di Adalgisa Marrocco

"Non potete zittirci. Quando la stampa libera sarà finita, anche il presidente della Russia avrà perso". Così Meduza, media russo indipendente, denuncia che Putin avrebbe ufficialmente introdotto la censura di stato e che nel giro di poche ore, al massimo giorni, la stampa libera non avrà più spazio nella federazione. I giornalisti di Meduza rivelano di avere ancora pochissimo tempo a disposizione prima che la censura di Stato si abbatta su di loro, come accaduto in rapida successione ad altri organi di informazione chiusi dalle autorità. "La distruzione dei media indipendenti è una delle cose che ha reso possibile questa guerra", sottolineano.

"Stiamo pubblicando questo testo finché c'è ancora tempo - si legge sul sito di Meduza - la censura federale chiede di raccontare la guerra definendola solo come 'un'operazione militare speciale'; i loro ordini intimano di non dare copertura alle azioni militari; hanno deciso di bloccare i siti web di Taiga.info, Doxa, The Village, TV Rain, Ekho Moskvy radio station e molte altre. Questa è semplicemente censura". "La drammatica situazione in cui il nostro Paese si trova oggi è uno dei risultati dell'assalto delle autorità ai media indipendenti e alla stessa realtà delle cose. Se abbiamo una minima chance di fermare questa guerra, abbiamo bisogno della stampa libera", concludono i giornalisti di Meduza. Tradotto: per la stampa indipendente sta andando male e andrà sempre peggio.

D'altronde, basta tornare indietro di qualche giorno per rendersi conto della velocità con cui il governo di Putin sta erodendo lo spazio di manovra del "quarto potere" nel Paese. All'indomani dello scoppio del guerra Roskomnadzor, il servizio russo di controllo sulle comunicazioni e i media, aveva immediatamente provveduto ad avvisare le testate a fare attenzione al contenuto dei loro servizi sul conflitto in corso in Ucraina: se le informazioni diffuse fossero state ritenute false, sarebbero state bloccate dal governo. Guai a presentare in modo inattendibile quella che Mosca definisce "operazione militare speciale", definendola invece "invasione", "attacco" o "dichiarazione di guerra". Il governo ha previsto multe fino a 5 milioni di rubli in caso di violazione di tali direttive. Oltre a ciò, come riporta Bloomberg, è stato chiesto di rimuovere report con "informazioni inaccurate circa il bombardamento di città ucraine e la morte di civili come risultato delle azioni delle forze russe".

Mosca ha così vietato la diffusione di informazioni sulla guerra che non abbiano l'imprimatur del governo. Alle disposizioni sono seguiti immediatamente i fatti: secondo quanto riportato da Amnesty International, il 28 febbraio Roskomnadzor ha bloccato il sito di Nastoyashchee Vremya (Tempi attuali), un portale collegato a Radio Free Europe / Radio Liberty, per aver diffuso "notizie infondate" sul conflitto. Commentando le notizie sulla censura imposta dalle autorità russe agli organi d'informazione nazionali e sulla repressione delle proteste contro l'invasione dell'Ucraina, la direttrice di Amnesty International per l'Europa orientale e l'Asia centrale Marie Struthers ha diffuso la seguente dichiarazione: "Di fronte a migliaia di persone che in tutta la Russia manifestano contro la guerra, il Cremlino continua a ridurre al silenzio le proteste e obbliga gli organi di stampa nazionali a sostenere le sue posizioni. Usando la forza per disperdere le manifestazioni contro la guerra e censurando l'informazione, le autorità russe ricorrono sempre di più alla repressione mentre nell'opinione pubblica cresce l'orientamento contrario alla guerra".

"Gli organi di stampa controllati dallo stato collaborano a tappare la bocca a chi è contrario alla guerra. Il sollevamento dall'incarico del presentatore televisivo Ivan Urgant e la decisione di escludere la rispettata giornalista Elena Chernenko dal pool di giornalisti che seguono le conferenze del governo, solo per aver scritto una lettera contro la guerra, illustrano bene il disprezzo delle autorità russe per la libertà di stampa", denuncia ancora Amnesty International aggiungendo che "mentre la Russia compie attacchi indiscriminati in Ucraina, in violazione del diritto internazionale umanitario, le autorità di Mosca stroncano i diritti alla libertà di espressione e di manifestazione pacifica imponendo la loro narrazione del conflitto. La brutale repressione nei confronti di chi esprime dissenso nei confronti della guerra dev'essere fermata".

E che in Russia non si respiri un clima facile (non solo per la stampa) lo ricorda anche l'Economist Intelligence Unit (EUI) - la sezione di analisi e investigazione del gruppo The Economist - che con il Democracy Index 2021 offre una fotografia sullo stato della democrazia a livello globale di 167 Paesi, indicando quali sono le Nazioni più e meno democratiche del mondo nell'anno appena trascorso. L'indice è composto da cinque categorie, la cui media restituisce il valore generale, compreso tra un minimo di 0 e un massimo di 10: processo elettorale e pluralismo, funzionamento del governo, partecipazione politica, cultura politica, libertà civili. In base al punteggio ottenuto, gli Stati sono così classificati: "democrazie piene" (dagli 8 punti in su), "democrazie imperfette" (tra 6 e 8 punti), "regimi ibridi" (punteggio maggiore di 4 e minore o uguale a 6), "regimi autocratici" (punteggio uguale a o minore di 4). La Russia si posiziona 124esima con un punteggio di 3,24 rientrando, dunque, tra i regimi autocratici. Nulla di nuovo, va da sé, ma si sa che le cifre sono sempre un ottimo promemoria.

La condanna alla censura operata dal governo di Vladimir Putin, intanto, arriva da parte delle autorità internazionali. "In Russia stanno aumentando la censura dei media imposta dalle autorità e la repressione delle proteste pacifiche contro la guerra in Ucraina", ha dichiarato Josep Borrell, Alto rappresentante dell'Ue per la politica estera. Borrell ha voluto ricordare la chiusura, avvenuta ieri, di "altri due dei più importanti media russi, Echo e TV Rain di Mosca, così come dei siti web di una serie di altre organizzazioni di media indipendenti" e, oggi, dell'Eco di Mosca.

In una nota, l'Alto rappresentante dell'Unione Europea ha proseguito affermando che "questi mezzi di comunicazione sono stati messi a tacere per aver fornito una piattaforma a fonti e voci che contestano il quadro falsificato della situazione sul campo in Ucraina come rappresentato dal governo russo e dalla rete di disinformazione sotto il suo controllo, compresi i canali televisivi russi controllati dallo Stato". Borrell ha spiegato che, secondo rapporti attendibili, più di 7600 manifestanti contro la guerra in più di 120 città sono stati arrestati dall'inizio dell'invasione militare russa dell'Ucraina. "È molto preoccupante il fatto che la Duma di Stato russa stia attualmente elaborando una legge che consentirà la condanna a 15 anni di reclusione per coloro che esprimono opinioni che si discostano dalla linea ufficiale del governo", ha commentato.

"Applaudiamo al coraggio di quei cittadini russi che osano opporsi pubblicamente alla guerra che Putin sta conducendo contro l'Ucraina, nonostante la censura e la repressione. Applaudiamo - ha continuato - ai media indipendenti russi e alle Ong russe che difendono i valori della democrazia, dello stato di diritto e della libertà e ci sforziamo di informare il popolo russo della situazione sul campo in Ucraina", ha concluso l'Alto rappresentante Ue.