…è il titolo con cui è arrivato a noi un trattatello anonimo, scritto nel V secolo avanti Cristo. Il titolo si applica perfettamente a quello che stanno subendo i diritti di rappresentanza, di voto, di espressione di volontà degli italiani all’estero. Le picconate si erano iniziate, in forma subdola, subito dopo quella che era sembrata un’enorme vittoria: la modifica costituzionale datata 2000, che sancisce il pieno esercizio del voto in loco dei cittadini residenti fuori d’Italia. Nel 2006, la prima consultazione politica mondiale è macchiata da gravi errori: in America Latina viene proclamato senatore Edoardo Pollastri, che vince su Mirella Giai per una manciata di preferenze: se non ricordiamo male si trattava soltanto di 70 voti, spariti nella notte dello scrutinio. La Giai si appella al Senato, passano anni, poi viene riconosciuta la sua elezione. Nel frattempo, però, Mirella si unisce a chi sta costituendo un movimento associativo spontaneo e con loro vince il seggio senatoriale alle elezioni del 2008. La voce dei brogli nelle elezioni dei diretti rappresentanti degli italiani all’estero si gonfia e riappare come una maledizione ogni volta che si va alle urne. Nel 2018, ci sono finalmente le prove di massicce operazioni di produzione e convalidazione di schede false, che servono a far nominare il senatore Cario a danno dell’effettivo vincente, l’ex onorevole Fabio Porta, il quale si appella al Senato, ma la Giunta per le elezioni – malgrado l’evidenza schiacciante a suo favore – conferma Cario con l’appoggio, fra altri, dei 5 stelle. Le prossime politiche andranno ancora peggio perché. dopo la modifica costituzionale che ha ridotto i numeri dei deputati e senatori degli italiani all’estero da 18 a 12, le lotte – e i brogli – si moltiplicheranno. Ricordiamoci che gli scranni in Parlamento garantiscono un futuro sereno a chi riesce a sedervisi e ad accumulare il numero di mesi necessario per il vitalizio o la ricca pensione che lo sostituirà. Le avidità crescono e lo sparuto gruppo di inutili faccendieri della propria sopravvivenza al vertice della piramide della rappresentanza cominciano a guardarsi intorno per togliere di mezzo ogni potenziale competizione, incarnata negli esponenti di spicco del CGIE. Che fare? Cancellare il CGIE come propone una cittadina 5stelle, deputata di prima nomina, che ignora totalmente le realtà delle comunità nell’estero europeo ed extraeuropeo. Non basta cancellare il CGIE: la deputata 5stelle è convinta che si debba fare di più, sostituirne le funzioni che sono molteplici e delicate con una sola riunione annuale a Roma dei “Presidenti” degli intercomites, che dovranno raccogliere le voci dei territori per trasmetterle alla minuscola tribù indiana dei doppiamente miracolati da Dio al Parlamento. Peccato che proposte di questo genere siano state già sonoramente bocciate in passato da menti pensanti con molta maggiore chiarezza, che hanno invece e giustamente sancito la incompatibilità fra la carica di Presidente del Comites e quella di Consigliere del CGIE. Perché? Perché il Comites ha una competenza localistica e il CGIE deve fare la sintesi delle esigenze di tutto il mondo italiano all’estero, cosa che diventerebbe impossibile laddove fossero venti, trenta, cento presidenti, interessati ognuno al proprio campicello, a dover decidere per tutti gli emigrati, nella loro unica vacanza romana annuale. Peggio ancora, i Comites, che stanno per essere eletti nella più totale disfatta partecipativa, finiranno per rappresentare  nella maggior parte del globo e nel migliore dei casi non più del 2% o 3% degli aventi diritto, per merito dell’opzione inversa, inventata e imposta dalla Farnesina attraverso i canali di partito “per risparmiare”.  Sangue e arena non fa un baffo alla demolizione di una rappresentanza nata 35 anni fa nel caso dei Comites, 30 anni fa nel caso del CGIE e – di fatto – 15 anni da nel caso delle signore e dei signori parlamentari. Ha ragione Gente d’Italia quando dice: facciamo una battaglia per eliminare l’elezione dei parlamentari all’estero. Gli italiani che risiedono fuori d’Italia costituiscono il 10% della popolazione nazionale. Facciamo votare per le elezioni in Italia, in Europa e nelle Regioni. Soltanto così potranno costituire massa critica nelle decisioni a favore della continua crescita del Paese e ottenere il pieno riconoscimento dei loro diritti e poteri, senza dover subire la “Democrazia come violenza” di millenaria memoria. Lo diciamo con profonda tristezza e ancor più profondo rimpianto di coloro che si batterono per costruire un solido esercizio di democrazia alla portata di tutti i cittadini italiani ovunque essi fossero. Quei giganti non ci sono più o si sono avvitati malamente su se stessi e il divario di comprensione fra l’Italia e i suoi figli all’estero sta diventando pressoché incolmabile.

(CARLO CATTANEO)