La Domus Aurea, dopo un anno di chiusura, ha riaperto le proprie porte con un percorso completamente rinnovato e una mostra interattiva e multimediale dal titolo "Raffaello e la Domus Aurea. L'invenzione delle grottesche", in programma fino al 7 gennaio 2022. L'imperatore Nerone, dopo il devastante incendio del 64 d.C., che distrusse gran parte di Roma, iniziò la costruzione di una nuova residenza, che per sfarzo e grandiosità passò alla storia con il nome di Domus Aurea.

Le parti oggi visitabili sono quelle sul Colle Oppio: ambienti probabilmente destinati a feste e banchetti che furono interrati rimanendo sconosciuti sino al Rinascimento. Solo allora, dopo alcuni ritrovamenti fortuiti, nel 1480 artisti appassionati di antichità iniziarono a calarsi dall'alto in quelle "grotte sotterranee", per copiare i motivi decorativi che conservavano e che, proprio dalla loro collocazione, presero il nome di "grottesche". Ancor oggi il termine di "pittura a grottesche" è utilizzato per indicare un genere, diffuso soprattutto nel XVI secolo, che riprende, rielaborandoli e reinterpretandoli in maniera ludica e fantasiosa, i motivi della decorazione parietale romana.

I pittori scesero nelle caverne, attraverso le crepe dei riporti di terra con i quali l'imperatore Traiano aveva seppellito il palazzo di Nerone per realizzarvi sopra le proprie Terme. E illuminarono con le torce un catalogo sommerso di affreschi antico romani: scene mitologiche, amorini, festoni di frutta e fiori, animali fantastici, orridi e mostruosi, ingentiliti però da vividi colori. Non sapevano che si erano intrufolati nella Domus Aurea, quella sarebbe stata scoperta di secoli successivi. Adesso con una passerella illuminata entriamo in questo ambiente pieno di meraviglie dell'antico, mentre la musica domina.

La mostra "Raffaello e la Domus Aurea", curata da Vincenzo Farinella e Alfonsina Russo con Stefano Borghini e Alessandro D'Alessio, promossa dal Parco archeologico del Colosseo e prodotta da Electa, avrebbe dovuto essere inaugurata il 6 aprile 2020 per celebrare i 500 anni dalla morte del pittore. Adesso apre finalmente le porte con la possibilità di visitare uno dei monumenti simbolo della Roma antica, poco distante dal Colosseo, con un nuovo ingresso in viale Serapide, realizzato dall'architetto Stefano Boeri, ricavato in una delle gallerie sotterranee originarie delle Terme di Traiano.

"La mostra – ha detto il ministro per i beni culturali Dario Franceschini, all'inaugurazione, - si tiene in vista del prossimo G20 della cultura qui al Colosseo. Dimostra che l'Italia investe sul futuro. Abbiamo arricchito un luogo straordinario e unico che lascia tutti a bocca aperta anche grazie a un intervento contemporaneo di qualità che svolge una funzione e al tempo stesso si concilia con tutela e conservazione. Ora dobbiamo rendere stupendo anche il fuori, lavorando sulla sicurezza del Colle Oppio".

I visitatori entrano nella grande Sala Ottagonale, capolavoro dell'architettura romana, con una proiezione ruotante di immagini astrologiche ispirate al globo dell'Atlante Farnese. Il sottofondo musicale evoca strumenti e suono dell'epoca antica. Si procede negli altri "segreti" dell'edificio, così come la scoprirono Pintoricchio, Sodoma, Filippino Lippi e Signorelli, che per primi videro la pittura antica sepolta nelle grottesche. Poi è stato Raffaello, nel 1515, convinto da Giovanni da Udine, a calarsi nelle grotte rimanendo folgorato di fronte alle immagini che rimbalzavano dalle possenti mura, da quell'opus reticulatum che ancora, rinserrato come venti secoli fa, ci testimonia la maestria costruttiva dei romani. Alimentando il proprio talento innovatore, Raffaello compose uno studio su queste decorazioni parietali antiche riproponendole come "decorazione globale" di ambienti progettati in chiave antiquaria. E alla Domus si ritrova questo racconto inedito con la ricostruzione della Stufetta del Cardinal Bibbiena all'interno del Palazzo Apostolico (non visibile al pubblico nei Musei Vaticani) creato nel 1516 su disegno di Raffaello, un piccolo gioiello in cui l'artista diede vita a una decorazione integralmente all'antica, giocando con stucchi, affreschi, marmi policromi.

E poi lo splendido calco antico del Laocoonte, il gruppo scultoreo rinvenuto nel 1506 in uno spazio sotterraneo che si trovava nella stessa area del palazzo neroniano e la grande semisfera animata da creature mostruose per comprendere l'influenza esercitata dalle grottesche su artisti surrealisti come Victor Brauner, Salvador Dalì, Max Ernst, Joan Miró e Yves Tanguy. Si incontrano quindi alcuni reperti recentemente restaurati e provenienti dai depositi, come le sculture della musa Talia, aggiunta alla Tersicore già esposta, un'Amazzone, imponenti capitelli e un pilastro in marmo. "Nel percorso si possono vedere elementi scultorei ed architettonici valorizzati dalla nuova illuminazione realizzata da Erco che ripropone gli espedienti usati dagli architetti neroniani per captare la luce anche nei punti più bui" sostiene Alfonsina Russo, direttrice del Parco Archeologico del Colosseo.

Dalle scoperte di quei pittori le grottesche si diffusero in tutta Italia, in Europa, perfino in un convento nella città messicana di Ixmiquilpàn. Ecco allora, dietro un altro velario, un mappamondo virtuale e una consolle interattiva che le localizza nelle interminabili Gallerie degli Uffizi, a Palazzo Te di Mantova, in Baviera nella residenza del Duca Luigi X, e fino alla Alhambra di Granada e a Fontainebleau.

di Marco Ferrari