(foto depositphotos)

di Franco Esposito

L'ambasciatore della bicicletta. E come tale premiato dall'Onu. Un grande italiano. La storia di Ernesto Colnago andrebbe raccontata nelle scuole. Apprendista a tredici anni - con lui in officina lavorava anche Giamaria Volontè - ha messo in sella anche Papa Wojtyla e fatto vincere corse classiche e giri con suoi gioielli frutto di formidabili intuizioni. Campioni come Eddy Merckx, Gianni Motta, Giuseppe Saronni e centinaia di assi del ciclismo. Geniale innovatore, viene definito il Benvenuto Cellino delle due ruote. La definizione fu coniata da Gianni Brera, il grande giornalista padano. Abatino, Rombo di tuono, e altri: i nomignoli appartengono tutti alla inesauribile fantasia di  Brera. 

Novant'anni mercoledì, Colnago li festeggia alla Bocconi di Milano. Hanno assicurato la loro presenza ministri, ex premier, docenti universitari, rappresentanti del mondo dell'arte e della cultura. Novant'anni e non sentirli, per questo grande italiano precursore e innovatore, oltre che grande stratega del marketing. Un signore d'altri tempi, che però guarda in avanti. Sempre. Unica sinergia praticata con convinzione assoluta, quella con se stesso, “Il destino ha voluto che un pezzo di storia la scrivessi anch'io”, 

Costruttore di biciclette che hanno meravigliato il mondo e fatto vincere, abbraccia il mestiere dopo una caduta in qualità di corridore ciclista alla Milano-Busseto. “Però già lavoravo alla Gioia, falsificando i documenti. Io ne avevo  tredici, di anni; ce ne voleva uno in più”. 

Una personalità forte già allora, convinse il papà a trovargli un locale per allestire un'officina. Un vano, una stanza cinque metri per cinque, davanti all'osteria del suo paese, Cambiago, nella Martesana, non lontano da Milano. 

Nella piccola officina montava biciclette per la Gloria e si faceva pagare in materiale tecnico occorrente per la riparazione delle bici dei clienti. “I primi telai li ho realizzati con mio fratello Paolo, rimasto sempre al mio fianco”. L'incontro che ha cambiato la vita di Colnago avvenne alla  vigilia della partenza del Giro d'Italia nel 1955. Giorgio Albani, allora ancora corridore, lo invita a una pedalata alla buona, tra amici, con il famoso Fiorenzo Magni. “Il campione toscano aveva un dolore a una gamba, Mi consegnò la sua bicicletta, poi fece un intero allenamento in sella a una bici che io avevo modificato. Il risultato? Nessun fastidio durante l'allenamento. Il giorno mandò un massaggiatore da me con una richiesta: ti offro di venire al mio seguito al Giro”, 

L'immenso Eddy Merckx, il Cannibale, gli avversari se li mangiava tutti. Colnago ha collezionato in carriera sessanta titoli mondiali, diciotto volte sul gradino più alto del podio alle olimpiadi e oltre ottocento vittorie. “Eddy mi ha fatto anche da maestro, spingendomi verso innovazioni tecniche che sembravano in partenza inaccettabili. Difficile dirgli di no, lui vinceva sempre”. 

Colnago è un protagonista dello sviluppo dell'industria della  bicicletta. Un protagonista assoluto. “Grazie anche proprio a Eddy Merckx”. Fu lui a chiedere una bici speciale per il record dell'ora, battuto dal belga cinquant'anni fa. Catena e manubrio forati e tubi speciali. Ma la vita di Colnago l'ha cambiata anche l'ingegnere Enzo Ferrari, signore a padrone dell'industria con sede a Maranello. “Mi ero messo in testa di fare un telaio al carbonio. Ferrari disse che avevo davvero un bel coraggio. E mi stupì parlandomi in brianzolo. Nacque una straordinaria collaborazione, è durata trent'anni”. 

Le frasi di Enzo Ferrari hanno scandito un'epoca. Erano da titoli a nove colonne, e lui perfettamente consapevole. L'ingegnere aveva la tessera di giornalista professionista. “Le sua frasi? La bici è una macchina perfetta. E l'altra: fai la forcella anteriore dritta. La disegnò su un tovagliolo al ristorante, mangiando mortadella”. 

La fibra di carbonio come strumento di rivoluzione del mondo della bicicletta. Grazie alla spinta iniziale di Ferrari. “E con i cambi di telai e della forcella vincemmo la Parigi-Roubaix. Primo Ballerini, un successo storico”. Intuizioni propedeutiche alle vittorie. Colnago ne parla in un libro di recente pubblicazione, scritto a quattro mani con il giornalista Marco Pastonesi, grande appassionato di ciclismo e conoscitore della materia. Nel libro c'è anche la storia di Papa Wojtyla messo i bicicletta da Ernesto Colnago. “Sapevo che Sua Santità era uno sportivo, gli preparai una bici da corsa laminata in oro. Andai a consegnarla con la mia famiglia. Papa Wojtyla disse 'peccato non poterla usare per la strade di Roma'. Ne preparai un'altra, sportiva. Il Papa la usava in estate a Castel Gandolfo. É conservata al museo di Cracovia. La prima invece l'ho comprata io e la tengo a casa perché è la bicicletta di un santo”. 

Colnago ha messo in sella anche un re. Juan Carlos in Spagna. “Non sapevo fosse nato a Roma”. Successi, trionfi, una notorietà mondiale, richieste di biciclette appunto da tutto il mondo, e un cruccio. Niente di che, però avrebbe voluto conoscere l'attore Robin Williams. “Aveva dieci delle mie bici, una è appena andata all'asta per 250mila dollari. So che pedalava con Lance Armstrong e lo sfotte così: io ho una bici Colnago, tu no”. 

Il genio venuto dal nulla è arrivato con le sue bici in Russia e in Estremo Oriente. “La storia non si compra, si fa con l'amore. E fra dire e il fare non c'è di mezzo il mare, c'è solo il saper fare”. É il suo mantra, lui che conosce una sola lingua, il brianzolo, per sua stessa ammissione. “Ma ho frequentato un'università speciale, quella della strada. Dopo aver donato una bici a Los Angeles, durante la festa celebrativa, feci suonare 'O Sole Mio, e la cantai”. 

Famoso nel mondo della bicicletta, spiega perché le sue bici sono richiestissime in ogni angolo del pianeta. “Sono fatte con serietà e col cuore. Un collezionista inglese le ritiene opere d'arte”. Ma sapete cos'è la bici per Colnago?  “È la mia vita”. 

Nulla da aggiungere.