di Franco Esposito

Sommerso dai debiti, rischia di affondare. Il Mose potrebbe non alzarsi più. Costato sei miliardi, intanto non è stato ancora completato. Progettato e costruito per difendere Venezia dal fenomeno dell'acqua alta, non ha funzionato in questi giorni d'agosto. In due notti l'alta marea ha raggiunto livelli impensabili da record per quanto riguarda l'estate. Piazza San Marco allagata, e il Mose? É in acque cattivissime, chiusi i cantieri, i dipendenti messi in cassa integrazione. Venezia appare abbandonata a se stessa, sotto la minaccia incombente dell'acqua alta. Centotto centimetri giorni fa, le paratie del Mose non si sono alzate. E forte è l'ipotesi che non possano alzarsi più.

Uno scandalo veneziano. Il Consorzio Venezia Nuova, concessionario dell'opera di proprietà del Ministero delle Infrastrutture, ha ingoiato una marea di quattrini. Se li è magiati in una sorta di cannibalismo societario, accumulando una massa di debiti oggi non riparabile: 128 milioni di euro più una sessantina verso il Provveditorato e le varie società che hanno lavorato alla costruzione di questa ingegnosa protezione sistemata a bocca di mare, inaugurata ufficialmente il 21 dicembre 2021. Settantotto paratie che rischiano appunto di non entrare più in funzione causa debiti e contenziosi. Il Mose fa parlare si sé soprattutto al tribunale di Venezia. Alto il monte debitorio, una marea i creditori. Senza contare il credito accumulato dal Fisco.

Com'è triste Venezia, al centro di questa brutta storia. Tentano di porre riparo ai guai e ai guasti provocati dal Consorzio Venezia, il gruppo di società chiamato a gestire la questione Mose fin dalla prima ora, i commissari nominati dal governo. L'ultimo è Massimo Miani, in qualità di liquidatore. Le sta tentando tutte per tirare il Mose e il Consorzio fuori dai guai. Ma incontra ostacoli e impedimenti. Soprattutto va a sbattere sistematicamente contro quella montagna di debiti. "Li ho ereditati, ma ora non serve piangerci sopra, abbandonarsi alle polemiche, cercare i colpevoli del dissesto".

Falliti i tentativi di trovare accordi condivisi: le società creditrici del Consorzio Venezia Nuova hanno rifiutato qualsiasi tipo di concordato. Azioni finalizzati al pagamento del settanta o dell'ottanta per cento del debito contratto dai gestori. Miani invita tutti "a lavorare insieme per trovare la soluzione che consenta la ripresa dei lavori e la conclusione dell'opera".

I sindacati, preoccupati, non vogliono saperne. Non accettano soluzioni improbabili, tantomeno la cassa integrazione per gli operai che scatterà dal 23 agosto.

Tira una brutta aria a Venezia, attorno al Mose. Come se l'opera ideata da Alberto Scotti della Tecnital Verona fosse continuo oggetto di un maleficio. Costo iniziale previsto tre miliardi e duecento milioni, finora ne sono stati spesi sei. E non basteranno per completare e rendere l'opera perfettamente funzionante. Se non dovessero più alzarsi le paratie del Mose, sarebbe oltretutto l'acqua della Laguna a dover patire gravi sofferenze.

I lavori per il Mose cominciarono nel 2003, a maggio. Diciotto anni e ancora non s'intravvede la via in grado di dare alla struttura un assetto definitivo e funzionante. Monta, come detto, il rischio che il Mose non possa più alzarsi. I debiti accumulati dal Consorzio Venezia Nuova chi li paga? Il commissario liquidatore Massimo Miani confida nella possibilità di raggiungere un concordato. Intanto già ne ha presentato uno al Tribunale di Venezia. Il documento contiene indicazioni e assicurazioni su come ripianare i debiti del Consorzio Venezia Nuova. I precedenti tentativi sono tutti miseramente falliti. I creditori non intendono riconoscere ragioni: pretendono i soldi e basta. Soldi che non ci sono, infatti non se ne annusa il profumo in questa vicenda che presenta comunque aspetti persino sconcertanti.

Venezia è preoccupata. Fermi, sono fermi i cantieri del Mose in cattive acque. Venezia è devota del Mose, che l'ha salvata dal fenomeno dell'acqua già una ventina di volte. É accaduto lo scorso inverno, quando l'opera, ancorchè non ancora completata, ha compiuto in pieno il proprio dovere. Una mano santa, che sembrava poter preservare Venezia dal pericolo che la minaccia dalla nascita. Oggi più di prima, causa i cambiamenti climatici che stanno sconvolgendo il pianeta.

Il Mose non entrato in funzione in questi giorni di agosto, portatori di acqua alta da record (novantotto centimetri a Ponte della Salute, un metro alla Giudecca) e preoccupazioni crescenti. Soprattutto in funzione della prospettiva che prima o poi la stagione delle grandi piogge farà sentire i suoi effetti.

Venezia, con timore, butta gli occhi verso le settantotto paratie del Mose. Praticamente inutilizzabili, non utilizzate, i cantieri fermi e i lavoratori in agitazione. La speranza è quel concordato. Il commissario liquidatore confida nella collaborazione di tutti. Non dovesse accadere, davvero il Mose rischia di non funzionare più.