di Gabriella Cerami

Giuseppe Conte si muove sul suo terreno, quello della giustizia. “Non canterei vittoria”, ironizza, quasi a voler ridicolizzare e sfidare i ministri grillini soddisfatti invece per l’accordo raggiunto ieri con Marta Cartabia sulla reintroduzione della prescrizione. Parte da qui l’ex premier che in ogni sua uscita divide ulteriormente i pentastellati, in un momento di grande incertezza, in cui M5s è politicamente allo sbando, senza guida. Talmente senza rotta che c’è chi inizia a parlare di fuga dal governo, e non è più solo Alessandro Di Battista a farlo. Conte però non strappa, ma appare ancora lontano un accordo con Beppe Grillo che possa portarlo alla guida del Movimento. Si lavora alla mediazione, ma c’è il rischio che fallisca ancora una volta. Di certo servirà altro tempo.

Il nuovo caos giustizia porta all’ennesima resa dei conti, un’assemblea urgente dei senatori e dei deputati che si terrà domenica. Tutto questo rallenta il lavoro dei sette saggi che devono stilare il nuovo Statuto M5s. “Siamo così disperati che faremo riunione alla vigilia della finale degli Europei, dopo che da giorni chiediamo di parlare della riforma del processo penale”, commenta un deputato amareggiato. Il timore tra chi sta lavorando alle nuove regole è uno solo: “Conte sta facendo il suo solito gioco. Alzare la posta per ottenere di più. E sulla giustizia vuol far vedere quante persone ha dalla sua parte”. Insomma, l’ex premier va alla conta.

L’avvocato non sta fermo, contatta e arruola le sue truppe contro il governo e contro tutti coloro che ieri hanno chiuso l’accordo con il ministro Cartabia sulla reintroduzione della prescrizione. Nel mezzo, oltre a Luigi Di Maio, alla sottosegretaria Anna Macina, ci finisce anche Stefano Patuanelli, tra i fedelissimi dell’ex premier, ma ora reo di aver avallato l’intesa. Da questa mattina i sodali di Conte dal canto loro pubblicano in batteria post sui social e comunicati stampa contro le modifiche alla riforma targata Bonafede, passate ieri in Consiglio dei ministri con il benestare anche dei 5Stelle. La bandierina dell’esecutivo Conte II è stata abbattuta e l’ex presidente del Consiglio si è messo a capo della fazione ribelle. Se resterà un partito nel partito o se invece è la premessa di una scissione lo si vedrà nei prossimi giorni. Per ora Conte tira la corda ma non strappa.

Proprio ieri, dopo una settimana di silenzio, l’ex premier è tornato a parlare con toni duri e pesanti rivolti al Movimento: “Non canterei vittoria, non sono sorridente sulla prescrizione, siamo tornati all’anomalia italiana. Se un processo svanisce per nulla per una durata così breve non può essere una vittoria per lo stato di diritto”. E poi ancora, pur negandolo, arriva l’attacco al governo: “Non è una questione di me contro Draghi. Delle mediazioni erano state offerte, ci sono mille espedienti per assicurare una durata ragionevole dei processi accertando la verità”. Di conseguenza iniziano a muoversi i suoi. Soprattutto coloro che fanno parte della commissione Giustizia della Camera dove il 23 luglio approderà la riforma del processo penale. Commissione che vede i suoi componenti grillini esattamente spaccati a metà. Qualsiasi sia la loro scelta non avrà ripercussioni sulla tenuta della maggioranza, le avrà invece sulla tenuta interna del partito.

Il primo a parlare è il presidente Mario Perantoni: “Ci aspettavamo ben altre soluzioni, è inutile girarci intorno, e quelle sul tavolo non sembrano accettabili. Ogni forza politica farà le proprie scelte”. È l’annuncio di una valanga di emendamenti che una parte dei 5Stelle è pronta a depositare per cambiare il testo, proprio ciò che Mario Draghi voleva evitare quando ha chiesto ai partiti “responsabilità e lealtà in Parlamento”. Giulia Sarti, anche lei deputata M5s della commissione Giustizia, chiede al gruppo di lasciare l’esecutivo: “L’unica cosa da fare adesso è essere coerenti. Non ci sono più le condizioni per restare nel governo Draghi. Fine. Questo sarebbe il vero senso di responsabilità, per chi vuole riempirsi la bocca con belle parole”. Sempre della stessa commissione fanno parte Alfonso Bonafede, l’ex ministro che ha abolito la prescrizione, e Vittorio Ferraresi, colui che lo aiutò a scrivere il testo. Entrambi seguono Conte sulla strada della spaccatura interna. Per l’ex titolare di via Arenula la riforma è stata “annacquata. Ieri M5s è stato drammaticamente uguale alle altre forze politiche”. L’ex sottosegretario Ferraresi attacca ancora più forte: “Se non conti niente, meglio stare fuori dal governo. Combatterò a testa alta affinché questa riforma non diventi legge”.

A questo fuoco di fila risponde una nota ufficiale del Movimento 5 Stelle - che comunque non ha un leader, quindi la si può interpretare come la posizione dei governisti, di coloro che difendono l’accordo, scaricando invece Conte. “I fatti dimostrano che è stato fatto un lavoro che ha consentito di salvare la riforma della prescrizione che gli altri partiti avrebbero voluto cancellare del tutto, con un colpo di penna”. Qui in ballo non c’è più solo la riforma della Giustizia. Ci sono la permanenza nel governo, che in questo momento divide i 5Stelle, e il futuro di Conte all’interno del Movimento.