di Pietro Salvatori

Scena: ministero dell'Economia, interno giorno. Matteo Salvini chiede udienza al titolare del Tesoro, Daniele Franco. Il leader della Lega arriva a via XX settembre con una cartella piena di richieste, perché, spiega un leghista, "Franco parla solo con Draghi, e per capirci qualcosa bisogna fare così". E dunque Salvini "fa così", e si siede davanti al ministro baldanzosamente chiedendo più soldi per il caro energia, almeno 5, forse 6 miliardi per il secondo trimestre. Franco lo gela, gli spiega che il governo cambierà marcia, che bisogna concentrarsi sugli interventi strutturali. Salvini rincula: ok, parliamo degli interventi strutturali, e quindi parliamo di nucleare, perché è una fonte di energia sicura, perché anche la Francia fa così, perché rischiamo di rimanere indietro. Il ministro fa metaforicamente spallucce, spiega che valuterà la questione, lascia intendere che il dossier non è una priorità di governo. Salvini rincula, arrivederci, arrivederci.

Il Capitano è prigioniero del suo Pequod, lanciato alla ricerca di una balena bianca che nel suo caso non ha nome, non ha una forma, non è nemmeno certo in fondo che sia una balena. Fino a ieri Mario Draghi era intoccabile, mitologico ircocervo che avrebbe garantito la stabilità del governo e che quindi non si può toccare per spedirlo al Quirinale, non sia mai, anche se ti garantiscono con Giorgetti a Palazzo Chigi, perché è pur sempre il numero due che lavora nall'ombra della luce, guai dargli il proscenio, e poi sarebbe complicato, e quindi meglio tenersi Sergio Mattarella.

Salvo poi, una volta fallite tutte le strategie quirinalizie e costretto al ritorno all'uguale, scordarsi di rivendicare l'altolà e scuotere l'albero che si era puntellato alla prima occasione utile. L'ennesimo decreto Covid è quindi l'occasione giusta per dire che no, i ministri del Carroccio si asterranno, Giorgetti stesso non va al Consiglio dei ministri per evitare una figuraccia, "ma lo sapevo", dice il leader che tiene molto a far sapere che proprio oggi si è recato al Mise, a trovare il suo braccio destro, e che non c'è alcun problema.

C'è una parte leghista che ha preso assai poco bene lo strappetto. Raccontano che per avere un comunicato di solidarietà da parte dei governatori si è dovuto discutere molto. E alla fine quel comunicato relegava la "preoccupazione" per presunta discriminazione degli studenti non vaccinati, pretesto per l'astensione in Cdm, all'ultima parte, sommerso da righe di elogio per la direzione assunta da Draghi, quella che guarda a riaperture e ripartenze.

Come è possibile che non si sia intestato Mattarella e il "successo" nella stabilizzazione del governo, come è possibile che non abbia cavalcato l'onda dei primi provvedimenti che sposano esattamente le richieste leghiste? "Perché è in totale confusione", spiega un esponente degli industriali del nord che guarda quasi con rammarico il divincolarsi di uno che sembra prigioniero del suo labirinto. Draghi ha accolto le obiezioni leghiste con un "va bene, andiamo avanti", sostanzialmente derubricandole al nulla di cui sono costituite. Il premier non ha alcuna intenzione di assecondare lo smaniare del leader leghista, che lunedì chiederà a gran voce la conferma dei vertici Mps, e tornerà a minacciare sfracelli in nome del cambio di passo e che un'altra volta verrà scavalcato dalla premiata ditta Draghi-Franco, intenzionati a cambiarne la governance.

"Le aziende vogliono la stabilità, al governo si devono mettere a pedalare", dice Paolo Agnelli, imprenditore bergamasco alla guida di Confimi, network che rappresenta 45mila imprese, oltre 600mila dipendenti, 85 miliardi di fatturato, la gran parte proprio al nord: L'ultima cosa da fare - prosegue - è farlo cadere per interessi partitici, sarebbe assurda una crisi adesso". Agnelli è un tipo pragmatico, che non ha paura di essere etichettato se combatte per gli interessi della sua gente. Di certo dalle sue parti Salvini non gode di cattiva stampa, accolto da un'ovazione all'assemblea generale dell'associazione ai tempi del governo gialloverde, quando il presidente gli chiese di istituire un ministero per la Pmi, e per qualche settimana sembrava anche che si potesse fare.

