DI ANONIMO NAPOLETANO

Quasi ogni quartiere ne ha uno. Sono grandi disegni a colori vivaci raffiguranti giovani volti sui muri delle case del centro storico o della periferia. Spesso ci sono anche scritte, tipo “Benny vive” o “Verità e giustizia”. In qualche caso sono stati edificati veri e propri altarini, dove vicino alla statua della Madonna campeggia, preziosamente incorniciata, la foto di un ragazzino. O addirittura il suo busto di gesso. Sono tutti giovanissimi delinquenti morti in malo modo: chi mentre metteva a segno una rapina, chi vittima di un agguato da parte di un clan rivale. A questi giovani malavitosi, famiglie e cosche di camorra dedicano a Napoli e provincia dei veri e propri monumenti alla memoria. Solo un fenomeno di devozione religiosa o pietosa commemorazione dei defunti? Non la pensa così il procuratore generale di Napoli Luigi Riello, che all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2021 ha tuonato la sua condanna: «Tra un po' organizzeranno anche la festa della criminalità, magari con qualche medaglia alla memoria, ricordando chi è morto nell’adempimento del proprio dovere di camorrista e rapinatore. Quei murales vanno rimossi». Il prefetto Marco Valentini è stato d'accordo: «C’è il rischio che si alimenti un disvalore, che si promuova uno stile di vita meritevole di celebrazione». E nel marzo scorso ha riunito attorno ad un tavolo i vertici della polizia, dei carabinieri e dei vigili urbani per lanciare una campagna di rimozione di scritte, dipinti e altarini dedicati a camorristi.

Si è cominciato dalla periferia della città, a San Giovanni a Teduccio dove, nel parco Troisi, è stato rimosso l’altarino dedicato al 24enne Ciro Varrello (ucciso nel 2013), e a San Pietro a Patierno, dove sorgeva un altarino per Benvenuto “Benny” Gallo, anche lui 24enne ucciso in un agguato e ritenuto elemento organico al clan locale. Clan che non è rimasto a guardare con le mani nelle mani. Tempo pochi giorni e, a pochi metri dall'altarino per Benny, ignoti hanno sfregiato un gigantesco graffito raffigurante il cantante Nino D'Angelo, opera commissionata dal Comune dallo street artist Jorit. Con lo spray hanno scritto: “I morti si rispettano, non si cancellano”.

Lo Stato, però, non si è fermato. Nei mesi successivi la campagna di rimozione dei simboli di camorra è andata avanti. Nel quartiere di Ponticelli è stato cancellato un murales dedicato a Demar Scognamiglio, pregiudicato affiliato al clan camorristico De Martino, morto nel 2018. Al Rione Sanità, è stato rimosso un altarino dedicato a Ciro Marfè, pregiudicato affiliato al clan Sequino, ucciso in un agguato di camorra. Mentre in via Supportico della Vita, nel quartiere Stella - San Carlo Arena, è stato rimosso un “altarino” dedicato a Pietro e Ciro Esposito, pregiudicati uccisi in uno scontro armato tra clan. Spesso queste operazioni sono state accompagnate da momenti di forte tensione in strada tra forze dell'ordine e parenti dei ragazzi morti. Come nel caso del murales realizzato in via Ferrante Imparato che ritraeva il pregiudicato Lello Tammaro, ragazzo legato al clan. «Ma Lello è morto di malattia», hanno protestato i familiari, «e quel dipinto era solo un ricordo di un giovane conosciuto nel quartiere».

Altro caso clamoroso è stato quello dell'altarino, con tanto di busto a grandezza naturale, dedicato al boss della “paranza dei bambini” Emanuele Sibillo, ucciso dai rivali a soli 19 anni. Secondo le indagini della Procura, l'altare era diventato un vero  e proprio strumento di pressione per i commercianti vittime del pizzo, costretti dal clan Sibillo a inginocchiarsi davanti al ritratto del babyboss.

