di Fabio Porta

I centenari ci aiutano a riflettere sul senso della storia, sui suoi insegnamenti e sull’evoluzione di processi e comportamenti.   In alcuni casi sono momenti di commemorazione e di festeggiamenti, in altri di ricordo e riflessione, come avviene per i cento anni che ci separano dall’ascesa del movimento fascista e dalla nascita del PNF, il Partito Nazionale Fascista, e dalla cosiddetta “marcia su Roma”: due episodi che segneranno la rapida e sorprendente escalation di un movimento nato appena due anni prima, nel 1919.

Nel 1921 il fascismo fu il protagonista di una vera e propria guerra civile contro tutti gli avversari, che di fatto si concluse nel 1926 con l'instaurazione in Italia di un regime totalitario.   Quando divenne partito, nel novembre del 1921, il fascismo spadroneggiava con la violenza delle squadre in gran parte d'Italia; giunto al potere nell'ottobre 1922, impose il proprio dominio perseguitando, bastonando, imprigionando, esiliando e persino assassinando chiunque, anche pacificamente, gli si opponesse.

Da cento anni, gli storici hanno cercato di capire il successo del partito fascista, ponendosi le stesse domande: come nacque il fascismo? Chi erano i fascisti?  Quali situazioni contribuirono alla sua affermazione? Quale parte ebbero la borghesia e ceti medi nel suo sviluppo? Cosa era lo squadrismo? Cosa fecero i partiti e sindacati antifascisti per arrestare l'avanzata del fascismo? Perché la sua violenza di partito non fu repressa dai governanti liberali con l'uso della forza legittima dello Stato? E, soprattutto, la domanda delle domande: quale ruolo ebbe Benito Mussolini, il fondatore dei Fasci nella crescita del fascismo e nella sua ascesa al potere?

A ciascuna di queste domande prova a rispondere lo storico italiano Emilio Gentile nel suo libro “Storia del Partito Fascista. 1919-1922. Movimento e Milizia”, pubblicato quest’anno dalla casa editrice Laterza.

Per lo storico italiano “la Storia del partito fascista mostra tuttavia che nulla era inevitabile nella ascesa del fascismo. Molto dipese dalle scelte dei fascisti, individui e massa, che agivano in situazioni dall'esito incerto e imprevedibile, dove erano possibili il successo, la sconfitta e persino la sopravvivenza. Ma molto più influirono le scelte dei governanti e dei partiti antifascisti, e il modo in cui valutarono il fascismo. In realtà, tutti lo sottovalutarono. E furono sconfitti”.

La “sottovalutazione”: questo è forse l’insegnamento ricorrente più significativo ed emblematico dei fatti avvenuti cento anni fa.  Non perché, banalmente, “la storia si ripete”, come a volte superficialmente sentiamo dire da giudizi affrettati che riprendono (spesso senza conoscerla) l’analoga teoria filosofica del napoletano Giambattista Vico sui “corsi e ricorsi storici”.   No, la storia non si ripete in maniera automatica e semplicistica.  Ciò però non vuole dire che gli errori drammatici di una storia passata, più o meno recente, non possano ripetersi, e anche in misura maggiore, e che le lezioni di quanto successo dieci, cento o mille anni fa non possano essere riferimenti importanti ed esemplari per evitare di incorrere negli stessi tragici errori.  

E’ per questi motivi che l’assalto di qualche settimana fa a Roma della sede del maggiore sindacato italiano da parte di squadristi di un movimento politico che si richiama agli ideali del fascismo, a cento anni esatti da quegli episodi analoghi avvenuti in Italia, ha causato un moto di commozione e solidarietà in tutto il Paese e riproposto il dibattito su questi temi.   E’ per questo che, in Italia come in Brasile e nel resto del mondo, non dobbiamo mai dimenticare che la democrazia è come una pianta, forte ma sensibile, da curare e irrigare ogni giorno da parte di ciascuno di noi.