di Matteo Forciniti

In attesa di capire se effettivamente il Green pass sarà esteso anche agli italiani all'estero come è stato promesso, in Uruguay c'è tanta indignazione per una misura che al momento esclude la stragrande maggioranza della sua popolazione vaccinata. Dal 15 ottobre in Italia la certificazione verde sarà necessaria per entrare in tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati, dunque limiterebbe palesemente il diritto al lavoro di un cittadino italiano all'estero che avrebbe come unica possibilità quella di effettuare continuamente tamponi a sue spese per ottenere ogni volta il lasciapassare. Vale per tanti ambiti della vita quotidiana e vale ancora di più per il lavoro.

In Uruguay -uno dei paesi con il più alto tasso al mondo di vaccinazione- oltre 765mila persone hanno già ricevuto la terza dose del vaccino contro il Covid 19; nella maggioranza dei casi si tratta di una terza dose con Pfizer somministrata a coloro che erano stati precedentemente immunizzati con le due dosi di Sinovac, vaccino riconosciuto dall'Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) ma non dall'Europa. Il caso dell'Uruguay è estremamente significativo perché in base alle norme attuali toglierebbe il diritto alla certificazione verde a coloro che hanno ricevuto un vaccino autorizzato dall'EMA, l'agenzia europea per i medicinali che attualmente, oltre a Pfizer, riconosce solo i vaccini Moderna, AstraZeneca e Johnson & Johnson. 

Con una sola dose di Pfizer in Italia è possibile ottenere temporaneamente il green pass (ma solo fino alla data della seconda dose), cosa che è invece impossibile per chi si trova all'estero con ben tre vaccini ricevuti: è questa la grande contraddizione di fondo, un'assurdità.

"Questa continua discriminazione verso l'Uruguay e gli italiani all'estero ci ha stufati" dice Angelo Bellon, ingegnere milanese residente a Montevideo che appare molto contrariato subito dopo aver ricevuto la terza dose del vaccino. "Credo di poter interpretare la sensazione di tutti noi che abbiamo fatto il vaccino disponibile nel paese dove viviamo anche con la voglia di poter tornare in Italia ogni tanto per le vacanze. Le continue restrizioni che il governo sta mettendo ovviamente stanno raffreddando questo desiderio che inciderà negativamente sui rapporti umani e familiari. Io non torno da due anni a causa della pandemia ma in queste condizioni non ci penso proprio. Certo, se dovesse sorgere un'emergenza lo farò ma con tutti i fastidi del caso". Il riferimento è all'assurda quarantena di 10 giorni imposta dall'Italia ai viaggiatori provenienti dall'Uruguay che durerà almeno fino al 25 ottobre come ha stabilito una circolare del Ministero della Salute che contraddice la decisione dell'Unione Europea che è tornata a inserire l'Uruguay nella lista bianca delle nazioni considerate sicure.

"L'Europa ha ridato una dignità che ci era stata tolta" sostiene amaramente Bellon. "L'Italia invece come di consueto non fa ancora niente, è sempre lontana dai contesti e tra l'altro abbandona completamente i propri emigrati. La colpa è di una burocrazia incompetente che ignora la realtà e rimane in preda dei suoi deliri. Quello che stanno facendo con il Covid nei confronti dell'Uruguay spiega bene questa incompetenza: da mesi la situazione sanitaria che stiamo vivendo qui è molto tranquilla, oltre il 20% della popolazione ha già ricevuto una terza dose del vaccino, cosa che in Italia se ne sta incominciando a parlare solo adesso". "Eppure" -conclude l'ingegnere milanese- "noi non possiamo ottenere il green pass e per di più dobbiamo sottoporci alla quarantena. Questa discriminazione è davvero inaccettabile, speriamo che si possa intervenire al più presto per risolverla".

Una soluzione, in base alle recenti dichiarazioni del sottosegretario alla Salute Andrea Costa, potrebbe presto arrivare con una circolare specifica del Ministero che "crei le condizioni per riconoscere il Green pass ai cittadini italiani che si sono vaccinati all'estero con immunizzanti non autorizzati dall'Ema".