Di MICHELE SCHIAVONE

Terminati gli scrutini e di conseguenza le proclamazioni degli eletti nei futuri Comitati degli Italiani all’Estero non si ravvisano ragioni consolatorie per dissimulare gli esiti rocamboleschi e fallimentari di una campagna elettorale pensata dalla Farnesina per coinvolgere un numero di elettrici e di elettori superiore ad una percentuale a due cifre e, quindi, voluta per coniare il cambio generazionale e dare nuovo slancio ad un’autoriforma di facciata e gattopardesca, che avrebbe lasciato immutati i meccanismi che tengono assieme e regolano i Com.It.Es. i quali hanno bisogno di altro per rivitalizzarsi, e finita molto male. Invece, i risultati inqualificabili sono sotto gli occhi di tutti e mettono fortemente in discussione le scelte compiute dal governo con l’avallo di diversi parlamentari eletti nella circoscrizione estero, intervenuti per organizzarle nella maniera e nei tempi ridotti, che abbiamo conosciuto. In una circoscrizione consolare australiana gli optanti sono stati 46 e i votanti 29, in un’altra europea si sono iscritti 188 elettori, dei quali hanno partecipato in 97 esprimendo 86 voti validi. Questi dati esprimono uno scempio della democrazia, rappresentano lo specchio della mancanza di una guida politica e di una distanza percettiva assiderale da parte di Roma dai luoghi della vita delle nostre comunità e dalla realtà concreta degli italiani all’estero. La teorizzazione, una cultura disallineata dalla realtà porta ad arrossire e fa gelare le membra di coloro che in questi organismi ci credono e si sono sempre impegnati per sostanziarli e rappresentarli. Gli alibi non trovano giustificazioni plausibili, sono devianti e incoerenti. La campagna elettorale per i Com. It.Es. è stata avviata sulla scia di numerose perplessità sia sulla tenuta della macchina organizzativa, sia per l’uso degli strumenti comunicativi improntati al risparmio quando si sa da sempre che, con i numeri di nostri connazionali espatriati non è difficile rintracciarli anche sulle montagne del Nepal e delle Ande e che per coinvolgerli nei processi elettorali servono strumenti performanti, continuità d’informazione e investimenti di capitali, proprio perché la partecipazione condizionata dall’opzione richiede prima un’informazione diffusa, dalla quale ne discende la richiesta di iscrizione sulle liste elettorali e la conoscenza delle procedure per metterli in condizione di scegliere le candidate e i candidati. Purtroppo questa tornata elettorale ha lasciato dietro di se il deserto della partecipazione e tante macerie, che prefigurano tanta opacità sulla futura rappresentanza di base delle nostre Comunità all’estero. In attesa di conoscere i dati ufficiali degli optanti e dei partecipanti, dei numeri disaggregati di tutti i movimenti correlati alle votazioni sarebbe utile conoscere le valutazioni di chi ha causato questo disastro. Intanto le notizie delle disfunzioni amministrative non si fanno attendere e rilevano le falle, che hanno fatto inceppare diversi meccanismi procedurali. Giungono notizie di parecchie contestazioni e di messa in discussione di alcuni risultati, di conseguenza di ricorsi al Tribunale Amministrativo di Roma, e cosa molto più grave, di scrutini effettuati in stanze protette e sterili, non per motivi precauzionali per proteggersi dal contagio del Covid, ma per scelta di tener lontano dai seggi connazionali interessati allo spoglio delle schede elettorali. Ovunque in Italia e per ogni elezione i seggi sono aperti al pubblico, lo vediamo quando le televisioni e giornalisti per dare le notizie fotografano i leader. Cosa diversa è successa a Montevideo, dove non è stata autorizzata la presenza di un giornalista. In materia di diritti non si possono praticare scelte discriminatorie, in uno stato di diritto serve osservare le norme e non praticare due pesi e due misure. Non ci sarà tanto tempo per leccarsi le ferite per sanare questa triste e orrenda realtà, che ha riportato alle caselle di partenza la rappresentanza degli italiani all’estero. Ancora una volta siamo di fronte al mitico e antico quesito shakespeariano dell’essere o non essere, per cui sul futuro della rappresentanza degli italiani all’estero e sulle inderogabili riforme legislative è auspicabile coinvolgere e far decidere i connazionali e non coloro, che di questo mondo e delle nostre storie hanno conoscenze teoriche inapplicabili nella quotidianità.

MICHELE SCHIAVONE 
SEGRETARIO GENERALE CGIE