di Matteo Forciniti

A 150 anni dalla sua nascita, José Enrique Rodó torna a essere protagonista in Uruguay con una serie di iniziative che in questo periodo gli rendono omaggio in occasione del Día del Patrimonio che si svolgerà questo fine settimana sotto lo slogan “le idee cambiano il mondo”. Conferenze, laboratori ed esposizioni artistiche hanno già aperto le celebrazioni che andranno avanti fino alla prossima settimana per ricordare lo scrittore, saggista, filosofo e politico nato il 15 luglio del 1871 a Montevideo. Le iniziative si stanno organizzando lungo tutto il paese e tra queste segnaliamo quella di Carmelo, cittadina del dipartimento di Colonia, che vede coinvolta la locale collettività italiana: la Società Italiana Vittorio Emanuele II e il Circolo Trentino organizzeranno per giovedì alle 19:30 una mostra di pittura curata da Graciela Colotta a cui seguirà una conferenza con la partecipazione di Marta Novaro e Pierina Vanni e poi una parte musicale con le canzoni di Luján Caquías e il gruppo Audiovisual Carmelo Cine Club.

La vita di José Enrique Rodó è stata caratterizzata da un grande impegno nell’ambito culturale e anche in quello politico nell’Uruguay di inizio novecento. Collaborò alla fondazione della Revista Nacional de Literatura y Ciencias Sociales (1895), fu professore di letteratura all’Università di Montevideo (1898) e direttore della Biblioteca nazionale (1900). Per quanto riguarda la politica, fu deputato del Partido Colorado (1902 e 1907-10) durante gli anni del “batllismo”, sotto la presidenza di José Batlle y Ordóñez che trasformarono il paese in senso progressista e all’avanguardia nei diritti civili. Molto lunga fu anche la sua carriera giornalistica che lo vide, tra le altre cose, redattore del Dario de La Plata (1912-14) e collaboratore del Telégrafo. Fu proprio il giornalismo che lo portò in Europa, nel 1916, come corrispondente della rivista argentina Caras y Caretas nel suo ultimo viaggio dove trovò la morte.

Considerato come “guida spirituale della gioventù ispano-americana”, Rodó divenne famoso per le sue idee sull’America Latina che espresse in diversi libri. Tra questi, il più importante “Ariel” (1900), dove tracciò le linee etiche della libertà proponendo una “lucida dialettica tra la concezione spiritualistica della vita e quella del positivismo deterministico”. Per molti il filosofo uruguaiano è stato una delle voci più autorevoli contro l’empirismo tecnocratico nordamericano che indicava uno stile di vita e un’organizzazione sociale basati su un materialismo utilitaristico. A questa concezione, l’intellettuale uruguaiano proponeva gli ideali eroici di una concezione umanistica e individualistica della storia. Dopo aver visitato come inviato della rivista Caras y Caretas il Portogallo, la Spagna e la Francia, il 17 agosto del 1916 Rodó arrivò a Genova già in condizioni precarie di salute.

Il 3 aprile 1917 giunse infine a Palermo e prese alloggio al Grand Hotel et des Palmes, dove, a causa del peggioramento del suo stato di salute, condusse una vita molto ritirata e appartata. In seguito a una crisi, il primo maggio, venne ricoverato all’ospedale San Saverio dove si spense alle dieci del mattino per tifo addominale e nefrite. Alcuni hanno sollevato dubbi sulla morte indicandone un possibile avvelenamento ma non si è mai riscontrata alcuna evidenza. Imbalsamato, il feretro venne collocato provvisoriamente nel cimitero dei Rotoli e, nel 1920, venne rimpatriato in Uruguay. Oggi l’unica memoria che custodisce la Sicilia per questo importante autore latinoamericano è un busto bronzeo situato all’interno del Giardino Inglese di Palermo. L’opera, realizzata dallo scultore uruguaiano di origine trentina Emilio Prati, celebra sulla base del monumento il filosofo come “Maestro de la juventud de America”. Sul lato destro c’è un’altra frase: “Nacido en Montevideo Uruguay en el 1871 - Fallecido en Palermo en el 1917”.