Di MARCO FERRARI

Una donna originale e stravagante, una regista di grande classe, una regina della commedia: ci ha lasciati Lina Wertmüller, deceduta ieri a Roma all’età di 93 anni. Protagonista assoluta del cinema italiano, è stata la prima donna nella storia a essere candidata all'Oscar come migliore regista, per il film “Pasqualino Settebellezze” nell’edizione del 1977. Nel 2020 le è stato assegnato il Premio Oscar alla Carriera. Lina Wertmüller, al secolo Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, era nata a Roma il 14 agosto del 1928 da un avvocato lucano di lontane origini aristocratiche svizzere e da madre romana. 

Dopo essersi iscritta a una scuola di teatro a 17 anni, era diventata burattinaia, ma subito dopo era riuscita ad entrare nel mondo di Cinecittà grazie alla sua compagna di scuola, Flora Carabella, la quale sarebbe poi diventata la moglie di Marcello Mastroianni. Flora le aveva presentato Federico Fellini con il quale ha lavorato come aiuto regista nel capolavoro “La dolce vita”. Successivamente era entrata nel gruppo di Giorgio De Lullo e Garinei e Giovannini, lavorando per il grande e piccolo schermo tra commedia e cinema d'impegno, satira e realismo popolare. Non a caso nel 1956 era stata tra gli autori della prima "Canzonissima" per la Rai cominciando anche a frequentare le location dei film. La cerchia dei suoi amici si estese ai grandi nomi del momento, da Suso Cecchi d'Amico a Luchino Visconti, da Marcello Mastroianni a Franco Zeffirelli, assieme al quale scrisse la sceneggiatura di "Fratello sole, sorella luna". L'anno decisivo della sua carriera era stato il 1963 con il debutto come regista al cinema con il film “I Basilischi”, un viaggio nella piccolissima provincia come riparo dal mondo e dalle responsabilità, rifugio per giovani cresciuti nell'accidia senza lo straccio di un ideale o di un obiettivo che non sia quello di una decorosa sopravvivenza. La regista scelse tre giovani che vivevano in un tipico paesino di provincia, Minervino Murge, situato tra la Puglia e la Basilicata. Il film è il ritratto della loro vita, ormai troppo intrisa di apatia e provincialismo per poter far loro desiderare davvero di spiccare il volo verso mete più stimolanti. Nel 1964-65 realizzò la versione televisiva di uno dei libri per ragazzi più popolari, “Il giornalino di Gian Burrasca”, romanzo scritto da Vamba nel 1907 e pubblicato prima a puntate su “Il giornalino della Domenica” tra il 1907 e il 1908 e poi in volume nel 1912. Era stata sua l'intuizione geniale di affidare il ruolo principale a Rita Pavone, vestita in abiti maschili, trasformandola in un’icona delle giovani generazioni. Gli episodi, ambientati in Toscana, trasmessi dal primo canale della Rai, dedicati al personaggio di Vamba, batterono ogni record di ascolto e lanciarono lo sceneggiato nella storia della televisione italiana. Da allora scelse il cinema quale sua palestra professionale in un’epoca in cui le donne registe erano praticamente escluse da Cinecittà. La Wertmüller divenne una regista

ricercata grazie anche alla scelta di una coppia formidabile di interpreti, lo spezzino Giancarlo Giannini e la milanese Mariangela Melato. A loro due sono legati due dei suoi titoli più celebri ed amati, “Mimì metallurgico ferito nell'onore” del 1972 e due anni dopo “Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto”, considerato uno dei ritratti migliori della borghesia italiana, tanto da meritarsi un remake statunitense che non raggiunge il successo della prima edizione italiana. Fu sua anche l’intuizione di dare alle pellicole dei titoli lunghissimi, copiata anche da altri autori come Ettore Scola. Quel metodo di intitolazione è diventato un suo marchio di fabbrica: “La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia” (1978), “Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici” (1978), "Scherzo del destino in agguato dietro l'angolo come un brigante de strada" (1983), "Sotto... sotto strapazzato da anomala passione" (1984), "Notte d'estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico" (1986) e "Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica" (1996). Il suo ultimo film è stato "Peperoni ripieni e pesci in faccia", del 2004 con Sophia Loren e Frank Murray Abraham. l suo attivo oltre trenta film anche come sceneggiatrice accanto a Sergio Sollima (“Città violenta”), Pasquale Festa Campanile (“Quando le donne avevano la coda”, “Quando le donne persero la coda”), Enrico Maria Salerno (“Nessuno deve sapere”), serie, corti e film tv, tra i quali “Il decimo clandestino”, “Francesca e Nunziata”, “Roma, Napoli, Venezia... in un crescendo rossiniano”. Nel suo lungo carnet anche la radio, prosa e varietà, (“Prova generale”, “Un Olimpo poco tranquillo”, “La dolce vitaccia”). Ha condiviso con lo scenografo Enrico Job la vita in un sodalizio coniugale e professionale durato fino alla morte di lui nel 2008. Insieme hanno avuto una figlia, Maria Zulima. Resterà impressa nella mente di tutti per il suo modo di vestire: “Se con look si intende i miei occhiali bianchi, mi hanno sempre dato un senso d’estate, e sul capello corto dico: sono sempre stata un maschiaccio” usava rispondere.