De Profundis clamavi ad te Domine è il salmo con cui il credente invoca la comprensione e il perdono del Signore.

De Profundis, però, è anche il titolo della lunga lettera con cui Oscar Wilde, dal carcere, ripercorre la sua storia d’amore viscerale, generoso, altruista, nient’affatto corrisposto, se non in maniera utilitaristica e ricattatoria, dal rapace amico che gli ha distrutto la vita. Lo stesso sfruttamento e lo stesso disprezzo per il loro amore profondo e univoco si sono palesati da parte della terra d’origine nei confronti degli italiani all’estero.

Mamma Italia ha tagliato il cordone ombelicale che la univa ai milioni di suoi figli, compresi quelli spediti fuori dai confini negli ultimi 15 anni, in una rinata, insana, applicazione della tesi di Sonnino, secondo il quale l’emigrazione andava accettata e favorita come valvola di scarico di pressioni umane e possibili focolai di tensione. E all’estero l’Italia li ha lasciati, tenendoli legati a sé a parole, con definizioni sempre più esaltanti della loro potenzialità, da “ambasciatori d’Italia all’estero” a “italiani che vivono il mondo” a “fattore della politica estera dell’Italia” a esempi di “mobilità”,  ovviamente intellettuale e scientifica, come se non ci fossero più quelli che partono per fame alla ricerca di un lavoro qualsiasi.

L’Italia li ha irretiti dalla fine del secolo scorso con il miraggio della piramide della rappresentanza: da quella di base eletta nel 1986 – i Co.Em.It. diventati Com.It.Es. nel 1990 – a quella di sintesi, vale a dire il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, insediato per la prima volta trent’anni fa, nel 1991. Nel 2000, una modifica costituzionale ha creato la riserva indiana dei parlamentari eletti nella “circoscrizione Estero”, l’auspicato vertice della piramide, i portavoce delle comunità nelle aule in cui si definiscono per legge anche le politiche per il mondo dell’emigrazione.

Altri Paesi, con solide tradizioni coloniali e numeri limitati di loro concittadini all’estero, lo facevano già da anni, con ottimi risultati e costante impegno dei rispettivi Governi nazionali. Ma l’Italia no. Nel suo eterno “cupio dissolvi”, vale a dire la brama di autodistruzione, non ha voluto vedere né ha tentato di capire la forza del sentimento di italianità che pervade tutti i tipi di connazionali fuori dai confini. L’italianità è un concetto che sfugge totalmente a chi lo analizza da lontano come se stesse leggendo una piastrina al microscopio. Al contrario, ogni ramo della società rimasta in patria si è impadronito di un pezzo di questa “colonia in vitro” e su quello hanno costruito finanziamenti e prebende enti, istituzioni, partiti, associazioni, patronati, sindacati, gruppi, faccendieri, sfruttatori della nostalgia del ventennio fascista e ogni altro individuo o famiglia di opportunisti guidati dall’imperativo “Cicero pro domo mea”.

Costruita la piramide, l’Italia ha cominciato subito a smantellarla, all’inizio in maniera non immediatamente apparente, poi con un abbrivio sempre più veloce. In ordine cronologico: nel 2015 l'Italia ha messo mano alla delegittimazione della base, imponendo l’obbligo antidemocratico dell’opzione inversa, per cui chi vuole votare per i Com.It.Es. deve iscriversi agli elenchi elettorali presso le sedi diplomatico-consolari; poi ignorando la necessità di procedere alla riforma della legge istitutiva del Com.It.Es, datata 2003 e interamente prodotta dalla Farnesina con parecchie contraddizioni normative, infrazioni di diritto e inaccettabili scaricabarile di responsabilità. Poi l’Italia è passata alla punta della piramide. Con legge costituzionale, seguita dal referendum del 2020 è stato tagliato ai minimi termini il manipolo di deputati e senatori “esteri” che ora rappresentano oltre il doppio degli iscritti all’AIRE nel 2006, al momento della loro prima elezione. A questo proposito è doveroso notare che l’elettorato fuori d’Italia si è espresso con maggioranze bulgare a favore del taglio, mandando un chiaro segnale dell’inutilità della presenza ultradecennale degli ancora 18, ma prossimamente 12, miracolati al parlamento.

Fatto tutto questo, l’Italia si è indirizzata alla distruzione definitiva della base. Ieri, 3 settembre 2021, sono state ufficialmente indette le elezioni per il rinnovo dei Com.It.Es., mentre nell’emisfero boreale le  varianti COVID stanno trascinando in alto le curve di contagi, ricoveri e morti e nell’emisfero  australe la pandemia impazza e ha provocato il lockdown anche nella perfetta Australia, che si era chiusa al mondo, ma non ha potuto impedire lo sbarco del virus. Non citiamo nemmeno la ridicola somma stanziata per le elezioni, la mancanza di personale delle sedi diplomatico-consolari, il bizantinismo della modulistica, il pessimo funzionamento del FASTIT, che dovrebbe consentire la registrazione elettronica dei votanti. Il CGIE, di cui parleremo in altra occasione, si è donchisciottescamente impegnato per mesi a chiedere il rinvio delle elezioni perché la “logica della realtà concreta” ogni tanto dovrebbe trovare ascolto anche nella politica. Ma il Ministro degli esteri e il sottosegretario delegato sono pesi piuma, il Parlamento si è accontentato di approvare “risoluzioni che impegnano il Governo”,  al Presidente del Consiglio la cosa non interessa, e i prossimi Com.It.Es. saranno eletti dal 2% degli aventi diritto, se tutto va bene.

De Profundis alle rappresentanze e all’italianità nel mondo che, finalmente, dirà: BASTA! Lo diciamo anche noi: BASTA! 

                                                                                        Carlo Cattaneo (1801-1869)