di Franco Esposito

Dove tocchi pesti. Semplicemente una difficoltà di scelta, in questa nostra martoriata Italia di arrestati, rinviati a giudizio o colti con le dita nella marmellata. Tiziano Renzi, papà del figlio, rinviato giudizio nella vicenda Consip. Non ha turbato gare d’appalto, ma si è avvalso di relazioni influenti capaci di favorire la Romeo Gestioni srl nella gara Consip-Fm4. Un bando da 2,2 milioni di euro suddiviso in diversi lotti. Oltre a Tiziano Renzi dovranno affrontare il processo diverse persone: l’ex parlamentare Italo Bocchino, il manager Massimiliano Pandimiglio, gli imprenditori Carlo Russo e Alfredo Romeo. Mentre con rito abbreviato hanno scelto di essere giudicati l’imprenditore Ezio Bigotti e gli ex parlamentari Denis Verdini e Ignazio Abrignani. Tutti accusati di turbativa d’asta. Dovunque tocchi la prendi in pieno.

In ambito Lega l’ultimo patatrac. Luca Morisi, ex capo della comunicazione social della Lega, è indagato per droga. Due ragazzi rumeni lo accusano di avergli ceduto la cosiddetta droga dello stupro. Salvini difende l’amico, ma il ministro Giorgetti, leghista pure lui, ne sconfessa la linea. Gli effetti politici somigliano a quelli di un vero sisma. Ma il peggio, in Italia, non si pone limiti. Arrestato Enrico Laghi, ex commissario Ilva. “Ha corrotto il pm per sviare le indagini”. La Procura di Potenza ha chiesto e ottenuto gli arresti domiciliari per il collezionista di incarichi tra ricchi compensi e conflitti d’interesse. E in più l’autorizzazione al sequestro di 270mila euro, con l’accusa di “corruzione in atti giudiziari”.

Nell’inchiesta sull’Iva, ennesima vergogna italiana, sono indagati, oltre a Laghi, l’ex procuratore di Taranto, Carlo Maria Capistro, l’avvocato siracusano Paolo Amara, l’ex consulente Ilva Nicola Nicoletti, l’avvocato Giacomo Ragno, il poliziotto Filippo Paradiso. L’inchiesta ha smascherato l’intesa dell’ex commissario Ilva, Laghi, con il procuratore di Taranto, nella vicenda “ambiente svenduto”. Lingua lunga, Amara, definisce Laghi “l’imperatore dell’impianto”. È successo tutto in un colloquio di venti minuti, a tu per tu, durante una cena a Bisceglie, nell’ottobre del 2016. Perfezionato nella circostanza l’accordo corruttivo tra l’ex commissario Ilva e il procuratore di Taranto.

Carlo Maria Capistro rappresentava il Governo e avrebbe trattato la con la Magistratura per ottenere un atteggiamento “morbido nei confronti dell’acciaieria coinvolta in Ambiente svenduto in cambio della nomina dell’avvocato Giacomo Ragno”. Un amico del procuratore Capistro. L’intera vicenda è stata ricostruita dal procuratore Francesco Curcio, sostenuto da polizia e guardia di finanza, con l’aiuto di testimoni eccellenti. Tra questi l’avvocato Piero Amara, ritenuto attendibile dagli inquirenti della Procura di Potenza. Il gip Antonello Amodeo, alla fine, ha acquisito questa convinzione: “Laghi era il dominus di una serie di condotte corruttive, che non possono derubricarsi a una mera vicenda di malcostume”. L’obiettivo dell’ex commissario era di “accreditarsi ulteriormente con il Governo e consolidare la sua ascesa professionale”.

Come detto, Laghi aveva la fissa, l’hobby, la necessità personale di collezionare incarichi. Presidente del collegio sindacale Alitalia a 30 anni. Le elezioni sono dietro l’angolo e Berlusconi si accinge, con la complicità dei sindacati, a far fallire la cessione della morente compagnia di bandiera al gruppo Air France-Klm. Laghi presidente del collegio sindacale dell’Acea al tempo di Ignazio Marino sindaco. Poi, la Pirelli, Tim, Finnat, la Finsiel, e il gruppo Espresso. E ancora le controllate Rai; a seguire, Unicredit, Telecom, Fendi, Fiorucci, l’arbitrato fra gli eredi Caprotti per il destino finale dell’impero Esselunga, e le perizie da brividi del Casinò di St.Vincent. Ventuno incarichi in contemporanea, come da scoperta del Corriere della Sera.

Scrive il pm nella richiesta cautelare: “Laghi aveva nell’Ilva una missione precisa: governare la fase commissariale, avviare un significativo risanamento ambientale, mantenendo un accettabile livello occupazionale e cedere poi l’impianto ai privati”. Al fianco di Laghi, operava Nicola Nicoletti, consulente Ilva. Ha scaricato l’ex commissario dopo l’arresto avvenuto a giugno. Ne ha raccontato i rapporti con le procure di Taranto e Milano. Sull’ex commissario Ilva il carico da trenta lo ha calato Piero Amara. L’avvocato siracusano, nell’ambito dell’amministrazione straordinaria, ottenne un incarico legale da 90mila euro. Una vicenda che si intreccia con quella giocata dalla Procura di Milano, nell’inchiesta per bancarotta del 2017. La magistratura ottenne dalla famiglia Riva lo sblocco di 1,3 miliardi che si trovavano presso un istituto bancario all’estero.

“Il rapporto con i Riva era gestito da Laghi, quasi in esclusiva”. Commissario e procuratore parlano del rientro dei soldi in un delle chat. Capistro tranquillizzava Laghi. “Stai tranquillo, ci lavoriamo sopra”. In buona sostanza, il preannuncio delle decisioni che la Procura avrebbe assunto. Come forma e indicazione di una manifestazione delinquenziale. Giocata sulla pelle dei tarantini lavoratori Ilva, dei loro familiari e di tutta la città.