Gentile direttore,


nei giorni scorsi
con la chiusura delle iscrizioni volontarie sulle liste elettorali da parte dei nostri connazionali, indispensabili per partecipare alle elezioni per il rinnovo di 120 Comites, dei quali 109 ordinari 11 di nuova istituzione, istituiti in 108 diverse sedi diplomatico-consolarisi ha finalmente contezza del peso, che il nostro governo attribuisce a questi organismi di rappresentanza e del grado di attenzione con cui l’amministrazione pubblica italiana tratta questa pratica elettorale nelle sue diverse articolazioni preparatorie. Al contempo abbiamo visto come candidate e candidati e vari addetti ai lavori, in molti casi si siano lasciati andare nel politicizzare un ambito nel quale la politica partitica italiana è fuori luogo, perché bisogna ribadirlo a chi è portato a travasare lo stato delle cose: la posta in gioco è il territorio e il localismo, è quel microcosmo formato da donne e uomini, adolescenti, giovani e adulti italiani che continuano a mantenere un legame con l’Italia, con la nostra cultura, con i nostri valori, con le nostre tradizioni e abitudini, attraverso le rappresentanze diplomatiche-consolari italiane se e quando sono presenti, comunque, per favorire la loro integrazione

Eppure, in questi ultimi mesi dal 3 settembre, giorno dell’indizione delle elezioni per il rinnovo dei Comites ad oggi, se ne sono viste di tutti i colori e la partita non è ancora terminata, perché in attesa del 3 dicembre prossimo il peggio è dietro l’angolo. Le casistiche sono tante: ci sono state liste sostenute da documenti di persone morte, sono stati assemblati e consegnati agli uffici elettorali consolari scatole di documenti senza rispetto delle riservatezza dei singoli e, perciò, si sono verificati molte tipologie di brogli. Da parte delle liste escluse, intanto, sono stati presentati due ricorsi al tribunale amministrativo di Roma e quasi il 10% di esse lasciano scoperti e non rappresentati diversi territori. A nulla sono valse le semplificazioni dei documenti, la riduzione delle firme da presentare a corredo delle liste. Senza una comunicazione seria, continua, efficace e diffusa si è prodotta una ecatombe della partecipazione elettorale. 

Il risultato delle iscrizioni sulle liste elettorali è deludente, costituisce una vera e propria Caporetto per la partecipazione, la peggiore di sempre da quando esistono i Comites: gli optanti sono risultati 177.835 su 4.732.741 elettori, ovvero il 3,76% degli aventi diritto al voto.  Si tratta 80'000 iscritti in meno rispetto alle ultime elezioni Comites del 2015, che a loro volta avevano registrato un salasso democratico indietreggiando dal 34,6% al 3,6%, che tanto ha influito sull’agibilità degli attuali Comites.

Il replicarsi di questi numeri configurano un danno d’immagine e di credibilità difficilmente recuperabile da questa istituzione se non prima passeranno almeno due generazioni di cittadini. Bisognerà ripensarne i ruoli, le funzioni e in particolare la portata. Possibilmente nella prossima legislatura parlamentare, con  nuovi rappresentanti del popolo, molto più attenti al bene comune che allo smalto delle dita e alla punta delle scarpe. Sostanzialmente il nuovo governo di Mario Draghi, costituito per rispondere all’emergenza sanitaria e per favorire la crescita economica risulta distratto su tutta la linea di quanto succede nelle nostre comunità all’estero, sostenuto da quasi tutte le forze politiche ha imposto questa scadenza, benché conscio della catastrofe che la loro decisione avrebbe prodotto, perché gli indicatori e le ristrettezze sanitarie, l’insignificante campagna informativa, e la debolezza della rete diplomatico-consolare alle prese con i ritardi amministrativi prodotti dalla pandemia, tutt’altro lasciavano presagire che la partecipazione di massa a questo appuntamento elettorale. Invece, si è voluto umiliare chi si è strenuamente battuto per democratizzare le procedure elettorali e per garantire la partecipazione di tutte e di tutte gli aventi diritti come, ovviamente, è pratica diffusa nelle democrazie più avanzate; si è voluto usare la frusta per dimostrare la forza decisionale di chi detiene il poteresi è invece affermata la distanza tra il palazzo e la società civile e le comunità. 

Si è voluto dare corso alla “cronaca di una morte annunciata” della quale non si ha forza di lacrime consolatorie. 

