Ogni tanto rispunta fuori l’idea di abolire la tanto vituperata ora di Religione cattolica nelle scuole pubbliche. Stavolta è una mozione parlamentare sostenuta da Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle, Liberi e Uguali, Più Europa e alcuni ex grillini passati al Gruppo Misto a riportare la questione all’ordine del giorno. Secondo i promotori dell’iniziativa, l’insegnamento confessionale della Religione cattolica nelle scuole dovrebbe essere sostituito con insegnamenti più laici, come lo studio della Storia delle religioni. Questo al fine di arricchire l’offerta didattica in termini di discipline storiche – colpevolmente ridotte al minimo dalla riforma Gelmini – e di favorire l’inclusività della scuola. Non si fa attendere la replica degli oppositori del summenzionato provvedimento, che per bocca della parlamentare di Fratelli d’Italia, Carmela Bucalo, gelano l’ipotesi di cancellare l’ora di Religione cattolica sostenendo che ciò andrebbe a detrimento dell’identità nazionale italiana – fortemente influenzata dai valori del Cattolicesimo – e avrebbe un impatto disastroso sul comparto scuola in termini occupazionali: ventiseimila docenti di Religione rimarrebbero senza lavoro e non potrebbero insegnare nient’altro, essendo questi, il più delle volte, provvisti solo del Titolo pontificio e non statale che, in virtù del Concordato, li abilita all’insegnamento. Per certi versi, il dibattito sull’opportunità di insegnare la Religione cattolica nelle scuole pubbliche – se così si può dire, dato che, purtroppo, molto spesso viene percepita dagli studenti come una sorta di “ora di relax”, più utile a ripassare per la verifica di Matematica o di Inglese dell’ora successiva, che non ad apprendere i fondamenti della fede cristiana – ricorda quello sulla necessità di tenere o rimuovere i crocifissi dai luoghi pubblici. Discussioni basate sul nulla, sull’ideologia e sostanzialmente sull’odio viscerale che taluni nutrono nei confronti del Cristianesimo, dei suoi valori e dei suoi simboli. Ha ragione la parlamentare di Fratelli d’Italia quando dice che si tratta dell’ennesimo attentato all’identità nazionale, che dal Cristianesimo – specialmente nell’interpretazione romana, cioè cattolica – attinge molti delle sue qualità fondamentali e caratterizzanti. Difficilmente possiamo concepire un Occidente, un’Europa e un’Italiasenza crocifissi, chiese, monasteri, rosari, citazioni evangeliche e principi morali mutuati da quella dottrina. Senza Cristianesimo non esiste Italia, non esiste Europa e non esiste Occidente. E forse è proprio questo l’obiettivo delle sinistre che odiano la nostra storia, la nostra cultura e tutto ciò che da quella cultura deriva e discende: democrazia e capitalismo inclusi. Abbiamo bisogno di un’identità, perché solo attraverso di essa gli individui possono “simpatizzare” gli uni con gli altri, immedesimarsi reciprocamente, comprendersi, relazionarsi e stringere legami significativi: si tratti di amicizia, di unione sentimentale, di contratti o di partecipazione alla vita pubblica, tutti i rapporti umani si basano sul riconoscersi, sull’avere qualcosa in comune, dunque sulla capacità di identificarsi e di essere in sintonia. Nel nostro caso, il fatto di aver subito tutti – inclusi i non credenti – l’influenza dei valori cristiani fa del Cristianesimo una parte fondamentale della nostra identità e un carattere essenziale di tutte le società occidentali. Pensare di sostituire l’ora di religione cattolica con un’ora di Storia delle religioni è semplicemente assurdo, dal momento che una sola religione in particolare ha fatto la nostra storia e ha plasmato i nostri costumi e le nostre abitudini, mentali e comportamentali: il Cristianesimo. La cosa ancor più ridicola è che tali crociate anti-cristiane vengano quasi sempre intraprese in nome di una laicità del tutto travisata e malintesa. Il principio di laicità si limita ad affermare la separazione tra Stato e Chiesa, tra politica e religione: per cui lo Stato non può occuparsi di questioni spirituali e non può informare la sua legge ai precetti religiosi e la Chiesa, dal canto suo, non può occuparsi di questioni politiche e non può pretendere che la legge recepisca o faccia propri i valori religiosi. Si tratta di un principio sacrosanto dello Stato liberale che nell’ordinamento italiano è già presente: la Costituzione stessa stabilisce l’indipendenza dello Stato dalla Chiesa e viceversa. La presenza del Concordato non inficia minimamente questo principio, dal momento che ciascuno rimane libero di credere o non credere, di credere a modo proprio o di aderire a un’altra confessione religiosa. Semplicemente, la posizione di preminenza che il Cattolicesimo trova nell’ordinamento costituzionale è il riconoscimento di un dato di fatto: che la fede cattolica ha plasmato molti dei valori e dei costumi della società italiana e che essa esercita sulla coscienza collettiva, sulla mentalità comune, un ruolo preponderante che sarebbe ingiusto e insensato non riconoscere. Piaccia o non piaccia l’Italia era e rimane un Paese (a maggioranza) cattolico: anche i non praticanti (e persino alcuni atei) riconoscono comunque che quei determinati valori hanno una loro importanza che costituiscono dei punti di riferimento. Rimuovere l’ora di religione – si dice – avrebbe un valore più che altro simbolico: per l’appunto, significherebbe sancire definitivamente la rinuncia dell’Italia a uno dei pilastri della sua tradizione culturale. Sarebbe un segnale devastante. Molte volte l’impressione è che si faccia volutamente confusione tra il concetto di “laicità” e quello di “laicismo”. Il principio di laicità è il giusto equilibrio tra due estremi: il confessionalismo e il laicismo. Se il confessionalismo sostiene la necessità di subordinare la politica alla religione, il laicismo sostiene l’esatto contrario, cioè la subordinazione della religione alla politica. Al contrario, il laico concepisce le due cose come destinate a coesistere e a collaborare, pur restando ciascuno libero e sovrano nella propria sfera d’influenza. Quello che i laicisti vorrebbero non è uno Stato laico, vale a dire neutrale sulle questioni etico-religiose – rimesse invece alle credenze, alle opinioni e alle scelte dei singoli cittadini – ma una sorta di ateismo di Stato sul modello sovietico o cinese, dove la religione non deve avere alcuno spazio nella vita pubblica e privata delle persone (salvo che non sia funzionale all’ideologia, come quando si cita impropriamente il Vangelo per promuovere l’invasione migratoria e l’accoglienza suicida), in cui ogni riferimento a Dio deve essere cancellato. Ebbene, lor signori vadano a vivere in Cina se quel modello è per loro fonte d’ispirazione: da liberale cattolico, mi tengo stretti il crocifisso e l’ora di religione.