di Stefano Ghionni

Ci sono uomini dediti alla res publica (leggasi cosa del popolo) che stanno mettendo la propria esperienza al servizio dell’Italia. Ci sono poi mestieranti della politica che per volere ‘divino’ (o meglio di… elevazione) da anni oramai mettono a disposizione del BelPaese nient’altro che niente, se non promesse 'buone' in campagna elettorale che poi non hanno trovato risposte nella vita reale (a parte l'assistenzialismo cui saremmo bravi tutti). Ci sono uomini che pur di dare una mano sono scesi in campo con il solo obiettivo di risollevare le sorti di un Paese davvero malato (e non solo di Coronavirus) rinunciando anche qualcosa dal punto di vista economico. Ci sono personaggi che pur di non tornare a far fotocopie, a vendere bibite o a compilare moduli di constatazioni amichevoli, se ne inventano di ogni, diventando specialisti di tripli salti carpiati o di arrampicamento agli specchi perdendo faccia e dignità (ma conservando potere e soprattutto stipendi niente male). Inutile fare i nomi, il concetto sembra chiaro. Fatto sta che oggi siamo certi che Mario Draghi (a proposito di dedizione alla Patria) ogni notte, oppure ogni mattina, si metterà le mani nei capelli quando pensa da chi è composto che l’esecutivo che lui guida. E difatti i risultati si vedono con un caos, all’interno del governo, che sembra non trovare fine. In un momento così, dove c’è bisogno di unità più che mai per affrontare il post-pandemia, con gente che non arriva a fine mese e licenziamenti alle porte non appena sarà possibile, ecco assistere all’incredibile teatrino tra il comico Beppe Grillo e quello che si definì come l’avvocato del popolo, Giuseppe Conte. Con relativo disfacimento di quello che fu il MoVimento 5 Stelle, con i relativi rappresentanti (soprattutto quelli al secondo mandato) che non hanno che un pensiero: restare in sella al potere. Ai tempi delle belle parole, quello del politico non doveva essere un mestiere, ma dopo un paio di mandati appunto bisognava lasciare a nuovi iscritti pentastellati, della serie uno vale uno. Certo, come se un certo Toninelli valesse Draghi, tanto per dire. Ma è tutto il contesto che non va. Il ministero degli Esteri, per esempio, prende schiaffi a destra e a manca, dal caso Giulio Regeni a quello di Patrick Zaki, dai rapporti tormentati con la Libia senza dimenticare lo stesso assassinio di Luca Ventre all’ambasciata italiana di Montevideo. E poi gli accordi sulle prossime amministrative che poi diventano disaccordi, dal Pd che riesce incredibilmente a candidare più personaggi della sua area per esempio a Roma con l’inevitabile fatto che si toglierà voti tra di loro stessi. E che dire del Decreto Zan che ha fatto infuriare anche il Vaticano, nonché litigare un giorno sì e un giorno anche la maggioranza per differenze di vedute? Povero Draghi, alle prese con l’inaffidabilità e l’incoerenza di tante persone al governo o che vi vorrebbero infilarsi. Enrico Letta? Il 12 marzo si è candidato alla guida del Partito democratico, eppure appena qualche giorno prima aveva detto che non ci pensava proprio, preferiva restare a Parigi a insegnare. Coerente, vero? E Conte? Giusto un anno fa aveva detto che al termine del suo mandato da premier, sarebbe tornato a fare l’avvocato? Forse siamo ancora dei… conservatori, ma noi ci fidiamo ancora di chi ha una sola parola. Senza repentini cambi di idea. Come vediamo in questo governo. Povero Draghi, da quanti pescecani si deve guardare…