“Non vorrei che a fronte dei dati positivi del mese di agosto si traesse l’errata conclusione che il peggio sia passato. Solo di quello, peraltro, e solo per le zone di vacanze. Perchè le città d’arte, che vivono di turismo internazionale, sono un capitolo a parte, purtroppo negativo. Non è così”.​

 

È​ perentorio​ Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, che raduna 27.000 delle 33.000 strutture italiane (per metà hotel a tre stelle a proprietà familiare). Anzi, nel fare un bilancio al 30 settembre, intervistato da Antonello Piroso per La Verità, rincara la dose: “La tenuta del settore è a rischio”.

 

A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, ci conforta​ che​ le presenze totali a maggio siano precipitate​ solo​ del 71% sullo stesso periodo del 2019 (cioè l’ultimo a.C., ante Covid),​ solo​ del 43% a giugno,​ solo​ del 12,4 a luglio e​ appena​ dell’1,1% in agosto. Settembre​ dovrebbe confermare il dato di agosto, quindi con numeri vicini al ’19.

 

Se scopriremo che a settembre abbiamo avuto 8 milioni di presenze, tra turisti italiani e stranieri, cioè pari a quelle dell’anno scorso, ci potremo considerare fortunati. Peccato che, nel settembre 2019, 8 milioni fossero stati soltanto i turisti stranieri.

 

La quota degli stranieri risulta inferiore del 14,5% rispetto al 2019, che non è poco, tanto più se si considera che​ i turisti non italiani erano arrivati a garantire il 51,8% degli arrivi estivi, una quota di mercato che era del 46% nel 2010.​ Inoltre, è la composizione di questa quota che non è a grande valore aggiunto.

In che senso?

 

Premesso che ogni cliente è benedetto, un conto è il cosiddetto “turismo di prossimità”, vacanzieri che arrivano dai paesi limitrofi tipo Austria. Un altro paio di maniche sono i visitatori del Far East, in primis i cinesi, insieme a coreani e giapponesi, quindi americani e russi, con forte propensione alla spesa. Questo per fotografare la linea di tendenza in atto, che segue l’annus horribilis​ 2020.

 

Nel 2020 sono andate perse​ 228 milioni di presenze (-52,3% rispetto al 2019), con un calo di fatturato del settore ricettivo pari al 54,9%. Abbiamo parlato dell’estate appena conclusa, ma se allarghiamo la visuale ai primi otto mesi del 2021, le presenze totali sono state 123 milioni in meno rispetto a quelle dello stesso periodo del 2019 (-37,3%). Per mancati introiti pari a oltre 7 miliardi di euro.

 

Però la commissione europea ha appena autorizzato l’utilizzo di 200 milioni di euro a sostegno della liquidità​ delle vostre imprese, in deroga al regime degli aiuti di Stato.

Un’ottima notizia, e ringrazio il ministro del Turismo Massimo Garavaglia che si è impegnato per ottenere tale intervento. Ma è una goccia nel mare. Con quasi 14 miliardi di euro di perdite registrate dal comparto nel 2020, molte imprese si sono ritrovate strozzate. Quindi non saranno certo i 6.100 euro medi (i 200 milioni divisi per 33 mila strutture) a risolvere uno stato di crisi. Siamo sempre in apnea. Vogliamo parlare delle grandi catene alberghiere?

 

Nel 2020 hanno perso l’80% di fatturato: c’è chi da 220 milioni di ricavi ne ha persi 170, chi ne faceva 50 ne ha portati a casa 10, quindi anche se vengono erogati 100.000 euro come contributo in misura forfettaria, non è che uno si metta a brindare.​

 

Rivedere piazza San Marco a Venezia piena di gente è stato quindi un abbaglio? Di che turismo parliamo?

Turismo mordi e fuggi: persone, per lo più italiani, in gita giornaliera, che non pernottavano in laguna ma in alberghi e campeggi sul litorale. Si è rivisto il quasi esaurito solo per la concentrazione di eventi settembrini. Mostra del Cinema, Biennale, premio Campiello. Finiti gli appuntamenti di richiamo, si è tornati alla situazione ex ante.

 

La verità è che all’appello mancano i visitatori nelle nostre città d’arte, mete turistiche che vivevano di manifestazioni non solo d’estate.

 

E la mancanza di “calamite” è una calamità. Tant’è che nei primi mesi del 2021 a Venezia, Firenze e Roma (nella Capitale -al netto di B&B, affittacamere, pensioni- ci sono 1.200 alberghi) il tasso di occupazione delle camere è crollato di oltre il 70% rispetto al 2019.​

 

Prima o poi arriveranno i soldi del Recovery per il turismo....

Con tutta la stima per il presidente del Consiglio Mario Draghi, la cui competenza e credibilità sono fuori discussione, qui non è tanto, e non è solo, un problema di “quanto” ci sarà per il nostro settore nel Pnrr. Ma ancora prima il “quando” le somme che saranno stanziate saranno disponibili, e come. Il nodo sono procedure e tempistica. Perchè noi abbiamo bisogno di comprare tempo.

 

Prego?

Le spiego: prenda il tema delle riqualificazioni alberghiere, i lavori di restyling che di norma si fanno in inverno. Quali interventi saranno oggetti di agevolazioni? A quanto ammonteranno queste ultime?​ I lavori di ristrutturazione di un grande​ albergo vanno programmati con largo anticipo, ma con il bonus “facciate”, uno strepitoso strumento per il quale c’è stata la corsa, oggi nelle grandi città non si trovano più ponteggi disponibili fino al gennaio prossimo.​

 

Per aiutare le imprese di tutti i tipi, e di tutte le dimensioni, bisogna poi intervenire sui costi fissi, quelli che si pagano, avrebbe detto Totò, “a prescindere”. Sia che si sia aperti o chiusi, sia che si sia pieni o sia sia vuoti. Vedi l’Imu. E vedi pure le locazioni, perchè il 50% degli alberghi sono in affitto.​

 

Ma sugli affitti non avevate già ottenuto un credito d’imposta?

Sì, ma è terminato ad agosto. Andrebbe quindi prorogato almeno di quattro mesi, fino a fine 2021. Congelando la seconda rata Imu.

 

Lo scorso maggio lei è stato​ rieletto, per la sesta volta consecutiva, presidente di Federalberghi. La prima fu nel 2000, quando c’erano​ Papa Giovanni II, Carlo Azeglio Ciampi, Bill Clinton, Jacques Chirac, Tony Blair, e a palazzo Chigi Massimo D’Alema. Lei ha la stessa longevità istituzionale dello “zar” Vladimir Putin.

 

Solo che i nostri associati votano ogni 4 anni in libere e regolari elezioni democratiche. Mi auguro che anche Putin possa dire altrettanto.​