di Stefano Ghionni

Povero Giuseppe Conte. Davvero non gliene va bene una in questo settembre di fuoco, tra azioni legali dei dissidenti (contrari alla sua leadership) e rinuncia a candidarsi nel collegio di Roma-Primavalle alle suppletive della Camera, per timore di una clamorosa débâcle elettorale. Ora ci si mettono anche gli “eletti”, o almeno una parte di quelli, a remargli contro. Secondo quanto scrive “Il Fatto Quotidiano” in una notizia rilanciata anche dal sito Dagospia, l’ex presidente del Consiglio sarebbe alle prese con la resistenza opposta da non pochi parlamentare grillini, i quali si sarebbero mostrati restii a sganciare i 2.500 euro che pure dovrebbero essere versati, ogni mese, nelle casse del partito (1.000 direttamente al Movimento e 1.500 "alla collettività"). Soldi che l'avvocato di Volturara vorrebbe spendere, appunto, per costruire il nuovo M5S. Ma che invece gli arrivano col contagocce, a tal punto da generare anche le prime serie frizioni interne.

Per esempio si narra che nei giorni scorsi sulla chat interna, i parlamentari calabresi siano stati severamente invitati a mettersi in regola con i pagamenti, pena l'esclusione dai prossimi eventi pubblici con Conte e altri big previsti, in queste settimane, in Calabria (dove, lo ricordiamo, il prossimo mese di ottobre si voterà per le Regionali). Una tirata d'orecchie in piena regola che, tuttavia, i destinatari hanno rispedito al mittente, rimanendo fermi sulle proprie decisioni. Motivo? È presto detto. Il nodo di fondo resta quello del vincolo dei due mandati: che senso ha, è il ragionamento, mettere mano alla tasca se poi, fra riduzione del numero dei parlamentari, figuraccia alle urne e candidature calate dall'alto, in tanti rischiano di rimanere a casa?

Sì, perché a voler dar retta alle solite “voci di dentro”, la sensazione è che, secondo o non secondo mandato, alla fine il professore pugliese troverà comunque il modo per ricandidare un gruppetto di maggiorenti e di fedelissimi (si parla di dieci, massimo venti persone). Per tutto quanto il resto della truppa, anche alla luce del “taglio” delle poltrone e della batosta, praticamente annunciata, alle prossime elezioni, non dovrebbe esserci spazio. Per la serie: addio poltrona. Da qui, dunque, il senso dell’ostruzionismo. A che pro mettere mano alla tasca per costruire un partito che non ha futuro e nel quale, comunque vada, non ci sarà più spazio per buona parte degli uscenti? Conte se ne faccia una ragione: la sua “rifondazione” sembra destinata a rimanere al palo ancora a lungo.