...per un mondo d'amore, cantava Gianni Morandi molti anni fa. E, molti anni fa, questo era l'inno anche degli italiani all'estero. Il 2021 che sta per chiudersi li ha portati a un brusco risveglio, con una fila di anniversari dei traguardi che sembravano raggiunti, su cui speravano di costruire, perché questa era stata la promessa implicita nelle battaglie per l'approvazione di norme di legge, l'istituzione di organismi di rappresentanza, il salto con l'asta dall'estero al Parlamento italiano. 35 anni fa, nel 1986, si insediano i primi Co.Em.It. – Comitati dell'emigrazione italiana. I nomi degli emigrati sono stati stralciati dagli elenchi elettorali, perché per troppe volte non hanno potuto partecipare alle consultazioni politiche o amministrative, dato che per farlo dovevano tornare a proprie spese nella città di loro ultima residenza. L'AIRE non esiste ancora, quindi i Ministeri degli affari esteri e dell'Interno si basano sulle valutazioni empiriche e le registrazioni presso i Consolati, attribuendo numeri non sempre confermati né confermabili alle diverse sedi diplomatico-consolari per decidere se devono nascere Co.Em.It. composti da 24 oppure da un numero inferiore di membri.

Il rapporto fra Co.Em.It. e i Consoli di riferimento è nella maggior parte dei casi ottimo. Insieme costruiscono regolamenti interni, riconoscimenti presso le autorità straniere, contatti con i grandi politici italiani dell'epoca, iniziative ed eveti di largo respiro. Nell'87, Andreotti convoca una maxi-conferenza a Roma sulla promozione dell'insegnamento di lingua e cultura italiane e invita tutti i presidenti dei Co.Em.It. La Conferenza è un successo, molti suggerimenti vengono ripresi e arricchiti nel Convegno di Montecatini datato 1996, ma ancora adesso parecchie innovazioni proposte allora rimangono una ricchezza irrealizzata, scritta su innumerevoli documenti, ma ancora utopica. Nel 1988, 21 Presidenti dei Co.Em.It. di altrettanti Paesi del mondo entrano nel Comitato organizzatore della II Conferenza Nazionale dell'Emigrazione, che si tiene a Roma e sancisce la necessità di creare un organo di raccordo e concertazione del mondo italiano all'estero con le istituzioni italiane. Nasce il Consiglio Generale degli Italiani all'Estero, di cui ricorre quest'anno il trentennale, perché si insediò il 13 dicembre del 1991 alla Farnesina, presieduto dal Ministro degli Esteri, che delegava l'effettiva conduzione del CGIE a un sottosegretario presente a tutte le riunioni del Comitato di presidenza e dell'Assemblea plenaria dal primo all'ultimo giorno dei lavori.

I diplomatici del superiore Ministero tengono a battesimo il CGIE e lo accompagnano nella battaglia per il voto all'estero, coinvolgendo la stampa e il giornalismo audiovisivo nella scalata al successo, anche attraverso la sensibilizzazione dell'opinione pubblica. La storia di questa richiesta, delle vittorie momentanee e delle successive sconfitte, dei "tradimenti" di questo o di quel gruppo politico, si trascina dal 1993 al 2000 per la modifica costituzionale e alla fine del 2001 per la legge ordinaria, che regola lo svolgimento delle consultazioni nella circoscrizione Estero. 15 anni fa, nel 2006, si tiene la prima elezione dei parlamentari degli italiani all'estero. Da allora le cose cambiano, dapprima insensibilmente, poi sempre più rapidamente, poi con un abbrivio pericoloso. Il completamento dei livelli di rappresentanza con un tutto armonico fra gli organismi di base, quello di raccordo e il vertice alla Camera e Senato si dimostra una beata illussione. I parlamentari esteri difendono il proprio scranno con le unghie e con i denti dagli assalti dei Consiglieri del CCGIE. I Presidenti dei Com.It.Es., Comitati degli italiani all'estero che hanno sostituito i Co.Em.It., usano la loro carica per avviare la scalata al Parlamento, a onori e prebende, a titoli, fondi e visibilità.

La Farnesina, nella sua assoluta intelligenza del governare e dividere, guida i meno capaci, usa i più malleabili, congela le proposte più avanzate, che darebbero maggiore dignità a questa o quella iniziativa, controlla, corregge, limita, oppone muri di gomma a qualsiasi assunzione di maggiore potere da parte dei componenti di questo o quel livello di rappresentanza. Anche il dialogo con gli altri Ministeri, fruttuoso e continuo nei primi vent'anni dei Comitati e 15 anni del CGIE si sfilaccia. I pareri sulle questioni che riguardano leggi e interventi per gli italiani all'estero non vengono sempre chiesti oppure sono presentati imponendo tempi strettissimi per la formulazione di indicazioni in proposito. Leggi e leggine concordate dal MAECI con Parlamento e altre realtà decisionali limitano sempre più i poteri degli esponenti dell'emigrazione tradizionale a favore delle nuove mobilità che della rappresentanza della diaspora non ne vogliono sapere. Le proposte più innovative che provengono dall'estero finiscono in cassetti chiusi a chiave, le decisioni sull'applicazione delle leggi sono prese ad libitum, anche quando l'Ufficio legale della Farnesina offre un'interpretazione più o meno pro veritate. Sembra quasi che si sia creata una frattura incolmabile nel rapporto fra i diplomatici e gli italiani all'estero, che ha raggiunto l'apice massimo nella gestione della profonda debacle delle recentissime elezioni per il rinnovo dei Com.It.Es. In questo mondo globalizzato l'Italia sta distruggendo il più forte strumento di internazionalizzazione che la storia ha messo a sua disposizione: gli italiani e gli italodiscendenti raccolti nelle comunità. Per sostituirli con che cosa? Con la rete dei social? Con i personaggi ad alta visibilità?  Con le Selvaggia Lucarelli di turno? Staremo a vedere e vigileremo con tutte le nostre forze.

(Carlo Cattaneo)