di Franco Esposito

Quei grandi ladri della pirateria digitale. Siti furfanti che compiono quotidianamente ogni sorta di furto. Sì, rubano. Cinquecento milioni all'anno.  La pirateria sui social rappresenta una minaccia per l'editoria tradizionale. Scippata letteralmente di contenuti prodotti a caro prezzo. Come ovviare? Velleitari e isolati si sono rivelati i tentativi posti in essere, qua e là, per bloccare i pirati del digitale. Molto di più si potrebbe fare nella direzione  in cui opera la direttiva europea sul copyright. 

La lotta alla pirateria pare vivere un passo e una fase decisivi. L'avvento dei digitale ha accentuato la crisi dell'editoria tradizionale. Adesso è il momento di trovare soluzioni adeguate per la convivenza con questo mondo. “Il legislatore deve tutelare, incentivare, rendere merito di ciò che il sistema editoriale ha conquistato sul campo con investimenti e creazione di posti di lavoro, idee e quant'altro”, sostiene con forza Giuseppe Moles, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'editoria.

Grido di dolore e ribellione hanno occupato la parte centrale del Festival della Tv e dei nuovi media a Dogliani, Cuneo. Moles ha rivelato che unicamente nel periodo della pandemia “la pirateria digitale ha fatto danni da 521 milioni di euro”. Bisogna agire, guai indugiare ancora. Urgono interventi veri, seri, e una legge innanzitutto. 

Un tavolo sull'equo compenso agli editori verrà convocato a breve, presieduto dallo stesso sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Quello organizzato in passato fallì miseramente. Moles chiede a tutti di portare proposte concrete, indicazioni utili, il prospetto di mosse decisive, “per trovare una soluzione che possa accontentare tutti”. 

A Dogliani, nei panni dell'intervistatore, si è calato il direttore di Repubblica, Maurizio Molinari. Moles ha assicurato che “i tempi saranno senz'altro rapidi per l'approvazione del testo legislativo sul copyright”. Meglio tardi che mai, purchè questa volta si faccia davvero sul serio. Alle parole dovranno seguire i fatti, ormai non se ne più dei furti quotidiani dei pirati del digitale. 

“Quello che abbiamo formulato per recepire la direttiva europea potrebbe essere un esempio per altri Paesi”, si è sbilanciato Giuseppe Moles, convinto che l'imponente grave problema sia prossimo  alla soluzione. “Il provvedimento sarà licenziato tra venti giorni, massimo un mese”. Un venditore di fumo o che cosa il sottosegretario? Gli osservatori presenti al festival lo hanno trovato sincero e determinato, perfettamente consapevole della gravità della situazioni. I furti dei pirati vanno valutati nella giusta grave misura: sono attentati alla vita dell'editoria tradizionale. 

Moles prevede un iter veloce. “Giusto però che il Parlamento approfondisca. Spero che la discussione possa apportare validi miglioramenti”. Chiaramente il Governo non intende procedere con provvedimenti separati. Ovvero non di natura eterogenea. Pare stia preparando invece un intervento complessivo per l'editoria. Questa editoria colpita da una crisi epocale già prima dell'esplosione del coronavirus. Purtroppo la pandemia ha contribuito con una mazzata pesantissima.  La botta finale e mortale. 

L'esigenza è di ragionare in chiave futuro. Quello della filiera. Serve a nulla procedere con interventi spot. Urge in assoluto mettere ordine fra tante norme frastagliate che hanno interessato il settore, nel tempo. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'editoria è convinto che non si debba pensare “a un testo unico dell'editoria, ma piuttosto a razionalizzare, per dare chiarezza alle norme”. Lo sforzo dovrà essere collettivo, finalizzato al rilancio. Viene richiesto il supporto di tutti gli attori della filiera. “Sarà fondamentale anche il ruolo del Recovery Plan”. 

Ma anche di altro si è discusso a Dogliani. Una delle priorità è rappresentata dall'istituto di previdenza dei giornalisti, anch'esso colpito pesantemente dalla crisi. Oggi è in calendario la prima riunione del comitato tecnico per l'Inpgi, istituto di settore per le pensioni. Moles e il ministro del Lavoro Andrea Orlando verificheranno se esistono soluzioni per salvare l'Ingi attraverso il confronto di tutte le parti. “Siamo aperti a qualunque proposta”. 

Ma il nuovo contratto dei giornalisti può rappresentare un'occasione per introdurre cambiamenti? É la domanda che il direttore Molinari ha rivolto al sottosegretario in chiusura del convegno. La risposta non ha incontrato il consenso totale dei partecipanti al festival. “Bisogna partire dal mantenimento dei livelli occupazionali attuali. Ma anche ipotizzare strumenti legislativi e finanziari per ampliare la platea di coloro che si occupano di questo mondo”. Un'utopia, questa, alla luce dell'attuale infinito grave momento di crisi che attraversano i giornali. 

Ampliare la platea significa assumere, far crescere il numero dei giornalisti contribuenti Inpgi. La crisi ha bloccato tutto, il turn over non esiste più. Se cinque professionisti vanno in pensione, il massimo delle assunzioni sarà uno. Molto più probabile che sia addirittura zero. Gli affanni dell'Inpgi sono facilmente spiegabili, anche se non tutti dimostrabili. 

“Le rendite di posizione – in fondo alla disamina di Moles – non servono più, c'è il rischio che tutto il sistema crolli”. Come evitare l'implosione dell'Inpgi e come parare i crescenti evidenti disagi della categoria? Il sottosegretario invita a studiare soluzioni condivise, azioni da portare avanti insieme, e “a lavorare con un po' di fantasia”. 

Quella non manca, ma sarebbe in grado di generare  un'azione risolutiva?  I dubbi purtroppo non si contano sulle dita di una sola mano.