Il presidente del Consiglio Draghi sta cercando di accelerare sulla riforma della giustizia non senza trovare difficoltà anche all’interno della coalizione che lo sostiene. La discussione riguardo la riforma proposta dalla ministra Cartabia è stata calendarizzata alla Camera il prossimo 30 luglio e un accordo dovrà essere trovato per quel giorno altrimenti si rischia uno stop. A contestare parte della riforma è proprio il M5S, soprattutto il suo nuovo capo politico, l’avvocato Giuseppe Conte. Punto centrale della controversia, è la prescrizione, già toccata dalla precedente riforma dell’ex ministro Alfonso Bonafede, che la bloccava dopo il primo appello. Con la riforma Cartabia, la modifica di Bonafede resta ma a preoccupare è altro, cioè il limite della durata dei processi, che viene fissato a due anni per l’Appello e una per la Cassazione, dopodiché il processo decade. Su tale questione pesano molto le parole di Fabiana Dadone che ha addirittura avallato la possibilità di dimissioni da parte dei deputati del movimento se la riforma non verrà modificata. In molti nel movimento considerano, infatti, la decadenza di un processo come una possibile strada aperta verso l’impunità per chi commette reati ed ha la capacità attraverso i suoi avvocati di portare un processo per lunghe. La richiesta dell’Europa però è chiara, l’Italia ha necessità di una giustizia più veloce ed efficiente, in ballo ci sono i soldi promessi attraverso il l Recovery Fund. Conte ha quindi l’obbligo di trovare un mediazione tra i deputati più intransigenti e la sua nuova figura di leader del movimento, che non può incrinarsi alla prima difficoltà politica.