di Carlo Renda

È morto un "patrimonio dell'umanità vivente". Così il Cile e l'Unesco consideravano Cristina Calderon, scomparsa all'età di 93 anni. Nessuno più parlerà in Yamana, la lingua del popolo indigeno (conosciuto anche come Yagàn) più meridionale del pianeta, per 6mila anni abitanti dell'estremo sud dell'America Latina, la Terra del Fuoco. A dare la notizia della morte è stata su Twitter una figlia, Lidia Gonzalez, vicepresidente dell'Assemblea costituente cilena che in questi giorni sta lavorando alla riforma della Costituzione che dovrebbe far definitivamente voltare pagina al Cile rispetto all'era di Augusto Pinochet. "Tutto ciò che sto facendo nel mio lavoro sarà nel tuo nome. E in esso si rifletterà anche il tuo popolo" ha scritto. "Il suo amore, i suoi insegnamenti, la sua lotta per il sud del mondo, vivranno per sempre" ha detto il presidente cileno Gabriel Boric, abbracciando idealmente gli ultimi esponenti Yamana che vivono a Villa Ukika, limite estremo della Ruta del Fin del Mundo.

Una popolazione di pescatori, abilissimi nel muoversi con le canoe per i canali ghiacciati della Terra del Fuoco. Sulla rivista Science sono state pubblicate prove scientifiche che indicano la presenza degli indigeni Yamana nelle isole Malvinas molto prima che argentini e inglesi mettessero piede nell'arcipelago e poi si contendessero il nome di quello che oggi sono le Falkland. Charles Darwin racconta l'incontro nel 1832 e li descrive come esseri selvaggi, incomprensibili nel linguaggio, una popolazione nomade senza abitazioni, nudi e spalmati di grasso animale per resistere alle temperature proibitive della regione. "Io credo che se si frugasse tutto il mondo non si troverebbe un più basso grado di umanità" scriveva nel suo diario. Secondo gli studi nel XIX secolo erano in 3mila, il passaggio dell'uomo bianco e le epidemie ridussero gli Yamana a 43 negli anni trenta del secolo scorso. A raccontare le loro tradizioni sono stati principalmente i missionari, fra cui Thomas Bridges – a cui si deve il nome Yagàn – e il figlio Lucas che dopo anni al loro fianco scrisse "Ultimo confine del mondo". 

In un ampio reportage su El Pais Cristina Calderon ha raccontato che da quando la sorella Ursula è morta, nel 2003, è rimasta "senza nessuno con cui parlare". A 9 anni aveva imparato lo spagnolo, ma tanti parlavano la lingua Yamana, poi però anno dopo anno sono morti tutti e nel frattempo "i bambini non volevano imparare, perché si vergognavano, i bianchi ridevano di loro".

Fa molta impressione vedere morire una lingua. Una lingua che, viene rimarcato dagli esperti, era ricca di dettagli e sfumature impensabili, probabilmente per la peculiarità di un popolo di mare e di montagna. Secondo il Guinness dei primati, la parola Yamana mamihlapinatapai è la più concisa e la più difficile da tradurre al mondo. Significa "uno sguardo tra due persone, ognuna delle quali si aspetta che l'altra faccia qualcosa che entrambe vogliono, ma nessuna delle due osa prendere l'iniziativa". Cristina Calderon lascia 7 figli e 14 nipoti, ma nessuno parla come lei l'idioma nativo, complicatissimo, composto da circa 32mila parole. Sono opera sua un breve dizionario Yamana-Spagnolo e un libro di leggende intitolato Hai Kur Mamasu Shis – letteralmente "Voglio raccontarti una storia". Quello che rimane di una lingua millenaria.