Spiega l'industriale del Nord che "Salvini è ossessionato dal consenso, dai voti che gli ruba Meloni, dal tatticismo che gli serve per uscire dall'angolo di giornata, ma non ha compreso una cosa fondamentale". Quale? "Che la sua base elettorale non sono un gruppetto di no-vax che elettoralmente non gli portano nulla, ma la manifattura e le Pmi del nord che da lui si aspettano tutto. E la sua principale base di consenso è iper vaccinata, perché qui da noi se perdi un giorno di lavoro perdi fatturato, mica sono scemi". Vedi Agnelli, per esempio, che è scaltrissimo e non si lascia convincere dagli annunci roboanti del segretario della Lega, che chiede 30 miliardi di scostamento per affrontare il caro energia: "Dire 30 miliardi e basta non significa nulla, ma proprio. nulla. Mi devi dire non solo da dove li prendi, ma anche quali sono gli interventi concreti, come li vuoi spendere, come vuoi affrontare strutturalmente il problema, che dare quattro soldi e basta a pioggia non serve a nulla".

In un continuo zig-zag ieri era la giornata dello strappo, oggi quella della concordia: "La Lega è stabile al governo, non serve rivedere la squadra", dice allontanando le richieste di rimpasto, negando che ci sia un problema con Giorgetti, perché se ieri ha visto Luigi Di Maio è questione tecnica, "ha incontrato dei ministri per occuparsi di tutela del lavoro e Ilva", e certo, come no. Arriva alla Camera per ascoltare Mattarella che blinda il governo ("Nato, con ampio sostegno parlamentare, nel pieno dell'emergenza e ora proiettato a superarla, ponendo le basi di una nuova stagione di crescita sostenibile del Paese e dell'Europa, al Governo esprimo un convinto ringraziamento e gli auguri di buon lavoro") viene respinto perché scoperto positivo. Ritorno a casa e post d'ordinanza, nel quale fa buon viso a cattivo gioco rammaricandosi di essersi ammalato non nel giorno del rispettoso ascolto del presidente rieletto, ma "proprio nel giorno del panettone di San Biagio..!!", al quale la mattina si affidava in una prima puntata di quella che sarebbe poi diventata una saga spiegando che in suo onore "si mangia una fetta del panettone dei giorni di natale per guarire o prevenire malattie". Quando il capo dello Stato finisce di parlare ecco un'invettiva contro lo stop alle auto diesel. Deve passare un'ora per accorgersi che la Lega è stata decisiva (con grande scorno delle truppe meloniane) alla rielezione, e applaudirlo un po' per quel che gli interessa, vale a dire "soprattutto le parole sulla giustizia".

È inchiodato in un limbo tra l'ottimismo della volontà, quella attraverso la quale sparigliando cerca di recuperare il consenso che, sondaggi alla mano, in tre anni si è praticamente dimezzato, e il pessimismo della ragione, che mette in fila tutti i perché aprire una crisi non conviene e le pressioni sul governo sortiranno effetti risicatissimi. Giuseppe Leoni, tra i co-fondatori di una Lega che non esiste più, osserva che "il segretario non ne indovina una". E se gli si domanda che strategia ha in mente risponde che "bisognerebbe chiederlo a lui", azzardando però una spiegazione: "Io penso che avrà visto gli ultimi sondaggi e ora si mette a fare un po' di cinema, come è abituato, per vedere di recuperare qualcosa".

Sempre che gli serva a qualcosa. Sentite qua Agnelli: "Se Salvini si mette a a far casino, lo fermassero. Ci sono problemi, ma pensate che se se ne va Draghi e arriva un altro si risolvono? È meglio star zitti e andare avanti a lavorare, magari se ne riparla più in là". La fonte degli industriali del nord concorda: "Le spinte anti-governo sono tutte politiciste, quando Giorgetti torna in Brianza gli chiedono che risultati ha portato a casa, la loro base è gente pragmatica". Sarà un peccato per il pathos, stroncherà i colpi di scena, ma tra l'ancora di Draghi e il richiamo delle sirene del nord il Pequod salviniano farebbe meglio a tornare ad approdi sicuri. Prima di iniziare a imbarcare seriamente acqua.