DI V. GENTILE

Frane nel Bolognese, un muraglione di contenimento crollato a Genova a causa delle piogge intense, un morto nel Sud della Sardegna, allagamenti e smottamenti in Puglia, nubifragi alluvionali lungo tutta la Penisola. L’autunno caldo del clima, iniziato in ottobre con “tornado” di pioggia e grandine e precipitazioni record come quelle che hanno inondato Catania, preoccupa. Soprattutto dopo l’estate appena trascorsa, che ha visto l’Europa flagellata da alluvioni estive che hanno colpito soprattutto Belgio, Paesi Bassi, Italia nord orientale e Germania, causando oltre 200 vittime. “Una catastrofe surreale, quasi spettrale”, come l’ha definita la cancelliera Merkel.

Sul ruolo della crisi climatica nel moltiplicarsi di questi fenomeni non ci sono dubbi. D’altronde la Cop26 di Glasgow ha ribadito l’allarme lanciato dal sesto rapporto di valutazione dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), pubblicato il 9 agosto scorso: le attività umane stanno cambiando il clima della Terra in maniera “inequivocabile” e “senza precedenti” in centinaia di migliaia di anni.

Lo conferma un recente studio, condotto da 38 scienziati coordinati da Maarten van Aalst dell’Università di Twente (Paesi Bassi) membro dell’Ipcc e direttore del Centro per il clima della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. La ricerca ha utilizzato misurazioni meteorologiche e modelli informatici ad alta risoluzione per confrontare la frequenza di precipitazioni estreme estive come quelle che si sono verificate nell’estate del 2021 in Germania, Belgio e Paesi Bassi, con la frequenza prevista in un mondo senza cambiamenti climatici causati dall’uomo.

I risultati dimostrano che gli sconvolgimenti climatici hanno reso questi fenomeni tra 1,2 e 9 volte più probabili e che queste piogge sono ora dal 3% al 19% più intense. Come van Aalst ha dichiarato a The Guardian: “Gli enormi costi umani ed economici di queste inondazioni sono un duro promemoria del fatto che i Paesi di tutto il mondo devono prepararsi a eventi meteorologici più estremi e che abbiamo urgente bisogno di ridurre le emissioni di gas serra per evitare che tali rischi sfuggano ancora di più al controllo”.

Come si può evitare o mitigare questo rischio? Lo stato di salute del suolo ha un ruolo centrale: il consumo e l’erosione del suolo sono concause di alluvioni e inondazioni. Un rimedio però esiste: come ricorda l’Ispra, tra le strategie di mitigazione del rischio idrogeologico ci sono la manutenzione del territorio e le buone pratiche agro silvo pastorali. “L’agricoltura ha un ruolo determinante nei fenomeni di inondazione”, ha dichiarato Matthias Meissner biologo, esperto di suolo, a capo della sezione Biodiversità dell’ong Bund a Euractiv. “Sono importanti la capacità di stoccaggio dei suoli e la riduzione del ruscellamento superficiale dovuto a forti piogge”.

Tra le cause della perdita di capacità di infiltrazione dell’acqua nel terreno ci sono infatti le pratiche agricole dell’agricoltura convenzionale che impoveriscono il suolo per l’uso di sostanze di chimica di sintesi e pesticidi. “La stabilità fisica del suolo è un equilibrio delicato tra varie componenti”, spiega Alessandro Piccolo, docente di Chimica agraria all’Università Federico II di Napoli. “La degradazione di sostanza organica in suoli agrari iper-sfruttati senza l’apporto costante di humus provoca il collasso della struttura fisica del suolo: l’acqua piovana invece di infiltrarsi ruscella in superficie acquistando sempre più velocità e causando una forte erosione dei suoli e, spesso, eventi catastrofici come inondazioni”.

Dunque l’agricoltura, che è una delle attività più colpite dalle inondazioni, ne è al contempo anche una concausa, attraverso l’uso intensivo di prodotti di chimica di sintesi. Basti pensare che negli ultimi 20 anni la produzione agricola mondiale è triplicata, ma si è ridotta la fertilità del terreno e sono cresciuti l’abbandono dei campi e la desertificazione. Ogni anno si produce di più, ma si perdono 24 miliardi di tonnellate di suolo fertile: è il paradosso analizzato scientificamente dal Global Land Outlook, panel intergovernativo delle Nazioni Unite che studia le dinamiche del suolo e la desertificazione.

In Italia, paese fragile, cementificato e deforestato, nemmeno la pandemia ha fermato il consumo di suolo,  E nel solo 2021 ci sono stati, ad oggi, oltre 1.000 eventi climatici estremi, come segnala Coldiretti. È evidentemente urgente ripristinare l’equilibrio attraverso buone pratiche agricole e di selvicoltura.

Dal 2013 al 2019, il danno economico provocato da alluvioni, frane ed eventi estremi intensificati dal riscaldamento globale, è stato pari a 20,3 miliardi di euro, per una media di quasi 3 miliardi ogni anno, secondo uno studio di Greenpeace Italia. Numeri troppo alti per un Paese in cui, secondo i dati Ispra, oltre il 90% dei Comuni è a rischio frane o alluvioni e oltre 3 milioni di persone abitano in aree a forte rischio idrogeologico. Lo stesso Paese in cui la legge sull’agricoltura biologica è ferma da oltre due anni, nonostante la strategia europea del Green Deal si prefigga l’obiettivo del 25% di superficie coltivata a biologico entro il 2030.