Questi risultati hanno finalmente dimostrato lo scollamento, la distanza romana dal mondo degli italiani all’estero, finalmente fotografano in maniera limpida che il re è nudoIl mondo degli italiani all’estero va risanato e rigenerato perché ha bisogno di altro e non di improvvidi capitani di ventura. Per pudore e senso di responsabilità i responsabili che hanno tumefatto l’immagine dei Comites per dubbie virtù dovrebbero sgombrare il campo dal parlamento e dall’amministrazione, dichiarando fallita l’esperienza maturata in quegli ambienti e dimettersi. In una società nella quale la competizione è spinta, chi perde e soccombe normalmente si fa da parte. Mi auguro che oltre a fare ammenda delle decisioni sbagliate, chi ha causato il terremoto dei Comites abbia l’onesta intellettuale di ammetterlo, di lasciare il campo chiedendo scusa ad alta voce per l’irreparabile danno causato permettere alle donne e agli uomini di buona volontà di salvare il salvabile.

Gli italiani all’estero hanno bisogno d’altro, chiedono il rispetto della loro dignità di cittadini e una rappresentanza istituzionale all’altezza dei compiti e dei tempi. Le scorciatoie indicate sono state fuorvianti, ingannevoli e maleodoranti nelle quali si sono infrante le certezze e i propositi di coloro che hanno richiamato a più riprese il rispetto delle scadenze senza aver mai pensato a preparare le condizioni per una partecipazione democratica. 

Per svolgere queste elezioni sono stati messi adisposizione 8 milioni di euro e per la prima volta si sperimenterà in 9 circoscrizioni elettorali il voto elettronico. Per questa sperimentazione sarà investito un milione di euro. Si tratta di somme irrisorie, insufficienti a coprire le spese reali e necessarie se si pensa che alla fine di ottobre scorso il numero dei connazionali iscritti all’AIRE era di 6,5 milioni, ovvero più del 12% dell’intera popolazione italianaDi questi 3,3 milioni di italiani vivono in Europa, oltre 2,2 milioni in America Meridionale, circa 550.000 nel Nord e Centro America, mentre 175.000sono i connazionali in Oceania e i rimanenti 175.000 sono distribuiti tra Africa e Asia. 

La sproporzione tra la somma messa a disposizione per svolgere le elezioni e il numero dei potenziali aventi diritto dimostra come le aspettative di chi le ha organizzate erano palesemente al ribasso e avrebbe lucrato sul risultato finale. Da qui anche la supposizione che una sostanziosa parte di questi 8 milioni di euro ritorneranno all’erario perché non saranno utilizzati per il fine deciso dal parlamento.

La posta in gioco per le elezioni dei Comites è semplice: è la scelta di 12 o 18 rappresentanti volontari delle comunità italiane nel mondo, il cui compito richiede un impegno per rappresentare ufficialmente le istanze delle comunità presenti nella circoscrizione consolare di residenza presso le ambasciate e/o i consolati, e per agevolare l’integrazione dei nostri connazionali nei nuovi paesi di residenza. Si tratta di organismi italiani istituiti nel 1985 e come tali vanno valorizzati e messi in condizione di poter svolgere le prerogative riconosciute loro. Perciò si auspicava una partecipazione significativa, per allineare le rappresentanze alle aspettative delle comunità. Nei paesi di antichi insediamenti, nei quali le esigenze dei nostri connazionali sono semplici, modeste queste rispondo alla riscoperta delle origini culturali, valoriali e identitarie. Altro è in Europa dove la diffusa libertà di movimento spinge gli italiani al concorso di un identità comunitaria e ampia, diverso è il rapporto con il Bel Paese e con le istituzioni italiane per chi vive nel paese della liberte infinite e delle tante opportunità. Invece i Comites possono rappresentare la nuova frontiera della rappresentanza e dei diritti per coloro che si sono trasferiti in Asia, dove gli aspetti culturali e i regimi politici mal tollerano presenze straniere organizzate. Radicati e da rafforzare nelle funzioni sono i Comites australiani e dell'Oceania. 

L’impegno nei Comites è tanto più efficace quanto maggiore è il consenso attribuito ai programmi elettorali e ai singoli candidati. Bisognerà evitare il proliferare di coacervi di interessi particolari, che nelle probabili debolezze dei nuovi Comites potrebbero causare l’implosione di questi organismi.

Michele Schiavone
Segretario generale CGIE