Uno dei murales cancellati durante il blitz anticamorra nel rione Traiano a Napoli. Il volto e' di Renato Di Giovanni ucciso dai sicari della camorra nel 2017, 11 maggio 2021. ANSA / CIRO FUSCO

Non ci sono solo camorristi tra i defunti “omaggiati” dagli anonimi street artist di malavita. È il caso del murales dedicato a Luigi Caiafa, a vico Sedil Capuano, pieno centro storico, e quello in omaggio a Ugo Russo, ai Quartieri Spagnoli. Erano entrambi due giovanissimi rapinatori morti, per dir così, mentre erano “in servizio”. Il primo aveva 17 anni quando tentò un colpo imbattendosi in un poliziotto che fece fuoco e lo uccise. Il secondo aveva solo 15 anni quando con un'arma giocattolo aggredì una coppietta a Santa Lucia, ma si trovò di fronte un carabiniere che reagì con la pistola di ordinanza. Entrambi i murales sono stati cancellati, ma per quello di Ugo Russo si è aperta una vertenza amministrativa e giudiziaria, con il comitato “Verità e giustizia” creato dalla famiglia che si è opposto alla rimozione affermando trattarsi di un'opera posta a monito per altri ragazzini attratti dal crimine e di denuncia nei confronti del carabiniere, accusato di eccesso di legittima difesa. Alla fine, il Tribunale amministrativo regionale ha dato ragione allo Stato, concedendo il via libera alla cancellazione, ma solo perché l'opera non era in regola con il regolamento urbanistico.

«Fino ad ora sono stati rimossi circa quaranta murales e altarini, ma ne restano almeno altri cento tra Napoli e provincia su cui bisogna ancora intervenire», afferma il consigliere regionale dei “Verdi” Emilio Borrelli, tra i primi a denunciare il fenomeno.

 

La camorra diventa un brand: queste le t-shirt con il logo del crimine organizzato

La camorra “tira” anche nel mondo della moda. E qualcuno ha pensato bene di trasformarla in un brand con cui vendere, on line ma non solo, t-shirt di pessimo gusto. La prima denuncia è venuta da Severino Nappi, consigliere regionale della Campania in quota Lega. Su e-Bay ha trovato in vendita una maglietta raffigurante la cartina tricolore dell'Italia con sopra impressa la scritta “camorra” e, tanto per essere espliciti, il disegno di una piovra. Il prezzo? Solo 24 euro. «Questa volgare maglietta, oltre a rappresentare l’ennesima preoccupante celebrazione delle organizzazioni  criminali, offende Napoli, i napoletani e l’intero Paese», ha denunciato Nappi. «L’illegalità va combattuta in ogni dove, anche quando viene pubblicizzata attraverso oggetti di dubbio gusto come quello che abbiamo intercettato». Detto fatto, alla sua segnalazione ha fatto seguito la rimozione del contestato annuncio da e-Bay. Ma le t-shirt di camorra non circolavano solo nel mondo del web. Pochi giorni fa, infatti, una pattuglia della Guardia di Finanza di Napoli ha intercettato un venditore ambulante nei pressi del carcere di Secondigliano. L'uomo si è dato alla fuga ma sulla sua bancarella i finanzieri hanno sequestrato decine di magliette come quelle segnalate da Nappi. La Guardia di Finanza fa sapere che le indagini ora mirano a risalire alla filiera di produzione e distribuzione, e lancia un appello ai cittadini a «denunciare anche tramite il servizio 117 chi vende articoli contraffatti, soprattutto se inneggianti a simboli mafiosi».

Ma la t-shirt in questione non è l'unica ad esaltare il crimine organizzato. Basta fare un giro sui siti di e-commerce per trovare di tutto un po'. Si va dalle semplici t-shirt con la scritta “camorra” in bianco su fondo nero, o il logo “Gomorra” avvolto da fiamme rosse, alle più elaborate magliette con disegni di pistole e la scritta “Camorra, mafia and crime”, a scelta in nero o in azzurro, oppure ancora disegni di boss in doppiopetto con la scritta “Naples University”. I prezzi?  Bastano dai 19 ai 24 euro, a seconda del modello, per avere un capo marchiato “camorra” e infangare così un intero popolo e la sua cultura millenaria.