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di Paolo Della Sala

Una premessa prima di ripercorrere i rapporti storici tra Europa e Russia. Oggi giustamente si grida "pace in Ucraina": ho l'impressione che chi sfila contro la guerra a San Pietroburgo abbia idee più precise di noi europei. Penso che sul concetto di "pace" ci sia molto da approfondire nel futuro, se non vogliamo trovarci in altri conflitti. Le parole non bastano: il solo concreto ed efficace slogan utile a ridurre i conflitti è il romano "si vis pacem para bellum". Ovvero, se vuoi la pace tieni delle armi nel cassetto. Al contrario, predicare un disarmo unilaterale e distrarsi dai problemi geopolitici è il mezzo migliore per favorire l'ascesa dei tiranni e delle loro guerre. In Europa, siamo andati a fare affari con russi e cinesi, senza curarci dei loro fini, affidando agli americani la nostra sicurezza, mentre intanto li insultavamo.

Le insicure relazioni eurorusse - Arnold Joseph Toynbee, lo storico moderno più importante, sosteneva che "le civiltà muoiono per suicidio, non per assassinio". È un'ipotesi da tenere conto per entrambi i fronti dell'infame guerra in Ucraina. Friedrich Nietzsche, il filosofo tedesco, a fine Ottocento diceva: "Abbiamo assoluto bisogno di un'alleanza con la Russia, e con un nuovo programma comune. No a un avvenire americano!". Nietzsche, però, non aveva previsto l'arrivo di tiranni nella sua patria come in Russia. Come fai a costruire un avvenire comune con Stalin o Putin? Meglio Toynbee, il quale sosteneva che la Russia non è "parte della civiltà occidentale, ma di quella bizantina", una civiltà consorella ma diversa dalla nostra. Se noi temiamo le invasioni da Est (barbariche, mongoliche, sovietiche) i russi si considerano perpetue vittime dell'aggressione da Ovest. Se si pensa alle avanzate polacche dal XIV al XVII secolo, alle invasioni svedesi del XVII e XVIII secolo, all'invasione napoleonica del 1812, ai tedeschi invasori nelle due guerre mondiali, i russi hanno ragione, a patto che non dimentichino le vergogne del Patto di Varsavia e l'ingresso in Ucraina di queste ore. Leggo le citazioni di Toynbee nel numero 3 del 2009 della rivista di geopolitica Limes, dal titolo "Eurussia, il nostro futuro?". Di rilievo un'intervista a Aleksandr Medvedev, allora vicepresidente di Gazprom e un titolo profetico, "Abbiamo regalato all'Ucraina 30 miliardi in tre anni. Ora basta", con riferimenti alla prima rivoluzione arancione del 2004.

La catastrofe, ricorda John Laughland sempre in Limes del 2009 citando George Frost Kennan (teorico della Guerra fredda), "cominciò con la catastrofe seminale del Novecento", quando la Germania inviò in Russia l'arcinemico dello zarismo Vladimir Lenin – dopo averlo rifornito di oro e denaro – per dare inizio alla rivoluzione e arrivare alla resa russa, nel pieno del Primo conflitto mondiale. Lenin contraccambiò a fine guerra, lasciando alla Germania via libera in Europa orientale. Fino al Patto von Ribbentrop-Molotov il flirt continuò: le forze armate collaboravano, in Germania si fucilavano comunisti, in Russia si ammazzavano i kulaki ucraini e i borghesi. Col trattato di Rapallo del 1922 la Germania riconobbe l'Urss, mentre questa rinunciava alle sanzioni belliche che invece la Germania pagò agli Alleati. "L'Occidente era sotto shock" aggiunge Laughland.

Dopo la Caduta del Muro l'Europa sognò una "Casa comune europeaestesa alla Russia, ma l'Est divenne solo in parte partner della Unione europea, e l'Ucraina non lo ha mai potuto fare. Il pallino passò allora nelle mani della sola Germania della Ostpolitik. Sul piatto, oltre al gas, c'era anche il nucleare. Nel 2009 la tedesca Siemens ruppe il suo contratto sulle centrali nucleari con la francese Areva (ne seguì un procedimento giudiziario) e si gettò nelle braccia della russa Rosatom con l'obiettivo di costruire 400 centrali negli anni a venire. Nell'ultimo decennio Germania e Russia hanno realizzato un'opera colossale: la linea ferroviaria Transiberiana ad Alta velocità, che riduce di gran lunga i tempi di trasporto dei container tra PechinoMosca e Amburgo, ma che non è certo un favore alla portualità italiana e nordeuropea. Ciò dimostra che la Ue ha passato un lungo sonno, priva di un masterplan politico nei rapporti con Russia e Cina, il che ha prodotto gravi danni alle relazioni internazionali.

Debito cinese: 46.000 miliardi di dollari - Ci troviamo in un conflitto che non è estraneo a soggetti come la Cina. Le guerre nascono spesso da una crisi economica, anche se a volte il rallentamento dei commerci ferma i propositi bellicosi. La Cina, oltre all'enorme afflusso di valuta dovuto alla vendita di manufatti, esplosa con una globalizzazione suicida perché non governata e troppo rapida, ha visto un'esplosione del debito pubblico. Nel mese di marzo 2021 il debito aggregato di famiglie, aziende e settore pubblico superava i 46mila miliardi di dollaripari al 287 per cento del Pil cinese. Impressiona il ritmo di crescita del debito, in media del 18 per cento negli ultimi due decenni. Vi sono inoltre i debiti occulti. Per esempio, gli 8000 miliardi di debito dei governi localicome riferisce Gravitas plusdell'analista indiana Palki Sharma Upadhyay. Poi ci sono i prestiti ufficiali (non se ne escludono di occulti) a ben 165 nazioni di tutto il mondo. Questi prestiti sono saliti a 385 miliardi. La Russia deve 152 miliardi, il Venezuela 85. Seguono Nord Corea, Etiopia, Iraq. Si tratta però di crediti difficilmente esigibili da almeno 42 nazioni classificate ad alto rischio.