DI MARCO FERRARI

 

Causa pandemia, il centenario di Yves Montand è passato quasi inosservato in Italia e Francia, i paesi a cui era più legato, essendo nato a Monsummano Terme il 13 ottobre del 1921 ed essendo diventato poi un’icona del mondo dello spettacolo d’oltralpe. Anche il grande Montand, dunque, è figlio dell’emigrazione italiana. Sembra un destino ingrato quello che lega il piccolo paese termale della Toscana ai grandi personaggi, fedele al detto latino “nemo profeta patrie”: Giuseppe Giusti, il più importante poeta satirico del Risorgimento, che trovò fortuna dalla Lombardia alla Campania, decise di lasciare Monsummano per morire a Firenze; David Bowie, che nel 1969, l’anno che decretò il suo successo con “Space Oddity”, al festival internazionale della canzone di Monsummano arrivò secondo; Ives Montand, al secolo il monsummanese Ivo Livi, fu costretto a trovare rifugio in Francia a causa del fascismo. Un piccolo omaggio glielo rende il Museo di arte contemporanea e del Novecento di Monsummano Terme, ospitato nella Villa Renatico Martini, a pochi metri dalla casa in cui nacque il poliedrico l’artista. Il museo, che espone un nucleo permanente di opere di pittura, grafica e scultura, dedica a Montand la Saletta delle Ceramiche con le foto conservate dai parenti, manifesti del teatro, ricordi e i rimorsi dei vecchi coetanei.  "Ivo monta!", gli gridava la madre alla finestra con la zuppa calda in tavola, quando era l'ora di smettere di giocare e rientrare a casa. Non lo sapeva, ma stava battezzando il figlio per la seconda volta. Da un richiamo a un nome d'arte, da Ivo Livi a Yves Montand. Un altro omaggio è venuto dall’Abc Festival in estate con uno spettacolo in suo onore rammentando la decisione della famiglia di trasferirsi a Marsiglia per sfuggire alle angherie delle squadracce fasciste e quindi l’incontro con i grandi artisti dell’epoca. Ivo era l’ultimo di tre fratelli, figli di una coppia, Giovanni e Giuseppina, attivisti socialisti, titolari di una piccola fabbrica artigiana di scope. Giunto in Francia all'età di 4 anni, naturalizzato nel 1929, abbandonò la scuola a undici anni, facendo i più svariati mestieri, operaio, fattorino, parrucchiere, metalmeccanici, docker, un povero tra i poveri, un immigrato tra gli immigrati. Anche loro sognavano l’America ma si fermeranno in Francia. Passato da Marsiglia a Parigi, il toscano a metà degli anni Quaranta visse un’intensa relazione sentimentale con Edith Piaf che lo aiutò in maniera determinante a muovere i primi passi nel mondo della canzone, dando l’avvio a una fortunatissima carriera artistica, durante la quale abbinò la musica al cinema. Montand visse altri intensi amori, ma la donna della sua vita divenne l’attrice francese Simone Signoret. L’evento decisivo della carriera scaturì nel 1946 dall'incontro con Marcel Carné e Jacques Prévert, che vollero affidargli la parte di protagonista in “Mentre Parigi dorme”, dopo la rinuncia di Jean Gabin che aveva preferito accettare la scrittura per un altro film. Nella pellicola venne inserita una canzone, scritta dallo stesso Prévert e musicata da Joseph Kosma, destinata a diventare il brano-simbolo di Yves Montand e uno dei più celebri motivi della canzone francese, “Les feuilles mortes”.
Nel 1953 interpretò il protagonista Mario nel capolavoro “Vite vendute” (Le salair de la peur), mentre nel 1960 lavorò negli Stati Uniti interpretando “Facciamo l’amore” (Let’s Make Love) a fianco di Marilyn Monroe. Il film che, pur non ottenendo successo al botteghino e nella critica, rimase celebre per la relazione che Montand intrecciò con la Monroe, all’epoca sposata con il drammaturgo Arthur MillerNegli anni Sessanta, da militante comunista, Montand aumentò il proprio impegno politico e sociale, partecipando a pellicole di sempre maggior spessore, quali “La guerra è finita” e nel 1969 “La confessione”, vincitore dell’Oscar al miglior film straniero. In quel periodo diventa un simbolo della sinistra assieme al fratello Giuliano, sindacalista della Cgt. Yves Montand incise la famosa canzone partigiana “Bella Ciao” ed anche il famoso brano popolare “Amor dammi quel fazzolettino”. Ma dopo l’invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia il suo atteggiamento verso il comunismo mutò e appoggio il movimento di Walesa. Yves Montand morì nel 1991, a 70 anni, durante le riprese di “IP5 - L'isola dei pachidermi”, per un malore che lo colse dopo una nuotata in un lago gelato, richiesta dal copione. Carole Amiel, la sua ultima compagna, che lo seguì nell’ultimo tour, così lo ha ricordato: “Non è il cantante che si ferma davanti a un microfono e che canterà la sua canzone. Si muove, canta, prende un cappello, mima. Entriamo in un universo molto speciale per tre minuti”.