”, tra finanziamento della “ristrutturazione su larga scala per renderli più efficienti dal punto di vista energetico. Secondo le stime della Commissione, saranno interessati 35 milioni di metri quadri di abitazioni con un risparmio energetico del 30 per cento. Quanto all’edilizia scolastica, si prevede che 3,5 milioni di metri quadri saranno interessati agli stessi interventi di riqualificazione energetica.

“Energie rinnovabili ed economia circolare”: prevista una spesa di 11,2 miliardi per: “sviluppare la produzione e incentivare l’uso di energie rinnovabili compreso l’idrogeno verde come oltre ad aumentare il riciclaggio, ridurre i rifiuti in discarica e migliorare la gestione dell’acqua”. In sostanza, specificano dalla Commissione, l’Italia si impegna a realizzare impianti di energia rinnovabile offshore per 200 megawatt e aumentare la capacità della propria rete energetica di 4000 megawatt.

Sono 6,7 i miliardi di investimenti destinati allo “sviluppo di reti ultraveloci e 5G” per “favorire la connettività a 1 Gbps in tutto il Paese e fornire la copertura 5G lungo 2.600 km di corridoi 5G e 10.000 chilometri di strade. Altri 13,4 miliardi per la “Digitalizzazione delle imprese” al fine di “promuovere l’adozione delle tecnologie digitali da parte delle imprese attraverso un regime di credito d’imposta volto a sostenere e accelerare la loro trasformazione digitale. Infine, il capitolo “Digitalizzazione della pubblica amministrazione”, per “costruire un’infrastruttura cloud nazionale sicura, garantire l’interoperabilità delle piattaforme e dei servizi dati e favorire un’adozione diffusa dei principali servizi pubblici digitali” ha una dotazione di 6 miliardi di euro. La Commissione stima che saranno 60mila le aziende coinvolte, 8 milioni e mezzo le abitazioni che verranno collegate alla rete, 9mila scuole saranno digitalizzate.

“La Commissione ritiene che il piano dell’Italia includa un’ampia serie di riforme e investimenti che si rafforzano a vicenda e che contribuiscono ad affrontare efficacemente tutte o una parte significativa delle sfide economiche e sociali delineate nelle raccomandazioni specifiche per paese (RSI) rivolte all’Italia da il Consiglio nel semestre europeo nel 2019 e nel 2020”, annota Palazzo Berlaymont.

L’Italia è uno dei sette paesi europei ad aver chiesto anche prestiti, oltre che sussidi. Gli altri sono: la Grecia, la Romania, la Polonia, il Portogallo, la Slovenia e Cipro. La maggioranza degli Stati membri ha chiesto solo sovvenzioni a fondo perduto, tra cui anche la Germania (25,6 miliardi).